Il murale dedicato a ilaria alpi e miran hrovatin torna a illuminare il tg3 a 31 anni dalla loro morte in somalia
Inaugurato un murale a Saxa Rubra per commemorare Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalisti assassinati in Somalia nel 1994, richiamando l’attenzione sulla necessità di riaprire le indagini.

Un murale dedicato a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, inaugurato a Saxa Rubra, ricorda i 31 anni dalla loro uccisione in Somalia, sottolineando l’importanza di mantenere viva la memoria e la ricerca della verità sul loro caso ancora irrisolto. - Unita.tv
Un murale dedicato a ilaria alpi e miran hrovatin è stato inaugurato sulla facciata della palazzina di saxa rubra, sede del tg3, per ricordare i trentuno anni dalla loro uccisione in somalia. La grande opera, realizzata dalla street artist laika su impulso del sindacato usigrai, vuole tenere viva la memoria di quei giornalisti assassinati nel 1994, e sottolineare come, a distanza di decenni, le verità sull’accaduto restino ancora nascoste. L’iniziativa richiama l’attenzione sulla necessità di riaprire l’indagine e le questioni aperte sul mondo del giornalismo in territori di conflitto.
La rappresentazione visiva del ricordo a saxa rubra
Il murale ritrae ilaria alpi con un sorriso discreto, occhiali da sole e microfono in mano, mentre porta una telecamera sulla spalla, simboli del suo lavoro di inviata. Accanto a lei spiccano tre grandi rose bianche, una delle quali riporta la scritta “noi non archiviamo” direttamente sui petali, a enfatizzare la volontà di non lasciare cadere nel dimenticatoio le indagini e la memoria. Sullo sfondo si intravedono alcune sagome scure in cammino, e la scritta gigantesca “Truth”, parola inglese che significa verità, che fa da monito per tutti i passanti e i dipendenti della Rai.
L’opera, collocata in un luogo importante per l’informazione italiana, coniuga il ricordo con un invito a continuare a cercare risposte. Lo spazio visivo diventa così non solo un tributo, ma anche un punto di riflessione e di stimolo per chi opera nel giornalismo. Le immagini usate da Laika sono essenziali e dirette, capaci di evocare un senso di vicinanza a quei volti scomparsi troppo presto, senza dimenticare il peso di quel “mai chiarito” che grava sulla loro morte.
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Il ruolo di giampaolo rossi e l’appello del sindacato usigrai
Durante l’inaugurazione, giampaolo rossi, amministratore delegato della rai, ha ribadito l’importanza simbolica del murale nel contesto del servizio pubblico. Ha evidenziato che l’esempio lasciato da alpi e hrovatin va oltre il giornalismo, toccando la responsabilità di chi si occupa di comunicazione e management all’interno dell’azienda. Rossi ha definito l’opera come un “grande servizio di libertà”, sottolineando come la memoria possa essere uno strumento prezioso per difendere i valori fondamentali al centro del lavoro giornalistico.
Il messaggio appena espresso dalla direzione Rai mette in luce un aspetto ben preciso: la necessità di resistere alle pressioni e di mantenere vivo il senso di impegno anche nelle situazioni più difficili. Il murale agli occhi di Rossi diventa un farsi carico di quella memoria storica, un faro per chi ogni giorno si occupa di informare. L’iniziativa di esporre questa immagine pubblicamente dimostra l’interesse a mantenere saldo il ricordo e a non far si che la vicenda passi inosservata col passare del tempo.
Il sindacato usigrai, promotore dell’opera, ha affiancato l’appello a non dimenticare con una riflessione sul numero di giornalisti che affrontano situazioni di pericolo. Per il segretario daniele macheda, la testimonianza di alpi e hrovatin assume una dimensione ulteriore proprio per la forza che avrebbe avuto una presenza più ampia in quei luoghi. Macheda ha osservato che forse la minoranza dei giornalisti presenti all’epoca ha favorito il silenzio sui fatti e la conseguente eliminazione di quelle voci. Se ce ne fossero stati cento, ha detto, sarebbe stato più difficile cancellare i loro reportage e disattivare la loro presenza.
Il caso somalia e le verità ancora da scoprire
Il rapimento e l’uccisione di ilaria alpi e miran hrovatin avvenne a mogadiscio nel 1994, in un contesto di conflitti armati e instabilità politica che ha reso difficile condurre inchieste trasparenti e complete. I due giornalisti stavano lavorando a servizi che mettevano in luce traffici illeciti e dinamiche nascoste nella guerra civile somala. Nonostante il passare degli anni, molto resta avvolto nel mistero.
Le autorità italiane e internazionali non sono riuscite ancora a dimostrare tutte le responsabilità legate all’omicidio, lasciando aperti molti dubbi sull’intera vicenda. Il legame tra il lavoro svolto da alpi e hrovatin e il loro assassinio nel corso della copertura di fatti compromettenti rende il caso particolarmente delicato e complesso. L’assenza di certezze alimenta da sempre l’attenzione del mondo giornalistico, politico e civile su questo episodio che rappresenta uno dei capitoli più oscuri della storia recente dell’informazione italiana.
Un monito per chi racconta la verità in contesti difficili
Il murale, infine, si pone anche come un monito per chi si occupa di cronaca in contesti difficili, ricordando quanto rischiano chi racconta la verità in condizioni pericolose. La mancanza di chiarezza su questa storia e l’appello a un impegno morale nel ricordare episodi simili sottolineano l’importanza di garantire sicurezza e sostegno ai cronisti impegnati in territori di crisi.