Milano si presenta come una città dalle due facce, apparentemente distanti ma legate da un filo invisibile. Da un lato, la metropoli fatta di tendenze, ristoranti alla moda e vite digitali, dall’altro una città che convive con la povertà e l’isolamento di molte famiglie. In questo contesto si sono sviluppati gli hub di quartiere, una rete concreta per recuperare cibo in eccesso e distribuirlo a chi ne ha bisogno. L’esperienza nata nel 2016 con un protocollo condiviso tra Comune, Politecnico e Assolombarda ha continuato a crescere, coinvolgendo enti, fondazioni e realtà del terzo settore per contrastare lo spreco alimentare e l’emergenza sociale nella città.
Milano: una città divisa tra contrastanti realtà sociali e gastronomiche
Nel cuore di Milano convivono due mondi nettamente diversi. Da una parte c’è un’atmosfera che si nutre di nuove mode culinarie, con ristoranti pieni di piatti instagrammabili e buffet all you can eat frequentati da giovani e appassionati di food culture. Dall’altra, le strade e alcuni quartieri raccontano storie di indigenti, famiglie isolate e persone che raramente riescono a sedersi a quei tavoli. Questa spaccatura urbana si manifesta anche in modo simbolico, attraversata da un naviglio che oggi spesso appare asciutto e malinconico. Dietro questo contrasto così evidente emerge però anche una volontà diffusa di incidere sul problema, che ha preso forma in progetti concreti di solidarietà e riuso delle risorse alimentari.
Gli hub di quartiere sono diventati un punto di riferimento per quella parte della cittadinanza che affronta quotidianamente la lotta dello spreco e della fame nascosta. Il loro compito non è solo recuperare il cibo ma anche tessere relazioni all’interno dei rioni, coltivando reti di aiuto e solidarietà. Così si ammorbidisce quel confine che divide due mondi, nello sforzo di assicurare un pasto a chi vive in difficoltà, senza lasciare nessuno indietro.
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Come sono nati e come funzionano gli hub di quartiere a milano
L’esperienza degli hub di quartiere è nata con un accordo siglato nel 2016 tra il Comune di Milano, il Politecnico e Assolombarda, sotto il nome “Zero sprechi”. Questo protocollo è stato rinnovato nel 2023 con l’ingresso della Fondazione Cariplo e poi nel 2024 con la Fondazione Snam Ets. L’obiettivo principale è ridurre lo spreco di cibo in città, recuperando alimenti da destinare alle persone bisognose attraverso una rete territoriale ben organizzata.
Il primo hub ha preso vita nel 2019 nel Municipio 9, da quel momento sono stati aperti altri punti in vari quartieri. La gestione è affidata ad associazioni del terzo settore, fondazioni e realtà locali impegnate nel sociale. L’intervento di numerose istituzioni ha permesso di sviluppare un sistema stabile, capace di muoversi a livello locale con azioni mirate di raccolta e redistribuzione. È nato così il marchio collettivo “Zerosprechi Hub”, pensato per riconoscere in modo chiaro e condiviso ogni punto di recupero coinvolto.
Il valore del progetto ha ricevuto riconoscimenti internazionali. La Royal Foundation ha premiato il programma con il primo Earthshot Prize nella categoria “Build a Waste-free World”, conferendo al progetto un milione di sterline. “Questo riconoscimento ha dato ulteriore slancio all’idea, sottolineando la validità di un modello che punta a costruire una rete sociale intorno al cibo, sfidando spreco e marginalità.”
Gli hub attivi e le realtà che li gestiscono nei quartieri di milano
Gli hub di Milano sono distribuiti in diverse zone della città, ognuno gestito da associazioni e cooperative locali. All’Isola c’è l’hub in via Borsieri 2, attivo dal 2019 grazie al Banco alimentare della Lombardia. A Lambrate, si trova in via Bassini 6, aperto dal 2020 e gestito dallo stesso Banco alimentare. Nel quartiere Gallaratese, invece, l’hub è in via Appennini 50 dal 2021, sotto la gestione di Terre des Hommes.
