Scontro tra direzione nazionale antimafia e governo sul ddl smartphone: il dibattito in commissione giustizia
Il disegno di legge sul sequestro di smartphone e dispositivi digitali genera tensioni tra la direzione nazionale antimafia e il governo Meloni, sollevando preoccupazioni su privacy e efficacia delle indagini.

Il disegno di legge sul sequestro preventivo di smartphone e dispositivi digitali, in esame parlamentare, crea tensioni tra governo Meloni e magistratura antimafia per il maggiore controllo giudiziario sulle perquisizioni, bilanciando sicurezza e tutela della privacy. - Unita.tv
Si accende il confronto tra la direzione nazionale antimafia e il governo meloni sul disegno di legge che regola il sequestro preventivo di smartphone e dispositivi digitali. Il testo, attualmente in esame in commissione giustizia alla camera, ha già superato il voto al senato il 10 aprile 2025. Al centro del dibattito c’è la questione del ruolo del giudice per le indagini preliminari nel controllo delle perquisizioni sui dispositivi personali, un elemento che genera forti divergenze tra magistratura e maggioranza. Vediamo le dinamiche e le posizioni che emergono da questa vicenda di cronaca giudiziaria e politica.
Le modifiche al sequestro dei dispositivi digitali nel ddl smartphone
Il disegno di legge oggetto di discussione introduce novità sulle modalità di sequestro degli smartphone, tablet e altri dispositivi informatici nell’ambito delle indagini penali. Attualmente, il pubblico ministero può disporre il sequestro in autonomia, ma il nuovo testo proposto dal governo meloni prevede che questa decisione debba essere vincolata al via libera del gip, un giudice terzo che valuta la legittimità dell’azione. La norma nasce dall’esigenza di tutelare la privacy e i diritti degli indagati, stabilendo un filtro giudiziario più rigoroso prima di poter acquisire materiale contenuto nei dispositivi digitali.
Il governo sembra voler bilanciare la necessità di indagare efficacemente con il rispetto delle garanzie legali degli individui. La norma è stata presentata dal senatore pierantonio zanettin e dalla senatrice lega giulia bongiorno, con l’intento dichiarato di rafforzare il controllo giudiziario sulle attività investigative. Questo passo incontra però resistenze e critiche da parte delle forze dell’ordine, della magistratura antimafia e di parte del mondo dei giudici, che mettono in guardia sui rischi concreti che la nuova regola impone all’efficacia delle indagini sulle mafie e altri crimini gravi.
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La posizione della direzione nazionale antimafia e le critiche al ddl
La direzione nazionale antimafia, rappresentata in audizione in commissione giustizia dal procuratore nazionale giovanni melillo, ha espresso un giudizio netto contro il disegno di legge. Melillo ha sottolineato come le limitazioni previste per l’acquisizione dei dati provenienti dai dispositivi digitali possano ostacolare le indagini antimafia, riducendo la possibilità di raccogliere prove decisive. Il procuratore ha definito il ddl un possibile danno per la lotta alla criminalità organizzata, con un impatto negativo su cooperazioni internazionali e sulla sicurezza nazionale.
Durante l’audizione, melillo ha chiesto al parlamento di valutare se l’inserimento di ulteriori garanzie per gli indagati, che potrebbero portare alla mancata utilizzabilità di prove tecnologiche, rappresenti un sacrificio ragionevole o un ostacolo eccessivo all’attività investigativa. Si parla di un potenziale «allarme» legato alla perdita di elementi probatori fondamentali, elementi che, in tempi recenti, hanno contribuito a far emergere e contrastare trame criminali complesse.
Anche l’associazione nazionale magistrati , nella persona del presidente cesare parodi, ha sollevato preoccupazioni analoghe. Parodi ha evidenziato che il ddl ignora molti reati commessi sul web e limita gli strumenti di contrasto a tali fenomeni. Secondo lui, la legge rischia di svuotare quasi del tutto la tutela di reati informatici, sottraendo alle forze investigative l’accesso a elementi chiave dentro le intercettazioni digitali. La posizione della magistratura guarda con urgenza all’evoluzione dei crimini in rete che richiedono strumenti idonei, inclusa la possibilità di analizzare tempestivamente le comunicazioni contenute nei dispositivi sequestrati.
Il centrodestra difende la nuova norma e respinge le critiche
Il centrodestra respinge le critiche degli operatori della giustizia, dichiara di considerarle infondate e guarda con apprezzamento alle novità del ddl. Il senatore pierantonio zanettin ha chiarito che il controllo del gip sul sequestro non impedisce di agire contro le organizzazioni mafiose. Ribadisce che la norma mantiene intatto il potenziale investigativo e rappresenta un passo in avanti nel rispetto dei diritti costituzionali.
Forza italia, rappresentata dal capogruppo in commissione giustizia e dal deputato enrico costa, difende apertamente il testo e invita a riconsiderare l’allarmismo creato ad arte intorno alla questione. Costa ha messo in dubbio la tesi del procuratore melillo, accusandolo di alimentare una polemica che danneggia il clima di fiducia verso le riforme parlamentari. Ha ricordato che anche la corte costituzionale nel 2023 ha sottolineato l’importanza di tutelare le comunicazioni archiviate nei dispositivi digitali come per ogni altro mezzo di corrispondenza.
Secondo il centrodestra, le modifiche proposte rappresentano un tentativo di aggiornare la normativa alle esigenze contemporanee, garantendo un giusto equilibrio tra sicurezza e garanzie individuali. L’iter parlamentare prosegue, con la commissione giustizia che valuta eventuali aggiustamenti ma mantiene una linea ferma nella volontà di approvare la riforma così come uscita dal senato.
Implicazioni per la giustizia e i prossimi passi parlamentari
Il confronto tra magistrati e maggioranza appare destinato a proseguire nelle prossime settimane mentre il ddl rimane all’attenzione parlamentare. In vista dell’approdo in aula, è prevedibile che possa rilevarsi necessario un compromesso per evitare una paralisi nell’applicazione della norma. Il dibattito ha acceso una riflessione più ampia sul ruolo del digitale nelle indagini giudiziarie e sulle garanzie che dovrebbero tutelare i cittadini nell’era dell’informazione.
Le accuse di danneggiare gli strumenti antimafia si contrappongono a richieste di una maggiore attenzione ai diritti fondamentali. Entrambe le posizioni convergono nella consapevolezza che il tema è delicato e riguarda equilibri vitali tra sicurezza e libertà personali. Il parlamento, con l’approvazione finale, dovrà decidere quale peso dare a questi valori, conciliandoli con il bisogno di una giustizia efficace di fronte ai nuovi scenari criminali.
Il ddl smartphone e il confronto che ha provocato manterranno alta l’attenzione sull’evoluzione normativa nei prossimi mesi, segnando un passaggio significativo nelle modalità con cui la legge italiana affronta l’uso delle nuove tecnologie nelle investigazioni.