La legge elettorale e le preferenze: tra distorsioni e possibili cambiamenti nel 2025

Il dibattito sulla legge elettorale italiana si intensifica, con Giorgia Meloni e Matteo Renzi che propongono il ritorno alle preferenze per migliorare la rappresentatività e il legame tra candidati ed elettori.
L'articolo analizza le criticità del Rosatellum e il dibattito in corso sulla possibile reintroduzione del voto di preferenza nella legge elettorale italiana, evidenziando le implicazioni per la rappresentatività, i partiti e il rapporto tra candidati ed elettori. - Unita.tv

La questione della legge elettorale italiana continua a essere al centro del dibattito politico, con numerosi problemi che emergono nel sistema attuale. Il Rosatellum, adottato negli ultimi anni, ha generato risultati spesso imprevedibili, mettendo a rischio la chiarezza e la rappresentatività del voto. Diverse forze politiche stanno ora discutendo possibili modifiche, soprattutto sul ritorno delle preferenze, che potrebbe rimettere in gioco il rapporto diretto tra candidati e elettori.

Il caos dei collegi elettorali e l’incertezza per i candidati

Il sistema dei collegi previsti dal Rosatellum non garantisce una elezione trasparente e lineare. Molti candidati scoprono soltanto dopo le votazioni di essere stati eletti, nonostante abbiano ottenuto un numero di preferenze superiore a colleghi esclusi in apparente contropiede. Questo fenomeno crea confusione anche tra gli elettori, perché il meccanismo non premia necessariamente chi ha più voti personali ma spesso chi si trova in posizioni strategiche sui simboli di partito.

Il ruolo delle commissioni elettorali e il peso di pochi voti

Il problema si acuisce nelle commissioni chiamate a validare le elezioni, dove pochi voti possono fare la differenza tra eleggere uno o un altro candidato. In certi collegi, infatti, una manciata di voti—anche meno di dieci—può ribaltare il risultato, complicando ulteriormente la certezza del diritto e sollevando dubbi sulle modalità con cui si assegnano i seggi. Tali situazioni gettano un’ombra sulle consultazioni e alimentano tensioni tra maggioranza e opposizione.

Le spinte di meloni e renzi verso il ritorno alle preferenze

Di fronte a queste anomalie, si registra una nuova apertura nei confronti del ritorno alle preferenze. Giorgia Meloni, stimolata da Matteo Renzi, ha espresso disponibilità a rivedere la legge elettorale, includendo la possibilità di riconoscere il voto di preferenza. “Questo cambiamento avrebbe ripercussioni profonde sulle dinamiche interne dei partiti.”

Molti dirigenti nazionali – eccetto alcuni come Elly Schlein – hanno perso contatto con il territorio. Le candidature sono spesso decise a Roma, senza un reale legame con gli elettori locali. Con le preferenze, invece, si riaccenderebbe il confronto diretto tra candidati e cittadini, penalizzando chi punta solo al simbolo e alla chiusura delle liste. Sarebbe una tornata difficile per quei dirigenti che hanno costruito il successo politico lontano dal territorio, perché la scelta degli eletti tornerebbe più legata al consenso reale.

Da de luca a orlando, le sfide dei partiti nei territori

Il dibattito sull’elezione basata sulle preferenze si riflette in varie regioni, con casi emblematici come Vincenzo De Luca in Campania o le scelte di Dario Orlando in Liguria. In Puglia, dove la politica locale è molto radicata, il confronto tra vertici nazionali e realtà territoriali si fa sentire con forza.

Il controllo dei simboli di partito e la gestione delle liste rimane la leva principale per molti leader nazionali. Questo sistema consente di candidare persone spesso catapultate in collegi nei quali non hanno una presenza solida, creando un gruppo di parlamentari con scarsa connessione diretta con gli elettori. Il ritorno alle preferenze metterebbe in discussione questo sistema, spingendo verso una rappresentanza più aderente alle comunità locali.

Le preferenze come sfida per il modello di partito attuale

Tornare alle preferenze significherebbe tornare a un tipo di partito più simile a quelli pre-1992. All’epoca, il contatto diretto con gli elettori era un elemento essenziale per costruire consenso. Secondo alcune letture, la fine di quei sistemi ha portato alla nascita di partiti lontani dalle basi, senza una struttura di riferimento reale nel territorio.

Massimo D’Alema ha sottolineato che la rottura con i partiti di tipo apparato ha creato movimenti senza radici profonde, incapaci di instaurare un rapporto consolidato con gli elettori. Senza l’azione di coinvolgimento diretto, nemmeno virtuale, i partiti rischiano di restare a guardare, privi di concrete azioni di coinvolgimento della base. In questo senso, le preferenze potrebbero rappresentare una occasione per rafforzare i legami, anche se restano dubbi su chi sarebbe pronto ad affrontare questa trasformazione.

Effetti sulle strutture dei partiti

Le preferenze porterebbero a un cambiamento significativo nella selezione dei candidati e nella gestione delle liste, obbligando i partiti ad adattarsi a una maggiore partecipazione della base elettorale.

I rischi e le opportunità del voto di preferenza oggi

Uno dei timori più evidenti riguarda la possibilità che persone senza radicamento politico tradizionale, ma molto seguite sui social, possano travolgere le candidature più classiche. Influencer e giovani volti popolari potrebbero ottenere preferenze semplicemente per la loro visibilità online, sfidando leader più esperti ma meno noti.

Questo scenario, seppure rischioso, potrebbe rappresentare una svolta nel modo in cui la democrazia italiana si confronta con i cittadini. Alcuni esponenti di sinistra vedono nella reintroduzione delle preferenze un potenziale per avvicinare davvero il partito alla gente, anche se questo significherebbe modificare profondamente la struttura dei gruppi dirigenti e le modalità di selezione dei candidati.

Chi governa oggi le forze politiche preferirebbe mantenere un sistema in cui la leadership controlla le liste e indirizza in modo sicuro le scelte, evitando passaggi aperti e incerte. La sfida del voto di preferenza si presenta quindi come un banco di prova per la democrazia rappresentativa e per la relazione tra elettori e partiti. Le decisioni che verranno prese potranno segnare la direzione della politica italiana nei prossimi anni.