Un altro punto importante è Foody Zero Sprechi dentro il Mercato Agroalimentare di Milano, attivo dal 2021 e curato da più operatori, fra cui Croce Rossa Italiana, Caritas Ambrosiana, Banco Alimentare e Recup. Nel centro città c’è l’hub di via Santa Croce 15, guidato da Ibva e ospitato nello spazio Solidando Hub dall’anno passato.
Altri si sono aperti nel 2024, come quello di Selinunte in piazzale Selinunte, condotto da Coopi – Cooperazione Internazionale, e quello di Loreto, articolato in tre luoghi diversi, gestito da una rete di organizzazioni tra cui Comin, la parrocchia Santa Maria Assunta in Turro e Milano Positiva. Infine, a Cuccagna, via Privata Cuccagna 2/4, operano realtà come Emergency e Fondazione Acra insieme ad altre associazioni.
Ognuno di questi hub svolge un ruolo specifico nella rete di recupero, interagendo con produttori, esercizi commerciali e cittadini, per raccogliere cibo in eccedenza ed evitare sprechi, destinandolo poi a chi vive condizioni di disagio. I gestori coordinano distribuzioni, coinvolgono volontari e promuovono iniziative di sensibilizzazione attraverso i quartieri.
I risultati concreti del recupero alimentare a milano e il confronto con i dati europei
Nel 2024 gli hub milanesi hanno ridato nuova vita a 795,3 tonnellate di cibo, un incremento rispetto alle 615 tonnellate recuperate l’anno precedente. Il cibo salvato ha raggiunto quasi 15mila nuclei familiari, coinvolgendo oltre 126mila persone, fra cui quasi 4mila minori. Sono stati distribuiti più di un milione e mezzo di pasti equivalenti attraverso la rete, assistendo anche 176 associazioni in diverse attività sociali.
Questi numeri assumono un significato più ampio se messi a confronto con quelli forniti dalla Fao. Nell’Unione europea vengono sprecate 59 milioni di tonnellate di cibo all’anno: in media ogni cittadino europeo getta via 132 kg di alimenti. In Italia, ogni persona spreca alimenti per un valore medio di circa 140 euro all’anno. La causa principale riguarda errori di conservazione e gestione domestica del cibo, segnale di quanto sia ancora grande la distanza tra produzione e consumo responsabile.
I dati raccolti a Milano rappresentano un primo passo concreto, ma indicano anche la necessità di rafforzare certe pratiche e diffonderle nel resto del paese. Il recupero, infatti, non è solo un modo per limitare le perdite materiali, ma diventa strumento di sostegno sociale e contrasto alla povertà nascosta nelle grandi città.
La sperimentazione nelle mense scolastiche e l’impegno educativo a milano
Un’area di attenzione crescente riguarda il recupero delle eccedenze alimentari nelle mense scolastiche, dove le quantità di cibo inutilizzate possono essere significative. Nel 2024 Milano Ristorazione, l’azienda comunale che si occupa della refezione in città, ha avviato un progetto pilota in collaborazione con la rete degli hub di quartiere. Si tratta del progetto Cultivate, inserito nel programma europeo Horizon Europe, che punta ad allargare il recupero negli ambienti educativi.
L’idea è rendere il momento del pasto parte integrante dell’esperienza scolastica, promuovendo a tavola buone abitudini alimentari e una maggiore consapevolezza rispetto al valore del cibo. In questo modo i bambini entrano in contatto con concetti di sostenibilità e rispetto, imparando a riconoscere il cibo come risorsa da difendere.
La vicesindaca Anna Scavuzzo ha sottolineato come il Comune mantenga alta l’attenzione sulla qualità e sull’educazione alimentare. “Da anni vengono realizzati progetti significativi che coinvolgono migliaia di studenti, insegnanti e famiglie, mirando non solo a migliorare il servizio di refezione ma anche a diffondere conoscenze utili per scelte consapevoli.” L’impegno nel settore del recupero nelle scuole conferma come la lotta allo spreco non sia solo questione di numeri, ma anche di formazione e cura delle nuove generazioni.