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Il diritto dell’unione europea tra valori fondanti, crisi politiche e sfide future nel 2025

Il dibattito sul diritto dell’Unione europea si intensifica nel 2025, affrontando le tensioni tra valori fondamentali e politiche di Stati membri come Polonia e Ungheria, con riflessioni su legittimità e solidarietà.

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L’articolo analizza le tensioni tra i valori fondanti dell’Unione europea sanciti dall’articolo 2 del TUE e le sfide politiche e giuridiche poste da alcuni Stati membri, evidenziando il ruolo cruciale della solidarietà, della legittimità politica e del diritto nel futuro dell’integrazione europea. - Unita.tv

Il diritto dell’Unione europea si sviluppa attorno a valori fondamentali sanciti dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea, ma la loro efficacia concreta è spesso messa alla prova dalle derive politiche di alcuni Stati membri. Nel 2025, nuove riflessioni giuridiche e critiche si confrontano con queste tensioni, esplorando la legittimità e il futuro dell’ordinamento europeo alla luce delle crisi recenti e dei mutati scenari politici.

Valori fondanti dell’Unione europea e il nodo della loro applicazione

L’art. 2 TUE definisce i valori su cui si basa la stessa Unione: rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e tutela dei diritti umani, comprese le minoranze. Questi principi devono caratterizzare la società europea, tintinnante di pluralismo, tolleranza, giustizia, solidarietà e pari diritti di genere. Eppure, tali valori restano spesso più una bandiera che una realtà condivisa uniformemente. Le divisioni si sono accentuate, in particolare con casi noti come Polonia e Ungheria, dove governi hanno adottato politiche che sembrano contraddire lo spirito stesso del Trattato.

Il Trattato prevede all’articolo 7 una procedura, attivabile dal Consiglio europeo all’unanimità, per sanzionare chi violi sistematicamente quei valori. Finora questo strumento è rimasto impotente: nessuna sanzione è stata effettivamente adottata contro questi due Paesi, nonostante le critiche internazionali. È qui che entra in gioco il Regolamento 2020/2092 sulla condizionalità: una norma nata per aggirare le difficoltà politiche imposte dalla procedura all’art. 7.

Con questo Regolamento, i fondi europei vengono strettamente legati al rispetto dello Stato di diritto. Si punta a utilizzare il bilancio europeo come leva per garantire l’adesione ai valori sanciti da quella norma. La Corte di giustizia europea, pronunciandosi su ricorsi di Polonia e Ungheria contro il Regolamento, ha definito l’art. 2 TUE un’ancora identitaria per l’Unione, confermando che uno Stato che discrimina non può essere considerato rispettoso della legge europea. Questa battaglia continua tra principi e poteri concreti segna oggi la scena politica e giuridica dell’UE.

L’idea di una società europea unica tra diritto e politica

Uno degli interventi di spicco nel recente volume curato da Leonardo Mellace è di Armin von Bogdandy, giurista tedesco noto per i suoi studi sull’ordinamento europeo. Von Bogdandy propone un’interpretazione specifica dell’articolo 2 TUE, sottolineando come l’Unione si fondi non su un’identità nazionale o linguistica, bensì su una società europea unitaria e pluralista. Il passaggio chiave è quel riferimento ai valori comuni a “una società” con caratteristiche di pluralismo, tolleranza e pari diritti.

L’autore considera questo punto come una conferma che il Trattato di Lisbona ha sancito per iscritto l’esistenza di una vera e propria società europea, autonoma rispetto agli Stati membri tradizionali. Questa visione trova eco nelle sentenze della Corte di giustizia contro Polonia e Ungheria, che riconoscono la violazione di quei valori come una ferita all’unità sociale dell’UE.

Non manca però lo scetticismo. Diversi esperti ricordano che il concetto di “società democratica” è già presente nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, senza che ciò implichi una unità giuridica o politica paragonabile. Quel riferimento agisce come uno standard a cui confrontare le politiche statali, non come una struttura di governo autonoma. Aggiungere che l’UE abbia raggiunto questa unità sociale rischia di assomigliare a un costruttivismo eccessivo. L’assenza di una volontà politica solida tra Stati membri rimane un punto cruciale, e forse irrisolto.

