Il m5s abbandona il limite dei due mandati, verso regole più flessibili e nuovi criteri definiti da conte
Il Movimento 5 Stelle modifica il limite dei mandati, passando da due a tre, per favorire la rielezione di esponenti chiave come Giuseppe Conte e Paola Taverna, suscitando critiche interne.

Il Movimento 5 Stelle modifica il limite dei due mandati, introducendo fino a tre mandati con regole di flessibilità e deroghe, sotto la guida di Giuseppe Conte, suscitando critiche interne e segnando una svolta nella sua struttura. - Unita.tv
Il movimento 5 stelle sta rivoluzionando uno dei suoi pilastri storici: il limite dei due mandati, che da tempo rappresentava il vincolo principale per gli eletti. Questo cambiamento arriva dopo l’approvazione della Costituente di novembre, che ha segnato una svolta definitiva nel dibattito interno. Oggi il movimento si muove verso una regolamentazione più complessa, con l’obiettivo di evitare un “liberi tutti”, ma allo stesso tempo consentire maggiori possibilità di ritorno per i big della politica pentastellata. Il presidente Giuseppe Conte guida questa fase cruciale, cercando di mantenere un equilibrio tra disciplina e flessibilità.
La revisione definitiva del limite dei mandati nel m5s
Il Movimento 5 stelle ha deciso di non applicare più rigidamente il tetto dei due mandati per i suoi rappresentanti in Parlamento. La decisione è stata approvata dagli iscritti durante la Costituente di novembre 2024, un momento fondamentale in cui la base ha dato il via libera al superamento del vincolo. Restano però delle regole da mettere a punto, che dovranno chiarire i criteri e le condizioni per la candidatura e la rielezione.
Il principio base che resta in vigore prevede al massimo tre mandati, mai oltre. Il presidente Conte ha scelto questa soluzione per frenare situazioni di eccessiva libertà nei gruppi parlamentari. Il timore è che senza regole chiare si rischi il “carrierismo” politico, ossia la ricerca di cariche come fine a sé stesso, in contrasto con lo spirito originario del movimento.
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Tre strade verso il limite massimo
Sono previste tre strade per raggiungere il limite massimo. La prima è lo “stop and go”: chi ha già svolto due legislature consecutive in Parlamento deve saltare una tornata elettorale prima di potersi ricandidare. Questa formula apre la porta a figure di spicco attualmente a riposo, come Paola Taverna, ex vicepresidente del Senato, o Alfonso Bonafede, ex ministro della Giustizia, entrambi pronti a tornare in campo.
I nuovi criteri nella pratica: flessibilità e deroghe dietro approvazione
Oltre allo stop and go, il m5s mantiene un altro criterio che consente fino a tre mandati consecutivi, ma solo previo una deroga formalmente concessa dal presidente Conte. Questa deroga deve passare il vaglio del Consiglio nazionale e infine ricevere il via libera degli iscritti. Un sistema piramidale, insomma, che conferisce un ruolo centrale alla leadership e alla base, in una serie di passaggi decisionali.
Non solo il Parlamento, ma anche altri livelli istituzionali rientrano in questa regolamentazione. Deputati e senatori con due mandati possono tentare la candidatura a presidente di Regione o a sindaco di città, mostrando così una certa apertura verso una mobilità istituzionale. La norma consente persino candidature come quella dell’ex presidente della Camera, Roberto Fico, per la guida della Campania.
Infine, l’ultimo mandato può essere svolto anche cambiando il livello istituzionale: per esempio, chi ha già fatto due legislature in Parlamento può scegliere di terminare la propria carriera politica in un consiglio regionale, o viceversa. Questa regola amplia gli orizzonti di azione, rendendo meno rigidi i confini dei mandati.
Eccezioni per i piccoli comuni e critiche interne
Nei piccoli comuni, con meno di 15 mila abitanti, il movimento mantiene una certa libertà sui mandati in quanto qui “non c’è un problema di carrierismo”, come viene spiegato, ma si tratta più di “spirito di servizio” verso i cittadini. Questa distinzione evidente riflette la volontà di adattare le norme ai contesti territoriali, riconoscendo che nelle realtà piccole la politica ha caratteristiche diverse.
Questa svolta, però, non è priva di critiche interne. Danilo Toninelli, ex ministro e membro storico del movimento, si è detto contrario alla rimozione del tetto dei due mandati, denunciando un cambiamento che trasforma il Movimento 5 stelle in una “creatura di Conte”. Il fatto che oggi le decisioni passino per il presidente e non più per gli iscritti, secondo Toninelli, snatura la natura originaria del m5s.
L’allontanamento di Beppe Grillo, fondatore e garante storico del movimento, è un altro segnale di quanto questo cambiamento sia profondo. La sua figura è stata eliminata dagli organi di garanzia e il ruolo di consigliere si è sfilacciato. Oggi le regole più precise sono ancora in via di definizione sotto il controllo di Conte e del Consiglio nazionale, prima di essere vagliate dal Comitato di garanzia e infine sottoposte a un nuovo voto della base.
Alla vigilia della conclusione di questo processo, il movimento sembra destinato a trasformarsi definitivamente, ridisegnando i confini della sua struttura e dei suoi equilibri interni.