In un breve arco di tempo, fra mercoledì e giovedì notte, gli Stati Uniti hanno vissuto un vero e proprio terremoto politico ed economico. Elon Musk ha annunciato le sue dimissioni, mentre la Corte federale per il commercio di Manhattan ha dichiarato incostituzionali le misure sui dazi introdotte dall’amministrazione Trump. Il caos non si è fermato al solo annuncio: le ripercussioni si sono subito riflesse sui mercati finanziari e sull’agenda politica. Ecco cosa è successo.
La sentenza che spazza via i dazi e cambia le regole del gioco
La notte tra mercoledì e giovedì la Corte federale per il commercio di Manhattan ha emesso una sentenza storica: ha invalidato integralmente il pacchetto di dazi introdotto dall’amministrazione Trump. Per gli addetti ai lavori, si è trattato di una vera sorpresa. Il giudizio sui dazi non si limita a una semplice bocciatura, ma mette in luce una violazione dei limiti previsti dalla normativa in materia di commercio internazionale.
I giudici hanno osservato che le giustificazioni adottate per imporre quei dazi sono state esagerate e non rispondenti a criteri legali precisi, provocando rischi rilevanti sull’economia Usa. La sentenza cancella così quattro mesi di politiche commerciali aggressive e innesca una revisione sulle relazioni commerciali soprattutto con Cina ed Europa. La decisione mostra come la battaglia giudiziaria su temi commerciali sia tutt’altro che conclusa, vista l’ostilità reciproca che caratterizza rapporti di questo tipo.
Le dimissioni di elon musk tra economia e politica
Elon Musk ha rassegnato le dimissioni dal suo ruolo, lasciando molti a chiedersi se la decisione sia legata a tensioni interne o a uno scenario economico in rapido cambiamento. Nella sua comunicazione, Musk ha parlato di un ciclo concluso dedicato al Paese, ringraziando l’amministrazione in carica. Tuttavia, fonti vicine alla situazione sottolineano che la vera ragione dietro l’addio è il senso di un fallimento sulla gestione del debito e della spesa pubblica, in particolare dopo un primo trimestre con un deficit pesante.
L’uscita di scena dell’imprenditore – noto anche come il “Doge” per la sua presenza carismatica sui social – sembra anticipare ulteriori scosse politiche negli Stati Uniti. Musk potrebbe aver valutato un peggioramento della situazione economica, con ricadute negative sulle sue aziende, tra cui Tesla, che negli ultimi mesi ha registrato segnali di debolezza soprattutto sulle vendite fuori dagli Stati Uniti.
Segnali di tensione sul mercato obbligazionario e possibile intervento della fed
I segnali di disagio emergono anche dal mercato obbligazionario a breve termine. Mentre i titoli di Stato a lungo termine mostrano segni di avversione alla duration, la curva dei rendimenti entro i cinque anni, e in particolare sotto i 12 mesi, presenta segnali di allerta. Gli investitori iniziano a temere un congelamento del mercato interbancario durante i mesi estivi, quando i volumi si riducono e la liquidità diventa più scarsa.
La Federal Reserve si trova così sotto pressione, chiamata a intervenire con rapidità nel caso di crisi del collaterale. Ciò fa ipotizzare l’arrivo di un nuovo programma di allentamento quantitativo , simile a quelli già visti in passato, che potrebbe essere annunciato a breve per sostenere il sistema finanziario. Questa eventualità, anche se solo anticipata, ha subito influenzato le dinamiche dei prezzi e le aspettative degli operatori.
Non mancano invece segnali di possibile “bull trap” sui mercati azionari, con eventuali rally che potrebbero rivelarsi ingannevoli e portare a rapide correzioni in seguito. La prudenza rimane quindi d’obbligo nel cercare di interpretare i movimenti finanziari delle prossime settimane.
L’impatto sui mercati e sulle finanze pubbliche
La reazione dei mercati è stata immediata e significativa. I futures di Wall Street sono schizzati al rialzo, emulando un’esplosione festosa che richiama i botti di capodanno. Questo movimento riflette un sollievo degli investitori rispetto alla rimozione di un’incertezza sul fronte commerciale.
Ma dietro l’euforia si nasconde un problema concreto: la sentenza apre un buco potenziale per le finanze federali americane, stimato in circa 250 miliardi di dollari derivanti dai dazi già incassati o contabilizzati. Per coprire questo deficit, il Segretario al Tesoro Scott Bessent potrebbe essere costretto a ricorrere a nuove aste di titoli di Stato, con conseguenze sugli interessi da pagare che potrebbero salire. Il rendimento dei titoli decennali ha già superato il 6%, segnalando un aumento del costo del debito.
Il rischio di una nuova crisi sul mercato del debito si fa quindi concreto, soprattutto considerando un debito pubblico che sfiora i 7 trilioni di dollari in scadenza entro fine anno. L’eventuale difficoltà a rifinanziare questo ingente ammontare potrebbe innescare tensioni sui premi di rischio sovrani, con effetti a cascata sull’economia interna.
Nei prossimi giorni sarà cruciale osservare l’andamento delle aste di titoli di Stato a breve termine e il comportamento della Federal Reserve. L’evoluzione delle tensioni economiche e politiche intrecciate con la sentenza della Corte federale avrà effetti determinanti per l’equilibrio finanziario degli Stati Uniti e per i rapporti internazionali. Gli Stati Uniti, già messi a dura prova da instabilità interna e scelte politiche controverse, affrontano ora una fase delicata senza precedenti recenti.