Solidarietà, crisi e limiti dell’unione economica politica

Il libro presenta contributi critici sul tema della solidarietà tra Stati membri, elemento fondamentale per qualsiasi processo di integrazione politica autentica. Agustín Menéndez, giurista spagnolo, ricostruisce la gestione delle crisi del debito sovrano e della pandemia come esempi di mancanza di solidarietà reale nell’Unione. Le politiche adottate avrebbero finito per trasferire i costi delle crisi finanziarie sui cittadini dei Paesi “assistiti”, senza un equo sostegno reciproco.

Questo fenomeno è descritto come “solidarietà invertita”: gli Stati più forti sfruttano il potere della normativa europea per tutelare interessi propri, mentre i governi meno influenti e le loro popolazioni affrontano le conseguenze economiche. La pandemia non ha cambiato questo schema. Gli strumenti straordinari come il NGEU hanno mantenuto sostanzialmente la responsabilità sui bilanci nazionali, senza introdurre un vero debito comune o una riforma fiscale condivisa.

La cittadinanza europea e il ruolo della politica nella legittimità dell’ue

Costanza Margiotta propone un’analisi critica della tesi di von Bogdandy, evidenziandone un limite importante: la separazione tra diritto e politica è poco realistica. L’idea dell’UE come ordinamento giuridico para-federale rischia di trascurare la dimensione politica, che resta invece essenziale per garantire legittimità e funzionamento.

Il modello dell’“integrazione attraverso il diritto” ha mostrato limiti evidenti soprattutto negli anni della crisi finanziaria, quando il rigore normativo ha prevalso sulle soluzioni politiche flessibili. Margiotta rimarca che la cittadinanza europea non può restare un concetto formale o puramente giuridico. Dovrebbe diventare uno status reale, accompagnato da una solidarietà autentica tra Stati membri.

Solo così si può avanzare verso una democratizzazione dell’Unione capace di tenere insieme diversità e interessi nazionali, promuovendo legami politici solidi. Senza un recupero della centralità del Politico, la costruzione europea rischia di ristagnare entro tensioni istituzionali e disaffezione dei cittadini.

Critiche giuridiche e prospettive sul paradigma dell’auto-governo

Joana Mendes torna sul rapporto tra diritto e politica smontando l’idea che i princìpi generali del diritto europeo possano sostituire il fondamento politico. La Corte di giustizia e la dottrina hanno insieme sviluppato princìpi che richiamano quelli degli Stati nazionali, ma questa base non basta a garantire la legittimità pubblica delle istituzioni europee.

Anche i valori stabiliti dall’art. 2 TUE non bastano a fondare un’autorità reale, perché manca una rappresentanza politica pienamente riconosciuta. Il rischio è che il potere europeo resti distante dai cittadini, incapace di farsi carico democraticamente delle sue scelte.

Blanca Rodríguez-Ruiz affronta invece la questione da un punto di vista di genere e antropologico. Secondo la studiosa, i valori europei, così come formulati, riflettono un modello culturale specifico, quello del maschio bianco, borghese e cristiano, che non rappresenta tutta la popolazione. La democrazia autentica dovrebbe invece basarsi su un concetto di “auto-regolazione” e “autonomia relazionale”, un processo continuo di costruzione individuale partecipata.

Questa prospettiva si collega a casi concreti recenti: la Corte di giustizia ha più volte garantito la portabilità di diritti alle coppie omosessuali che si spostano tra Stati membri con legislazioni differenti. Così si affacciano nuove possibilità per ridefinire cittadinanza e diritti nel contesto europeo, ma resta irrisolto il nodo politico del potere e della redistribuzione.

Riflessioni finali sul futuro del diritto europeo e il ruolo del giurista

Il volume curato da Leonardo Mellace rappresenta un momento di riflessione intensa sull’attuale fase del diritto dell’UE. I contributi si confrontano con la sfida di decostruire le pratiche e le norme esistenti, per costruire un sistema più coerente e democratico. Al centro resta la tensione tra chi coglie nell’integrazione europea un progresso possibile oltre lo Stato-nazione e chi invece sottolinea l’irrinunciabilità del fondamento popolare e politico.

Questi dibattiti mostrano come la costruzione europea proceda anche attraverso il confronto serrato di idee e prospettive. Giuristi e studiosi rimangono chiamati a svolgere un compito delicato: non solo studiare l’ordinamento, ma contribuire a farlo evolvere aprendo spazi per una legittimità più ampia e condivisa. La storia dell’UE è in queste pagine, fatta di successi e difficoltà, scenari di cambiamento che oggi guardano al dopo-pandemia e alle sfide geopolitiche del 2025.