La tragedia di Andrea Demattei, ragazzo di 14 anni deceduto nel gennaio 2023 durante un’uscita in canoa sul torrente Entella a Chiavari, ha acceso un dibattito sulle responsabilità e la gestione dei soccorsi. La sentenza del tribunale ha prosciolto i due istruttori che accompagnavano il giovane, puntando invece l’attenzione su possibili negligenze nel valutare i rischi di ipotermia da parte del personale sanitario e dei vigili del fuoco intervenuti. Gli sviluppi giudiziari e le motivazioni della giudice offrono uno spaccato preciso sugli eventi, sulle condizioni ambientali e sulla preparazione dei ragazzi.
Il soccorso e la sottovalutazione del rischio ipotermia
La vicenda è stata segnata dalla mancata considerazione del pericolo di ipotermia durante le fasi di soccorso. Secondo le motivazioni stilate dalla giudice Carla Pastorni, il rischio di congelamento non è stato affrontato adeguatamente dai vigili del fuoco né dal personale sanitario intervenuto sul posto. Alle 16:37, era arrivata un’ambulanza e medici e paramedici avevano valutato la situazione, ma senza attivarsi per segnalare o reagire al potenziale pericolo legato al tempo prolungato trascorso in acqua dal giovane. Questo comportamento, si legge nelle carte, rappresenta la violazione di un dovere di intervento da parte del personale sanitario. Il pubblico ministero Francesco Cardona Albini ha aperto un fascicolo per capire se vi siano responsabilità penali relative a questo aspetto. Il mancato riconoscimento tempestivo dell’ipotermia potrebbe aver inciso negativamente sulle possibilità di salvare il ragazzo.
Esclusione di responsabilità per gli istruttori e preparazione degli allievi
I due istruttori a cui Andrea e altri ragazzi erano affidati sono stati prosciolti dall’accusa grazie alle ricostruzioni che ne evidenziano l’adeguatezza. La giudice precisa che gli allievi erano preparati e avevano superato senza problemi il tratto di fiume scelto per l’allenamento, affermando che «tutti hanno superato il tratto senza difficoltà ». Il percorso si trovava nelle vicinanze di un centro abitato, sotto una strada trafficata e quindi raggiungibile dai soccorsi in modo rapido. Queste condizioni, insieme al livello degli allievi, escludono errori da parte di istruttori nella scelta e nella supervisione delle attività . La magistrata sottolinea che il decesso è frutto soprattutto di successivi errori avvenuti durante il salvataggio, ovvero la mancata considerazione della prolungata esposizione all’acqua fredda.
Leggi anche:
Abbigliamento e condizioni ambientali durante l’allenamento
Un punto centrale nelle indagini ha riguardato la tenuta dei ragazzi durante l’escursione sul torrente Entella. Il consulente tecnico nominato ha confermato che il tipo di abbigliamento indossato era conforme alle norme di sicurezza applicabili per l’attività . Andrea indossava una giacca impermeabile e pantaloncini corti in neoprene, che rispondevano alle pratiche corrette per gestire il freddo e l’umidità tipica della zona. Questo elemento permette di escludere che una scelta sbagliata nel vestiario possa aver peggiorato la situazione. Il freddo rigido e la durata del contatto con l’acqua fredda, invece, hanno avuto un peso decisivo sugli effetti dell’ipotermia rimasta però poco monitorata. Questi fattori hanno contribuito a delineare un quadro chiaro sulle cause indirette della tragedia.
Il processo e le accuse contro i vigili del fuoco
A otto mesi dall’incidente, sei vigili del fuoco sono stati rinviati a giudizio per il ruolo avuto nelle operazioni di soccorso. La controversia riguarda l’efficacia e la tempestività dell’intervento, nonché la gestione della situazione di pericolo per Andrea. La giudice ha delineato con precisione che l’errore più grave non è stato nella fase di accompagnamento al fiume, bensì nelle fasi successive, quando si è dovuto intervenire per estrarre il ragazzo rimasto incastrato con la canoa. La zona, facilmente accessibile dai soccorsi, non ha giustificato ritardi o approssimazioni. Le contestazioni sul piano giudiziario verteranno proprio sulle procedure adottate da chi ha tentato di salvare Andrea nelle ultime ore di vita, con particolare riguardo alla mancata valutazione degli effetti del freddo e della lunga esposizione all’acqua gelata.
Il caso rimane aperto sul fronte sanitario e operativo, mentre la città di Chiavari e il territorio circostante continuano a ricordare la giovane vittima e a riflettere sulle condizioni che hanno portato alla tragedia. L’inchiesta potrà chiarire ancora molti dettagli.