Home Condannata a 9 anni per omicidio madre difesa da makka sulaev esclusa la legittima difesa dalla corte d’assise di torino

Condannata a 9 anni per omicidio madre difesa da makka sulaev esclusa la legittima difesa dalla corte d’assise di torino

La corte d’assise di Torino condanna Makka Sulaev a 9 anni e 4 mesi per l’omicidio del padre, escludendo la legittima difesa nonostante il contesto di violenze domestiche.

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La corte d’assise di Torino ha condannato Makka Sulaev a 9 anni e 4 mesi per aver ucciso il padre in un contesto di violenze domestiche, escludendo la legittima difesa nonostante le tensioni familiari documentate. - Unita.tv

La corte d’assise di Torino ha emesso un verdetto che ha sorpreso molti: Makka Sulaev, 19 anni, è stata condannata a 9 anni e 4 mesi per aver ucciso il padre. Il fatto risale al 1° marzo 2024 a Nizza Monferrato, dove la giovane ha colpito l’uomo con un coltello. Sulaev aveva agito, secondo la sua versione, per difendere la madre e i fratelli dalle violenze domestiche subite nel tempo. Eppure, la corte non ha riconosciuto la legittima difesa, condannandola per omicidio e applicando una pena superiore a quella chiesta dall’accusa.

La vicenda giudiziaria e il contesto familiare dietro il delitto

Il caso di makka sulaev si colloca in un contesto di violenze domestiche continuate, testimoniato da più fonti nel corso dell’indagine. Il padre, descritto come una persona con comportamenti aggressivi verso la moglie e i figli, rappresentava da tempo una minaccia per la famiglia. Non a caso, la difesa ha puntato tutto su questa situazione per giustificare l’azione di makka, definendola un atto di difesa immediata.

Dettagli dell’evento

Il 1° marzo 2024, durante un litigio particolarmente acceso, makka ha colpito il genitore, che è morto per le ferite da arma da taglio. I giudici hanno escluso la premeditazione, riconoscendo che non c’era un piano organizzato dietro l’omicidio. Allo stesso tempo però, non hanno valutato la situazione come legittima difesa, ritenendo che l’uso della violenza non fosse proporzionato o inevitabile.

Questa decisione ha riflettuto un equilibrio delicato e controverso: riconoscere le sofferenze della famiglia, ma giudicare con rigore l’atto di togliere la vita a una persona. Il procedimento si è sviluppato tra testimonianze, perizie e documenti che hanno evidenziato episodi di maltrattamento ma non hanno chiarito se la reazione di makka fosse l’unica possibile.

Il verdetto e le implicazioni processuali per makka sulaev

La condanna di makka sulaev a 9 anni e 4 mesi va oltre quanto richiesto dall’accusa, che aveva indicato 7 anni. Il tribunale ha concesso delle attenuanti, legate proprio al contesto familiare e alle tensioni accumulate. Nonostante questo, ha ritenuto necessario applicare una pena che corrispondesse alla gravità del gesto.

Nonostante la sentenza di condanna, makka non sarà tradotta in carcere. La misura degli arresti domiciliari, che era stata disposta in fase cautelare, è stata sostituita con l’obbligo di firma presso la caserma dei carabinieri a Nizza Monferrato, con esclusione del fine settimana. La ragazza quindi potrà vivere fuori dalla detenzione mentre si valutano eventuali ricorsi.

La situazione processuale rimane aperta: ci sono tre gradi di giudizio e sarà possibile presentare appello. I legali di makka, finora, non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali sul verdetto. Resta viva l’attenzione sulla linea tra responsabilità penale e circostanze di difesa in situazioni familiari complicate.

Raffronto con altri casi simili di cronaca giudiziaria

Questa vicenda richiama altri casi noti in Italia, come quello di Alex Cotoia, che nel 2020 uccise il padre violento. Nel suo processo, ricco di passaggi e approfondimenti, venne alla fine assolto perché la corte riconobbe la situazione di pericolo e la legittima difesa. La somiglianza è nel contesto di violenze domestiche che portano a gesti estremi.

Il confronto mostra quanto sia difficile tracciare un confine chiaro tra un’azione difensiva e un omicidio. I tribunali si trovano spesso a dover pesare episodi di violenza vissuti in famiglia, risposte improvvise e la vita tolta con un’arma. Non si tratta di questioni facili, anche per chi ha il compito di giudicare.

Nel caso di makka sulaev, la corte ha preferito una linea severa, sottolineando la responsabilità penale nonostante le condizioni familiari. Le reazioni di avvocati e pubblici ministeri hanno evidenziato come ogni illustrazione del caso sia stata complessa, con interpreti diversi sulle motivazioni di quel tragico evento.

Le posizioni del pm, della difesa e la reazione alla sentenza

Durante la requisitoria, il pm ha riconosciuto che la situazione vissuta da makka era drammatica e difficile, segnata da tensioni e sofferenze. Questo però non ha escluso che la giovane fosse responsabile dell’omicidio. La linea del pubblico ministero è stata confermata dalla corte con la condanna.

L’avvocato difensore si era invece battuto per un’assoluzione, sostenendo la legittima difesa come la ragione principale del gesto. Dopo il verdetto, l’avvocato ha espresso sorpresa per l’esclusione di questa causa di giustificazione, specie alla luce dei fatti documentati durante il processo.

La sentenza ha acceso un dibattito rispetto al modo in cui la giustizia considera casi di violenza domestica. Quel 1° marzo a Nizza Monferrato ha segnato un dramma familiare che ha diviso la strada del diritto tra condanna e clemenza, tenendo viva la discussione su come interpretare azioni dettate da paura e pressione in famiglia.