Due studenti universitari di Genova, noti per aver giocato nella serie A di pallanuoto, sono stati condannati per abuso e diffusione di materiale sessuale non autorizzato. Il procedimento riguarda una vicenda del 2022, avvenuta dopo una notte trascorsa in una discoteca del capoluogo ligure, che ha portato alla condanna a sei anni e sei mesi e a sei anni e tre mesi di reclusione. Un episodio che ha coinvolto anche accuse collegate alla diffusione di video privati senza consenso.
La ricostruzione dei fatti e le accuse rivolte ai pallanuotisti
Secondo le indagini coordinate dal pubblico ministero Gabriella Dotto e condotte dalla squadra mobile di Genova, i due studenti avrebbero adescato la ragazza durante la serata in discoteca, inducendola a bere alcolici in modo da abbassarne le difese. Successivamente, l’avrebbero invitata nell’appartamento di uno dei due, dove la situazione si è aggravata. Le accuse puntano a un abuso sessuale commesso nella dimora, ripreso con i telefonini dei responsabili. La vittima avrebbe riportato anche lesioni, come confermato negli atti dell’inchiesta.
Gli elementi probatori
L’ipotesi accusatoria si fonda sia sulle testimonianze raccolte, sia sui video estratti dalle chat degli imputati. Durante le indagini, altre ragazze sono state ascoltate; una di loro, assistita dall’avvocato Pietro Bogliolo, si è riconosciuta nelle immagini o nelle conversazioni incriminate, ricevendo una provvisionale di 10 mila euro come risarcimento per danni subiti. I due ragazzi hanno sempre respinto le accuse, sostenendo che i rapporti avessero avuto carattere consensuale.
Le contestazioni legate al revenge porn e la sentenza
Oltre all’abuso, ai due pallanuotisti è stato contestato il reato di revenge porn. Avrebbero infatti condiviso su alcune chat private video di rapporti sessuali con altre ragazze, che invece avevano acconsentito a tali rapporti in forma privata. La diffusione di quei materiali è stata giudicata illegale, aggravando la posizione dei due giovani. Questi fatti si sommano alle accuse di violenza sessuale emerse nell’episodio principale.
La pubblica accusa aveva chiesto pene più severe: otto anni e due mesi per uno e otto anni e sei mesi per l’altro. Il tribunale ha inflitto condanne più leggere, rispettivamente a sei anni e sei mesi e a sei anni e tre mesi di reclusione. Il giudice ha inoltre deciso il pagamento di una provvisionale da 50 mila euro a favore della vittima principale, a garanzia del risarcimento per il danno subito.
Conseguenze giuridiche
Il processo ha ribadito la gravità della diffusione non autorizzata di materiale sessuale, definito reato aggravato dalla natura della relazione e dal contesto in cui è avvenuta la condivisione.
Le reazioni e il seguito del processo
I due imputati sono assistiti dagli avvocati Andrea Vernazza e Fabio La Mattina. Entrambi hanno sostenuto durante le udienze che le relazioni con la ragazza fossero d’accordo e spontanee, negando quindi qualsiasi atto contro la volontà della giovane. Le testimonianze della vittima e delle altre ragazze coinvolte, così come le prove video raccolte dalla polizia giudiziaria, hanno sorretto però la tesi del pubblico ministero e della squadra mobile.
Il contesto sociale
L’inchiesta ha acceso un riflettore sulla violenza sessuale in ambito universitario e sul fenomeno della diffusione non autorizzata di materiale sessuale. Dopo la sentenza, rimane aperto il dibattito sulla tutela delle vittime e sull’adeguatezza delle pene per casi di questo genere. Il procedimento giudiziario potrebbe proseguire con eventuali ricorsi delle parti coinvolte.