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Il consiglio d’europa accusa la polizia italiana di profilazione razziale, polemica tra politica e sindacati

Il Consiglio d’Europa accusa le forze di polizia italiane di profilazione razziale, scatenando reazioni politiche e sindacali che difendono l’operato degli agenti e rifiutano le critiche dell’Ecri.

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Un rapporto del Consiglio d’Europa accusa le forze di polizia italiane di profilazione razziale durante i controlli, mentre il governo e i sindacati respingono le critiche, alimentando un acceso confronto sul tema. - Unita.tv

Un recente rapporto del Consiglio d’Europa ha sollevato accuse pesanti contro le forze di polizia italiane, parlando di pratiche di profilazione razziale durante i controlli. Il documento dell’Ecri, la commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, ha acceso un dibattito acceso fra le autorità italiane, che negano fermamente le critiche. Il confronto fra istituzioni europee e governo italiano ripropone tensioni sul modo in cui si esercita la sicurezza pubblica nel nostro Paese.

Accusa del consiglio d’europa sulla profilazione basata sull’aspetto fisico

A fine maggio 2025, Bertil Cottier e Tena Šimonović Einwalter, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Ecri, hanno segnalato come in italia le forze dell’ordine applichino controlli fondati più sull’aspetto fisico dei cittadini che su elementi concreti di rischio. Il fenomeno della profilazione secondo l’Ecri riguarda soprattutto persone fermate in base al colore della pelle, presunta identità o appartenenza religiosa. La denuncia è contenuta nel report annuale presentato al Consiglio d’Europa, dove si invita l’Italia a condurre un’indagine indipendente per chiarire la diffusione di queste pratiche. L’Ecri segnala come questo fenomeno non sia isolato, ma presente anche in altri paesi europei, specie in Francia, pur con vari livelli di incidenza.

L’uso di strumenti tecnologici come le bodycam da parte delle polizie britanniche è indicato come una possibile strada per ridurre gli abusi e rendere più trasparenti i controlli. Nello specifico, appare evidente come per il Consiglio d’Europa le motivazioni per fermare un cittadino in italia siano legate a stereotipi razziali più che a un concreto pericolo; questo comporterebbe un utilizzo distorto delle risorse di sicurezza e un danno alla fiducia nelle istituzioni.

Reazioni della politica italiana, meloni parla di accuse vergognose

La risposta italiana alle accuse è arrivata subito e in maniera netta dalle maggiori cariche istituzionali. La premier Giorgia Meloni ha definito la critica “vergognosa e infondata”, sottolineando che ignora lo sforzo continuo della polizia, composta da persone che agiscono “con coraggio e rispetto della legge”. Meloni ha inoltre accusato il Consiglio d’Europa di essersi allontanato dai suoi obiettivi originari, trasformandosi in uno strumento per dichiarazioni politiche anziché valutazioni oggettive.

Anche Ignazio La Russa, presidente del Senato, si è schierato a sostegno delle forze di polizia, ringraziandole per il lavoro quotidiano e i sacrifici. Altri membri di Fratelli d’Italia hanno bollato il Consiglio come “una ong politicizzata” o un “centro sociale istituzionalizzato”, attaccando la credibilità dell’organismo europeo. Le critiche italiane si concentrano sul fatto che l’Ecri avrebbe giudicato senza conoscere appieno i dettagli e senza considerare il complesso contesto operativo degli agenti.

Sindacati di polizia respingono le accuse, sottolineando criteri operativi

Anche il mondo sindacale delle forze dell’ordine ha respinto le accuse di profilazione razziale. Domenico Pianese, segretario del Coisp, il sindacato principale delle polizie civili, ha chiarito che l’attività degli agenti si basa su sospetti concreti e dinamiche operative precise. Secondo Pianese non esistono motivazioni razziste nei controlli, ma valutazioni basate sui comportamenti osservati. Il sindacato ha inoltre stigmatizzato alcune valutazioni del Consiglio d’Europa, che a suo dire contribuiscono a delegittimare le istituzioni italiane e a presentare il paese come “fuori controllo”.

Il clima di tensione è aumentato perché da più parti viene sottolineato come un’accusa simile possa indebolire la collaborazione fra cittadini e forze dell’ordine, fondamentale per la sicurezza. Avere rapporti chiari e di fiducia con la comunità è considerato essenziale nella gestione quotidiana del territorio. Non a caso le critiche all’Ecri invitano a confrontare i metodi con quelli adottati altrove, come in Regno Unito, dove la tecnologia ha migliorato la trasparenza.

Scenari aperti dopo le accuse, il confronto fra italia e istituzioni europee resta acceso

Il rapporto dell’Ecri arriva in un momento in cui l’Italia è chiamata a riflettere sulle pratiche di contrasto alla criminalità e sulla tutela dei diritti. Le accuse di profilazione razziale tornano a riaccendere il dibattito su come vengono condotti i controlli, specie nelle aree urbane più sensibili e nei confronti di minoranze. Le istituzioni italiane, però, rifiutano di riconoscere un problema sistemico e difendono la professionalità degli agenti.

Questa situazione potrebbe spingere il governo a scegliere se aprire un confronto più approfondito con gli organismi europei oppure a mantenere una posizione rigida. Le dichiarazioni di Meloni e di altri esponenti politici mostrano una volontà di difesa a ogni costo della polizia, mentre l’Ecri mantiene una linea di critica ferma. Nel frattempo, il dibattito pubblico e mediatico si concentra su un tema che lega sicurezza, legalità e diritti civili, segnando una spaccatura fra visioni diverse sulle pratiche degli apparati di controllo.