Francesco pannofino testimone diretto del sequestro di aldo moro: il racconto della mattanza di via fani

Il racconto di Francesco Pannofino sul sequestro di Aldo Moro offre una testimonianza diretta e toccante degli eventi drammatici del 16 marzo 1978, evidenziando le tensioni politiche dell’epoca.
L’articolo racconta il drammatico sequestro di Aldo Moro nel 1978 attraverso la testimonianza diretta dell’attore Francesco Pannofino, presente sul luogo dell’agguato e successivamente intervenuto in commissioni parlamentari per mantenere viva la memoria storica di quell’evento cruciale. - Unita.tv

L’episodio del sequestro di Aldo Moro resta una delle pagine più drammatiche e controverse della storia italiana contemporanea. Quel 16 marzo del 1978 la capitale fu teatro di un’azione che cambiò per sempre il volto della politica nazionale. Tra i pochi a trovarsi sul posto, quasi per caso, fu l’attore e doppiatore Francesco Pannofino, che ha più volte condiviso il suo ricordo vivido di quella mattina. Il suo punto di vista offre uno sguardo privilegiato su una tragedia che ha segnato un’intera generazione e suscita ancora oggi domande sulla reazione dello stato.

Chi è francesco pannofino: dal matematica al teatro con una voce nota

Francesco Pannofino nasce a Imperia nel 1958 e cresce a Roma dove frequenta l’università, scegliendo il corso di matematica, anche se non completa gli studi. La sua carriera prende una svolta diversa quando si avvicina al teatro, poi al mondo del doppiaggio e infine al cinema e alla televisione. Nel corso degli anni, diventa noto non solo per la sua presenza sul piccolo schermo ma anche per il suo lavoro dietro le quinte, prestando la voce a personaggi celebri come George Clooney. La popolarità nel pubblico cresce con la partecipazione alla serie tv “Boris”, ma è la sua esperienza personale legata ai fatti di via Fani a emergere con forza nella sua testimonianza pubblica.

Nel 2015, Pannofino è chiamato a intervenire in una delle Commissioni d’inchiesta parlamentare che indagano sul rapimento di Aldo Moro. La sua presenza rappresenta un ponte diretto con quel passato ancora vivo nella memoria collettiva. A partire dai primi momenti di quel tragico giorno, racconta di un’esperienza più unica che rara, segnata da un impatto emotivo profondo e da un senso di impotenza di fronte alla violenza sconvolgente cui ha assistito.

Il 16 marzo 1978: il racconto di una mattanza vista per caso

Quel 16 marzo, Francesco Pannofino avrebbe dovuto sostenere un esame di algebra. Ma il suo scooter si rifiuta di partire e lui decide di spostarsi verso la fermata dell’autobus, vicino a casa sua, poco distante da via Fani. Prima di recarsi alla fermata fa una breve tappa all’edicola per comprare l’ultimo numero del quotidiano “Messaggero”. Quella decisione – una semplice deviazione – cambia per sempre la sua vita.

Mentre legge il giornale sente dei rumori: colpi che definisce simili a quelli di un martello pneumatico. In pochi minuti si rende conto che sono spari, un fuoco concentrato che dura meno di tre minuti. Dopodiché cala un silenzio quasi irreale. Quel silenzio viene interrotto dalle urla di una ragazza che lavora nell’edicola accanto. Pannofino si avvicina al luogo della sparatoria e trova la scena devastante davanti ai suoi occhi: due corpi giacciono a terra, uno di loro, Raffaele Iozzino, è già morto. L’altro, Francesco Zizzi, è ancora vivo ma gravemente ferito, la testa piegata sul busto e coperta di sangue.

Il racconto di Pannofino restituisce una fotografia cruda e precisa della violenza esplosa in quei momenti. Ogni dettaglio è inciso con la nitidezza di chi ha vissuto la scena sulla propria pelle. Nessun filtro, solo la cruda realtà di un episodio che ha segnato la storia italiana. Presenza diretta di un ragazzo costretto a essere testimone di un delitto politico che si svolgeva a pochi metri da lui.

Il contesto politico e sociale dietro il rapimento di aldo moro

Il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse avviene in un periodo caratterizzato da tensioni altissime nel paese. Gli anni settanta sono segnati da violenze politiche, contrapposizioni ideologiche e incidenti che si moltiplicano un po’ ovunque. Via Fani, il luogo della sparatoria, diventa il simbolo di un conflitto che si inasprisce a livelli mai visti prima.

Il rapimento dura 55 giorni, ma le conseguenze si ripercuotono per decenni. Moro rappresentava una figura di mediazione nel panorama politico, leader di una democrazia cristiana che cercava un accordo per la stabilità del paese. Quella mattanza in via Fani fu un colpo diretto alla democrazia stessa. Lo stato si trova di fronte a un bivio, dove il timore di concedere alle richieste terroristiche entra in collisione con il valore della vita di uno statista.

Gli interrogativi sulle responsabilità e sulle indecisioni governative restano aperti. C’è chi denuncia omissioni e problemi nella gestione delle informazioni durante il sequestro. Il racconto personale di chi come Pannofino ha assistito agli spari e al panico permette di capire meglio quanto sia stato reale il peso di quegli eventi sulla vita quotidiana dei romani e sull’intera nazione.

Dal teatro al parlamento: la testimonianza di pannofino come voce diretta dei fatti

La decisione di Francesco Pannofino di raccontare la sua esperienza anche in sedi ufficiali come la Commissione d’inchiesta parlamentare segna un passaggio importante. Non si tratta solo di cronaca o ricordo personale, ma di un contributo alla ricostruzione storica. Il suo intervento aiuta a delineare il quadro di quella mattina drammatica con elementi che magari sfuggono ai documenti verbali.

Ribadisce come il suo coinvolgimento non sia mai stato voluto, ma frutto di una casualità. Il fatto che un giovane studente potesse trovarsi davanti a uno degli assalti più feroci compiuti in Italia, testimonia la portata della minaccia terroristica in quegli anni. Pannofino descrive chiaramente la sequenza degli eventi, le sensazioni, e l’angoscia palpabile della scena.

L’attore resta una delle poche persone che hanno vissuto il sequestro da vicino e ha più volte richiamato l’attenzione sull’importanza di non dimenticare. Il suo ricordo serve quindi anche a mantenere viva la memoria storica di quei giorni bui, portando sotto i riflettori una vicenda che, non a caso, continua a dividere e a suscitare dibattiti tra storici, politici e cittadini.