L’imprenditore di 94 anni, condannato in via definitiva per reati fiscali e bancarotta, ha ottenuto la possibilità di scontare la pena ai domiciliari anziché in carcere. La decisione arriva dopo il trasferimento da Sollicciano all’istituto Gozzini di Firenze, struttura con custodia attenuata e una sorveglianza più leggera, che ha permesso di ripresentare l’istanza inizialmente respinta.
Trasferimento dall’istituto penitenziario di sollicciano all’istituto gozzini
L’imprenditore era detenuto nel carcere di Sollicciano, noto come la casa circondariale maggiore di Firenze, dove le condizioni di sorveglianza sono più rigide. Recentemente, è stato spostato nell’istituto Gozzini, altra struttura penitenziaria a Firenze, caratterizzata da un regime di custodia attenuata, chiamato anche “solliccianino“. Questa differenza non è solo formale: il passaggio da un carcere maggiore a uno a custodia attenuata implica un cambio nel controllo giudiziario e spesso anche nelle condizioni di detenzione, particolarmente rilevante per detenuti anziani o in stato di salute fragile.
Nel Gozzini opera infatti un magistrato di sorveglianza diverso da quello di Sollicciano, e proprio questa novità ha aperto la strada a una rivalutazione della misura restrittiva a carico dell’imprenditore. Lo spostamento ha quindi rappresentato un elemento decisivo per la revisione della sua situazione detentiva, concedendo maggiori margini di manovra al difensore.
Ruolo del magistrato di sorveglianza e nuova istanza accolta
Il magistrato di sorveglianza ha la competenza di decidere sulle condizioni di esecuzione della pena, incluse le misure alternative come la detenzione domiciliare. Nel caso specifico, l’avvocato dell’imprenditore, Luca Bellezza, aveva presentato una prima richiesta di sospensione della detenzione in carcere per favorire i domiciliari, ma questa era stata respinta da un precedente magistrato di sorveglianza venerdì scorso.
Tuttavia, con il trasferimento presso l’istituto a custodia attenuata si è potuto avanzare nuovamente l’istanza, accolta oggi da un magistrato diverso. Il fatto che il detenuto sia ora in una struttura meno rigida, destinata a persone con esigenze di sicurezza inferiori o con caratteristiche particolari come l’età avanzata, ha pesato nella valutazione.
Questa soluzione permette di garantire un trattamento più consono all’età e alle condizioni di salute dell’imprenditore di 94 anni, senza escludere il rispetto delle misure repressive decise dalla giustizia. Il magistrato ha così deciso di autorizzare il passaggio alla detenzione domiciliare, consentendo all’imprenditore di evitare il carcere ordinario.
Contesto e implicazioni della decisione
Il provvedimento arriva in un contesto in cui il sistema penitenziario cerca di modulare le pene in base alla gravità del reato ma pure alle condizioni personali del detenuto. I reati fiscali e la bancarotta che hanno portato alla condanna per l’imprenditore hanno una pena definitiva da scontare, ma la legge prevede margini per attenuare il regime detentivo in presenza di elementi che lo richiedono, come l’età avanzata o patologie.
La scelta di spostare il detenuto in una struttura più adatta e la conseguente accettazione della detenzione domiciliare riflettono l’applicazione di norme che garantiscono un equilibrio tra giustizia e umanità. Questi interventi sono fondamentali per evitare che la pena si trasformi in un aggravio inutile, soprattutto quando la detenzione in carcere potrebbe risultare sproporzionata rispetto alle condizioni del condannato.
Il caso di questo imprenditore mette in luce anche il ruolo decisivo del magistrato di sorveglianza, che, a seconda delle strutture coinvolte e delle richieste presentate, può modificare significativamente la vita del detenuto. La variazione dei soggetti incaricati della sorveglianza crea nuove possibilità di rivalutazione delle misure detentive, come accaduto in questo episodio a Firenze.