Matteo Garrone al Riviera International Film Festival tra cinema, emigrazione e crisi delle sale

Matteo Garrone, ospite al Riviera International Film Festival, discute il suo film Io Capitano, le sfide del cinema contemporaneo e l’importanza dello scambio culturale nel racconto delle storie di migrazione.
Matteo Garrone, ospite al Riviera International Film Festival, ha raccontato il suo percorso artistico e il film "Io Capitano", affrontando temi di migrazione, sfide del cinema contemporaneo e la crisi delle sale italiane. - Unita.tv

Matteo Garrone è stato ospite al Riviera International Film Festival, dove ha condiviso la sua esperienza tra set, storie di migrazione e sfide del cinema contemporaneo. Durante l’incontro ha raccontato il suo percorso artistico, la nascita di Io Capitano e il punto di vista sulle difficoltà che oggi attraversano le sale cinematografiche italiane. Senza fretta, con un pacchetto di materiali dietro, ha spiegato come il cinema per lui sia un viaggio fatto di passioni e scelte personali che coinvolgono il pubblico a ogni proiezione.

Gli inizi: da pittore a regista autodidatta

Matteo Garrone ha iniziato la sua carriera dietro la cinepresa all’inizio degli anni Novanta, dopo un percorso insolito. Prima di tutto pittore, addirittura tennista, non ha frequentato scuole di cinema formali. La sua famiglia, composta da un padre critico teatrale e sceneggiatore, una madre fotografa e un compagno di lei direttore della fotografia, gli ha offerto un ambiente creativo in cui muoversi. A 26 anni gli è stata regalata della pellicola rimasta inutilizzata che lui ha conservato in frigorifero, quasi come un talismano. Quella pellicola ha fatto scattare la voglia di raccontare storie, con il suo primo cortometraggio autoprodotto nel 1996, intitolato Silhouette.

La libertà dell’autoproduzione

L’autoproduzione gli ha concesso la libertà di provare senza pressioni esterne, una condizione essenziale per sperimentare e sbagliare senza ansie legate a investimenti economici di terzi. Garrone ha sempre scelto i temi da trattare in base a ciò che gli suscita suggestioni visive forti, storie da esplorare che aprono finestre su mondi diversi. Usa il cinema come un modo per entrare dentro realtà complesse, trasformandole secondo la propria visione. Il regista ama passare da un genere all’altro, mantenendo uno sguardo personale che possa catturare e sorprendere lo spettatore, portandolo fuori dal quotidiano attraverso immagini e personaggi.

Io capitano: raccontare l’emigrazione africana oltre i luoghi comuni

Il film Io Capitano ha ricevuto diversi riconoscimenti importanti a livello internazionale, dalla candidatura ai Golden Globe alla vittoria di numerosi David di Donatello, fino al Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel lungometraggio si racconta il viaggio di due cugini senegalesi che cercano di lasciare il loro paese per sfuggire alla miseria, un percorso rischioso che in molti casi porta alla morte.

Garrone ha costruito la sceneggiatura partendo da due testimonianze vere: quella di Kouassi Pli Adama Mamadou, che copre la prima parte del viaggio verso la Libia, e quella di Amara Fofana, un ragazzo che ha salvato 250 persone in mare ed è stato incarcerato dalla guardia costiera per questo gesto. Il finale del film è volutamente senza una svolta positiva, perché riflette la realtà dura e amara del destino dei migranti, che per i pochi arrivati iniziano altre difficoltà.

Il valore dello scambio culturale

Il regista ha potuto mostrare il film anche in Senegal, grazie all’associazione Cinemovel, che diffonde il cinema in luoghi remoti. Per lui era importante non solo raccontare queste storie nelle scuole occidentali, dove il tema è una pagina poco raccontata ma rilevante, ma anche condividerlo direttamente con le comunità protagoniste delle vicende rappresentate. Questo scambio aggiunge valore e senso al racconto del film.

Le sfide del festival e il dibattito sull’appropriazione culturale

Nonostante gli apprezzamenti ottenuti, Io Capitano ha incontrato difficoltà a inserirsi nei principali festival internazionali, esclusa Venezia. Garrone ha attribuito questi rifiuti a questioni legate all’idea di appropriazione culturale. Secondo alcuni, un regista bianco non dovrebbe raccontare storie africane, analogamente a chi non appartiene a una minoranza etnica o sessuale non dovrebbe trattare certi temi specifici.

Garrone ha raccontato di aver meditato molto prima di realizzare quel film, consapevole del proprio privilegio e del rischio di apparire come uno speculatore sulle difficoltà altrui. Aveva deciso di aspettare che un regista africano affrontasse quella storia. Poi, però, passati otto anni, quel racconto lo ha chiamato direttamente. Crede che in futuro non conterà il colore della pelle del regista, ma resterà solo il valore del film come testimone di una drammatica realtà contemporanea. Ha sottolineato come un film così non sarebbe mai nato in America, dove il tema ha scarsa attrattiva commerciale.

Le sale cinematografiche italiane tra crisi e nuove proposte

Il cinema italiano vive una fase complessa. Le produzioni subiscono ritardi, gli incassi alle biglietterie calano e le sale faticano a mantenere il pubblico. Matteo Garrone si è definito meno coinvolto nelle questioni tecniche come il tax credit, ma ha idee chiare su altri aspetti. In primis sottolinea l’assenza dell’insegnamento del cinema nelle scuole, considerandolo fondamentale dato che questa arte combina numerosi linguaggi e saperi.

Migliorare l’esperienza in sala

Parlando delle sale, Garrone critica la riduzione delle dimensioni degli schermi. Chi va al cinema cerca di provare una certa emozione legata alla dimensione e alla qualità dello spazio. La trasformazione di cinema storici in multisale più piccoli ha causato la perdita di questo stupore. Propone un sistema simile a quello degli alberghi, con sale di diversi livelli e quindi prezzi differenziati, per evitare che lo spettatore paghi molto e si trovi in un ambiente inadatto.

Infine dice la sua sulle arene estive: sono luoghi perfetti per attirare il pubblico all’aperto, uno spazio dove cinema e natura si incontrano. Critica invece le iniziative di biglietti a basso costo durante l’estate, che a suo avviso non incentivano davvero la partecipazione. Ritiene necessario sostenere le arene vere, con la collaborazione di Cinetel e di strumenti più efficaci per valorizzare l’esperienza cinematografica. Evidenzia un problema più ampio: il valore di un film non dovrebbe basarsi solo sugli spettatori in sala, visto che oggi le modalità di fruizione sono molteplici. Servirebbe una strategia che consideri tutte le forme di visione per capire l’effettivo impatto di ogni produzione.