Il ruolo di Andrea Bonafede e il legame con Matteo Messina Denaro
La corte d’appello di Palermo conferma la condanna a 14 anni di carcere per Andrea Bonafede, accusato di associazione mafiosa per aver fornito la sua identità a Matteo Messina Denaro.

La corte d’appello di Palermo conferma la condanna a 14 anni di Andrea Bonafede per associazione mafiosa, per aver fornito la sua identità a Matteo Messina Denaro, agevolando la latitanza del boss. - Unita.tv
la corte d’appello di Palermo conferma 14 anni di carcere per Andrea Bonafede coinvolto con Matteo Messina Denaro
La corte d’appello di Palermo ha emesso una sentenza definitiva nei confronti di Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara. Bonafede è stato condannato a 14 anni di carcere per associazione mafiosa, in relazione al prestito della sua identità a Matteo Messina Denaro, uno dei boss più ricercati e influenti. Il processo, arrivato a conclusione nel 2025, ha visto la conferma della pena già pronunciata in primo grado.
Andrea Bonafede, nipote del boss Leonardo Bonafede, aveva fornito a Matteo Messina Denaro i suoi documenti per muoversi senza essere riconosciuto. Questa azione ha avuto una rilevanza significativa negli anni in cui il latitante dominava la scena criminale siciliana, permettendo a Messina Denaro una certa libertà di movimento e capacità di eludere le forze dell’ordine. Bonafede si è avvalso della scelta del rito abbreviato, che ha garantito una riduzione della pena di un terzo, come previsto dalla legge.
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Accusa e processo
Il processo ha visto l’accusa sostenuta dai pubblici ministeri Piero Padova e Gianluca De Leo, i quali hanno ricostruito le responsabilità di Bonafede nel sostenere l’organizzazione mafiosa. La corte ha giudicato confermato l’impianto probatorio che lega l’imputato a un ruolo attivo nel mantenimento della latitanza di Messina Denaro attraverso la falsificazione e l’uso di false identità.
La sentenza e i motivi della corte d’appello
Il tribunale territoriale ha confermato la sentenza, basandosi su elementi concreti acquisiti nel fascicolo d’indagine. Il giudice ha sottolineato come la complicità di Bonafede fosse evidente nel momento in cui ha messo a disposizione la sua identità, evitando di denunciare il controllo esercitato da una figura così ingombrante nel panorama mafioso. La decisione riflette la severità delle misure adottate per chi facilita le attività criminali di Cosa nostra.
Gli avvocati di Bonafede avevano presentato ricorso, puntando a ribaltare le accuse di associazione mafiosa ma la corte ha rigettato questa possibilità. La conferma della condanna segna una tappa importante nel contrasto alle reti di sostegno dei boss latitanti e rafforza l’impegno delle istituzioni giudiziarie contro la mafia.
Rigetto del ricorso
Gli avvocati di Bonafede avevano presentato ricorso, puntando a ribaltare le accuse di associazione mafiosa ma la corte ha rigettato questa possibilità, confermando così la condanna.
Il contesto attuale e l’impatto sulla lotta alla mafia
Questa sentenza si inserisce in un quadro più ampio di indagini e processi volti a smantellare le ultime reti che garantivano la protezione a Matteo Messina Denaro. La figura di Bonafede rappresenta un anello di questa catena, di cui si è cercato di eliminare i supporti per la latitanza ormai protratta da decenni.
Sistema mafioso e legami familiari
Il caso dimostra come il sistema mafioso si basi su rapporti di famiglia e lealtà estese, tra cui il legame stretto tra Andrea Bonafede e i vertici criminali. Le forze dell’ordine continuano a mettere sotto pressione queste reti, ottenendo sentenze che contribuiscono a ridurre lo spazio d’azione di figure criminali di rilievo. Come testimonia la conferma della condanna per Bonafede, anche chi appare solo un passo dietro ai boss rischia conseguenze gravi.