Aumento della povertà e diminuzione dei redditi: i dati Istat svelano una realtà preoccupante

Nel 2024, il 23,1% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale. Maurizio Landini della Cgil chiede misure urgenti per affrontare la crescente precarietà economica.
Aumento della povertà e diminuzione dei redditi: i dati Istat svelano una realtà preoccupante Aumento della povertà e diminuzione dei redditi: i dati Istat svelano una realtà preoccupante
Aumento della povertà e diminuzione dei redditi: i dati Istat svelano una realtà preoccupante - unita.tv

Nel 2024, il 23,1% della popolazione italiana si trova a rischio di povertà o esclusione sociale, un incremento rispetto al 22,8% del 2023. Questo dato, fornito dall’Istat, indica che un numero crescente di individui vive in condizioni di vulnerabilità, che includono il rischio di povertà, grave deprivazione materiale e sociale, o bassa intensità di lavoro. La situazione è complessa e richiede un’analisi approfondita delle dinamiche economiche e sociali che caratterizzano il nostro Paese.

La situazione della povertà in Italia

L’Istat ha evidenziato che la percentuale di persone a rischio di povertà è rimasta invariata rispetto all’anno precedente, attestandosi al 18,9%. Anche la quota di individui in grave deprivazione materiale e sociale ha mostrato una stabilità, con un leggero calo dal 4,7% al 4,6%. Tuttavia, si registra un aumento della percentuale di famiglie a bassa intensità di lavoro, che è passata dal 8,9% al 9,2%. Questi dati pongono in evidenza una realtà allarmante: una parte significativa della popolazione vive in condizioni di precarietà economica, con conseguenze dirette sulla qualità della vita e sul benessere sociale.

La povertà non è solo una questione economica, ma coinvolge anche aspetti sociali e psicologici. Le famiglie che si trovano in queste condizioni spesso affrontano difficoltà nell’accesso a servizi essenziali, come l’istruzione e la salute, creando un circolo vizioso di esclusione che si perpetua nel tempo. La crescita della povertà e dell’esclusione sociale richiede interventi mirati e strategie efficaci da parte delle istituzioni.

L’inflazione e il reddito delle famiglie

Nel 2023, il reddito annuale medio delle famiglie italiane ha raggiunto i 37.511 euro, con un incremento nominale del 4,2%. Tuttavia, questo aumento non è sufficiente a compensare l’impatto dell’inflazione, che ha registrato un tasso del 5,9%. Di conseguenza, i redditi reali delle famiglie sono diminuiti dell’1,6%, segnando un trend negativo per il secondo anno consecutivo. Questa situazione è particolarmente grave nel Nord-est, dove la contrazione è stata del 4,6%, mentre nel Centro Italia si è registrato un calo del 2,7%.

La disparità tra le famiglie più abbienti e quelle più povere è un altro aspetto preoccupante. Nel 2023, il reddito delle famiglie più ricche era 5,5 volte superiore a quello delle famiglie più povere, un incremento rispetto al 5,3 del 2022. Questa crescente disuguaglianza economica non solo alimenta il malcontento sociale, ma mina anche la coesione della società, creando tensioni che possono sfociare in conflitti.

La crisi del lavoro autonomo

Il lavoro autonomo ha subito un colpo significativo, con una perdita complessiva dei redditi reali del 23,8% rispetto ai livelli pre-crisi del 2007. Al contrario, i redditi da lavoro dipendente hanno registrato una flessione dell’11,4%. Questa crisi del lavoro autonomo è preoccupante, poiché molti italiani dipendono da questa forma di occupazione per il proprio sostentamento. La situazione è ulteriormente aggravata dalla diminuzione dei redditi da capitale, che hanno subito una contrazione del 22,6%, principalmente a causa della dinamica negativa degli affitti figurativi.

In controtendenza, i redditi da pensioni e trasferimenti pubblici hanno mostrato un incremento del 2,1% rispetto al 2007, evidenziando una disparità crescente tra le diverse fonti di reddito. Questa situazione richiede un’attenzione particolare da parte delle istituzioni, affinché si possano attuare politiche che supportino il lavoro autonomo e garantiscano una maggiore equità sociale.

Le reazioni alle statistiche Istat

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha commentato i dati Istat, definendoli “dati che gridano vendetta”. Durante un’assemblea al teatro Sistina di Roma, ha esortato il governo a prendersi le proprie responsabilità e a smettere di ignorare la realtà economica del Paese. Secondo Landini, la precarietà del lavoro e la mancanza di politiche adeguate sono alla base di una situazione che richiede un cambiamento radicale.

Landini ha ribadito l’importanza di introdurre un salario orario minimo e di rinnovare i contratti di lavoro in modo da tutelare il potere d’acquisto delle famiglie. La questione salariale è diventata centrale nel dibattito politico ed economico, e la Cgil continua a fare pressione affinché vengano attuate misure concrete per affrontare la crisi economica e sociale che affligge il Paese.