La vicenda di Liliana Resinovich, la donna trovata morta a Trieste, torna sotto i riflettori per un recente sviluppo che potrebbe mettere in discussione gli esiti delle indagini finora svolte. Le parole del tecnico anatomico che ammette una possibile responsabilità nella frattura di una vertebra della vittima aprono un nuovo capitolo in questa complessa storia. L’attenzione si concentra proprio su quella lesione, che fin dall’inizio era stata considerata una prova decisiva per ricostruire come Liliana sia stata uccisa. Le famiglie, gli esperti e la giustizia ora si trovano a dover valutare con attenzione un evento che fino ad oggi sembrava certo, ma che adesso potrebbe essere rivisto in modo differente.
Il ruolo della frattura della vertebra nella ricostruzione dell’omicidio
La lesione alla vertebra di Liliana Resinovich è sempre stata uno degli elementi chiave per ricostruire la dinamica della sua morte. Secondo la super perizia della dottoressa Cattaneo, la frattura testimonierebbe una violenza diretta che avrebbe accompagnato l’aggressione, forse mentre Liliana veniva bloccata alle spalle. Tra le ipotesi più accreditate si era ipotizzato che il colpevole l’abbia stretta con forza, forse utilizzando un cuscino o un panno per soffocarla. Questo particolare aveva orientato le indagini verso un omicidio volontario, escludendo altre cause come il suicidio o un incidente.
Non a caso proprio questo dettaglio aveva sorretto l’accusa e alimentato la convinzione che Liliana fosse stata assassinata con un’aggressione fisica brutale. Nel corso degli anni, però, alcuni esperti avevano mostrato dubbi su quella spiegazione, mettendo in discussione la certezza che quella frattura fosse avvenuta prima del decesso. Alcuni, tra cui il consulente medico di Sebastiano Visintin, principale indagato, avevano suggerito la possibilità che quella rottura ossea fosse avvenuta solo dopo la morte, probabilmente durante la movimentazione del corpo.
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Nuove dichiarazioni dal tecnico anatomico e le loro conseguenze
Il punto di svolta arriva con la confessione di un tecnico dell’obitorio che ha ammesso di poter aver causato lui la frattura alla vertebra mentre lavorava sulla salma. Questa dichiarazione emerge a distanza di tre anni dal ritrovamento del corpo e ha gettato nuova luce su un dettaglio storico della vicenda. Se la frattura fosse avvenuta post mortem, perderebbe gran parte del suo peso probatorio, aprendo a nuove interpretazioni sulla causa di morte.
Le famiglie di Liliana, in particolare il fratello Sergio, hanno espresso sgomento davanti a questa notizia e si sono chiesti a più riprese perché una simile informazione non sia stata fornita prima. L’amarezza deriva anche dal fatto che questa rivelazione potrebbe incrinare una ricostruzione che per anni ha portato avanti accuse e sospetti contro Sebastiano Visintin. La possibilità che la prova centrale, ossia la lesione alla vertebra, non sia legata al momento della morte mette in discussione tutto il quadro accusatorio costruito in questi anni.
Ad intervenire è stata la dottoressa Rossana Bussani, responsabile della diagnostica autoptica all’ospedale di Trieste dove è stata eseguita la prima autopsia. Bussani ha spiegato che lesioni causate durante la movimentazione di salme sono eventi tutt’altro che rari, soprattutto in corpi particolarmente esili o fragili come quello di Liliana. Questo potrebbe giustificare perché solo ora questa situazione è emersa, visto che la prima ipotesi formulata riguardava un suicidio e poi ha preso forma l’ipotesi dell’omicidio. Cambiamenti nel quadro investigativo possono portare a nuove valutazioni scientifiche e a testimonianze fino ad oggi ignorate o sottovalutate.
Possibili sviluppi futuri: una nuova perizia per chiarire i dubbi?
L’ammissione del tecnico rende possibile la richiesta di una nuova perizia, indipendente e superpartes, destinata a esaminare in modo approfondito la causa esatta della frattura e l’eventuale collegamento con la morte di Liliana. Già da settimane gli avvocati di Sebastiano Visintin chiedono un chiarimento su questo punto, che appare fondamentale per definire il percorso giudiziario e le eventuali responsabilità.
Incertezza nel procedimento giudiziario
Il procedimento si trova quindi in una fase di grande incertezza. Finora la frattura della vertebra era stata considerata un elemento cruciale per l’accusa. Ora, le ombre che si allungano su quella prova potrebbero modificare in maniera sostanziale la narrazione dell’omicidio. Le prossime settimane saranno decisive per capire se e come il caso potrà essere ricostruito alla luce di questa nuova consapevolezza. Intanto, l’attesa cresce e tutte le parti coinvolte osservano con attenzione lo sviluppo delle indagini.