Cassazione conferma condanne per spaccio nel pilastro a Bologna: nuovi appelli e ruolo familiare sotto scrutinio
La Corte di Cassazione conferma le condanne per 14 imputati coinvolti nel traffico di droga a Bologna, legato all’omicidio di Nicola Rinaldi e all’intervento politico di Matteo Salvini.

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per la maggior parte dei membri di un gruppo familiare tunisino accusato di traffico di droga nel quartiere Pilastro di Bologna tra il 2019 e il 2020, dando seguito a un’indagine nata dall’omicidio di Nicola Rinaldi. - Unita.tv
La Corte di cassazione ha confermato nella maggior parte i verdetti di condanna contro i membri di un gruppo accusato di gestire il traffico di droga nella zona Pilastro di Bologna tra il 2019 e il 2020. Le indagini e i processi riguardano 14 imputati, fra cui anche persone legate da rapporti familiari, con origini tunisine. Questa vicenda si intreccia con un episodio che coinvolse direttamente la politica emiliana nel 2020: durante la campagna elettorale per le regionali, Matteo Salvini citofonò a casa di uno degli imputati, scatenando un acceso dibattito pubblico. L’inchiesta era partita dall’omicidio di Nicola Rinaldi, avvenuto nell’agosto 2019, collegato in modo stretto agli eventi criminali nel quartiere.
L’inchiesta e la genesi delle condanne
Il fascicolo è stato coordinato dai pm Roberto Ceroni e Marco Imperato ed era nato proprio dall’omicidio di Nicola Rinaldi, ucciso in via Frati nella seconda metà del 2019. Rinaldi apparteneva a una famiglia che in seguito è stata coinvolta nelle verifiche sul traffico di droga. L’indagine ha fatto luce su un’organizzazione composta da persone prevalentemente di origine tunisina, operante nel Pilastro, una zona di Bologna nota da tempo per problemi legati allo spaccio.
Nel processo di primo grado, il giudice per l’udienza preliminare Sandro Pecorella ha condannato 21 persone, con pene che raggiungevano punizioni fino a 14 anni di reclusione per i ruoli più importanti. Il procedimento ha avuto un seguito anche in appello, dove alcune pene sono state ridotte, ma la sostanza delle accuse è rimasta confermata. L’elemento di rilievo, nella fase di ricorso in cassazione, è stata la verifica per 14 imputati sui capi di accusa principali, riguardanti l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico.
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Conferme e rinvii dalla cassazione su imputati chiave
La sentenza emessa dalla quarta sezione penale della Cassazione ha confermato la posizione di quasi tutti gli imputati in relazione alle accuse di associazione dedita al traffico di stupefacenti. Un’eccezione riguarda un imputato albanese, rappresentato in aula dagli avvocati Simone Romano e Roberto Filocamo. Per lui, la corte ha cancellato parte della sentenza di appello che lo vedeva condannato a otto anni, dieci mesi e venti giorni.
I giudici hanno ordinato un nuovo appello, ponendo l’attenzione sul suo presunto ruolo di promotore dell’organizzazione, posizione che la difesa aveva messo in dubbio con forza. Altri tre imputati dovranno tornare davanti alla corte d’appello per un secondo giudizio, uno di questi riguardante una parte specifica delle accuse e gli altri due sull’imputazione relativa alla continuità tra i reati commessi.
L’intervento di matteo salvini e l’eco politica
Nel corso della campagna elettorale per le regionali in Emilia-Romagna nel 2020, uno dei momenti più discussi è stato quando Matteo Salvini ha citofonato a casa di un membro della famiglia tunisina coinvolta nelle indagini. Quel gesto, volto a chiedere informazioni sullo spaccio nella zona Pilastro, ha sollevato notevoli polemiche pubbliche.
La mossa del leader politico non si limitava solo a un’azione simbolica ma aveva un impatto diretto sul clima elettorale e sull’attenzione mediatica verso la sicurezza e la criminalità nel quartiere. La vicenda ha avuto eco nei dibattiti regionali e nazionali, tenendo accesi i riflettori su un gruppo familiare la cui responsabilità nel traffico di droga è ora in parte confermata dai verdetti giudiziari.
Il significato del procedimento per la zona pilastro
Il processo e le successive decisioni della Cassazione indicano una lucida battaglia giudiziaria contro gruppi organizzati che gestivano il traffico di sostanze stupefacenti nel cuore di Bologna. La conferma delle condanne a molti degli imputati mostra come le indagini abbiano fatto emergere meccanismi concreti di gestione e coordinamento delle attività illecite nell’area.
Come emerso dal procedimento, il traffico tra il 2019 e il 2020 riguardava un contesto familiare che aveva un ruolo centrale nella rete illegale. Le misure penali contro i coinvolti vogliono garantire una maggiore sicurezza e limitare la diffusione dello spaccio in un quartiere già segnato da episodi violenti e problematici. Il nuovo appello per alcuni imputati rimette in gioco alcune posizioni, ma il quadro complessivo conferma la presenza di un’organizzazione strutturata e responsabile di reati gravi.
Il lavoro investigativo e giudiziario continua, ma queste sentenze rappresentano un passaggio importante nella lotta alla criminalità legata al narcotraffico nel territorio bolognese.