Fuga da bollate, detenuta ammessa ai servizi esterni sparisce con il compagno considerato violento
Brenda Paolicelli, detenuta scomparsa dal carcere di Milano Bollate, solleva preoccupazioni sulla gestione dei permessi e sul rischio di violenza legato al suo compagno, anch’esso irreperibile.

Brenda Paolicelli, detenuta del carcere di Milano Bollate prossima al termine della pena, è scomparsa dopo un permesso esterno insieme al compagno violento, sollevando dubbi sulla sicurezza e la gestione dei permessi carcerari. - Unita.tv
Una detenuta del carcere di Milano Bollate, Brenda Paolicelli, scomparsa dopo aver usufruito dei servizi esterni, ha acceso nuove preoccupazioni sulla gestione dei permessi. La donna, 55 anni, originaria di Torino, prossima al termine della pena per rapina a mano armata e furto, sarebbe stata costretta a non fare rientro nel carcere. Nel giorno della fuga anche il compagno, affidato in prova ai servizi sociali e ritenuto una persona violenta, è sparito senza lasciare tracce.
Il contesto della fuga e le circostanze del caso
Brenda Paolicelli aveva ottenuto concessioni per uscire dal carcere come parte del percorso di reinserimento. Anche se vicina alla fine della condanna, ha fatto perdere le sue tracce nei pressi di Bollate, zona di Milano. Un elemento che desta sospetti riguarda il compagno, anche lui svanito, e reputato dai servizi di sorveglianza come soggetto aggressivo. Secondo le ricostruzioni, Brenda sarebbe tornata al carcere in alcune occasioni con segni di violenza sul corpo, il che porta a ipotizzare che sia stata sottoposta a pressioni per non fare più rientro.
Il caso ha spinto le autorità penitenziarie a investigare, essendo insolito che una detenuta così vicino al completamento della pena decida di fuggire volontariamente. Le circostanze lasciano aperti molteplici interrogativi sul ruolo del compagno e sul tipo di relazione tra i due. L’assenza di indizi concreti alimenta preoccupazioni non solo riguardo la sicurezza, ma anche la protezione delle persone in regime carcerario agevolato.
Leggi anche:
Le ricostruzioni dei fatti
Le autorità stanno approfondendo le dinamiche che hanno portato alla scomparsa, non escludendo situazioni di coercizione esterna o minacce.
Le voci dal sindacato polizia penitenziaria e le preoccupazioni di sicurezza
A segnalare la gravità della situazione è Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria, che ha sottolineato un clima di crescente inquietudine all’interno dei penitenziari lombardi. Ha richiamato l’attenzione sulla “fuga anomala” di Brenda e del compagno, entrambi di fatto irreperibili da giorni. Di Giacomo ha evidenziato che Brenda ha precedenti episodi in cui è stata vista rientrare con lividi, il che indica un possibile contesto di violenza che potrebbe averla spinta a scappare.
Il sindacalista ha poi ricordato altri episodi simili a Bollate. Solo negli ultimi mesi, prima di questa vicenda, ci sono state altre due evasioni: quella di Emanuele De Maria e un altro detenuto romeno che aveva incarichi lavorativi esterni. Questi eventi, secondo Di Giacomo, richiedono una riflessione sull’applicazione delle norme che permettono di uscire dal carcere, in particolare l’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario. A suo avviso, la gestione attuale appare troppo permissiva rispetto ai rischi legati ai permessi.
Inoltre, mette in luce come la presenza di figure considerate con tendenze violente, come il compagno della Paolicelli, rappresenti una criticità da monitorare più attentamente per evitare casi simili in futuro. Il sindacato chiede un cambio di passo nelle strategie di controllo e vigilanza esterna.
Richieste di intervento
Secondo la segreteria del sindacato, è urgente potenziare i controlli per impedire che simili fughe si ripetano.
Il passato di brenda paolicelli e il ruolo del reinserimento sociale
La vicenda di Brenda Paolicelli non si limita alla sua attuale fuga. La donna aveva partecipato, durante la detenzione nel carcere di San Vittore, a un percorso di consapevolezza sul rischio. Nel 2017 aveva preso parte a un seminario promosso tra i detenuti, dove aveva condiviso riflessioni personali raccolte nel magazine “Facce e maschere”. In un’intervista aveva raccontato come fosse interessata a comprendere i rischi affrontati dagli altri e anche a raccontare i propri: dal trasferimento in Italia alle scelte difficili fatte in passato.
Questi elementi mostrano un tentativo di Brenda di inserire la sua esperienza carceraria all’interno di un processo di cambiamento personale. Quella che sembra oggi una fuga forzata potrebbero essere le conseguenze di un contesto relazionale complicato e difficile da controllare sul piano istituzionale. Il suo caso richiama l’attenzione sulle condizioni di chi si trova a vivere gli ultimi periodi di pena in regime agevolato, spesso in attesa di reinserimento nella società.
Bilanciamenti difficili nel carcere di bollate
La difficoltà sta anche nel bilanciare la fiducia nel percorso di recupero con la necessità di garantire sicurezza e ordine. Lo sappiamo, ogni caso di evasione scuote il sistema e mette a dura prova agenti, operatori e lettori che seguono queste cronache.
Il carcere di Bollate torna così al centro dell’attenzione con la responsabilità di gestire situazioni delicate, dove la linea tra libertà controllata e reinstallazione in ambiente protetto è sempre più sottile.