la francia punta a espandere la sua influenza in siria mentre israele e turchia consolidano le loro posizioni

La Francia rafforza la sua presenza in Siria attraverso alleanze strategiche, mentre Israele e Turchia gestiscono tensioni territoriali. Gli Stati Uniti riducono l’impegno militare, mantenendo basi chiave nella regione.
L'articolo analizza le dinamiche geopolitiche in Siria e Medio Oriente, evidenziando il rafforzamento della presenza francese, la riduzione ma mantenimento di posizioni strategiche americane, e il ruolo di Israele e Turchia, nel contesto di tensioni regionali e interessi incrociati. - Unita.tv

Il Medio Oriente continua a registrare movimenti strategici e dinamiche complesse intorno alla Siria. La Francia prova a rafforzare la sua presenza economica e politica, cercando alleanze tra i paesi del Golfo e puntando sugli sviluppi nella regione curda. Nel frattempo, Israele e Turchia controllano aree chiave sul territorio siriano, con un occhio alla situazione interna di comunità come i drusi e i curdi. Sullo sfondo, gli Stati Uniti riducono la loro presenza militare, ma mantengono basi strategiche, lasciando spazio a nuovi attori che provano a ritagliarsi un ruolo nell’assetto futuro di Damasco.

La francia rilancia la sua presenza economica e politica in siria

Nei primi mesi del 2025 la Francia ha riconfermato un importante contratto per la gestione del porto di Latakia, la principale porta commerciale siriana sul Mediterraneo. Il rinnovo di questo accordo – che durerà trent’anni – segna un tentativo di Parigi di riaffermarsi nel sistema economico della Siria, proprio mentre Washington riduce i suoi impegni militari e politici sulla scena mediorientale. Il porto di Latakia rappresenta un nodo fondamentale per il commercio della regione e per gli interessi francesi nel bacino mediterraneo.

Rafforzamento delle relazioni con al sharaa

La relazione tra la Francia e il leader siriano Al Sharaa si è intensificata di recente. Al Sharaa ha cercato il sostegno politico ed economico di Parigi, presentando le sue istanze soprattutto in vista delle sanzioni europee che continuano a pesare sull’economia siriana. L’incontro con Macron ha visto la richiesta di un allentamento delle restrizioni e un’apertura verso relazioni più strette con gli stati arabi del Golfo, in particolare con Bahrein, Arabia Saudita, Emirate e Qatar.

Questo giro di incontri e accordi conferma che la Francia punta a sostituire, almeno in parte, il ruolo che Mosca ha perso a causa delle crescenti pressioni internazionali e delle difficoltà nel mantenere una presenza marittima solida lungo la costa siriana. L’attenzione di Parigi si concentra anche sulla regione curda, dove cerca di capire quale sarà il futuro assetto già ribadendo l’importanza di una Siria unita, stabilizzando però l’area con una soluzione che preveda una certa autonomia.

Gli stati uniti riducono la presenza, ma mantengono posizioni chiave

Gli Stati Uniti hanno scelto di ridimensionare la loro presenza in Siria, soprattutto dopo anni di impegno militare contro l’ISIS e per la stabilizzazione del territorio. Si concentrano nelle zone con grandi giacimenti petroliferi e nel nodo strategico al confine tra Irak, Giordania e Siria, dove dispone di una base militare importante. La riduzione interessa però il numero di truppe, non l’abbandono totale.

Washington lascia così spazio agli europei, dando “carta bianca” alla Francia per prendere maggiore parte nel dossier siriano. Questo cambiamento sembra confermare la tendenza a limitare l’impegno diretto e a preferire un ruolo di supporto più indiretto da parte americana. La presenza resta comunque cruciale per garantire il controllo di risorse energetiche e influenzare la stabilità della zona.

Il presidente degli Stati Uniti viaggerà nelle prossime settimane nel Medio Oriente, con appuntamenti previsti in Arabia Saudita, Emirate, Qatar. Non è chiaro se riuscirà a incontrare Al Sharaa, ma il viaggio testimonia comunque l’interesse a tenere legami politici solidi. Al Sharaa ha allargato la sua sfera diplomatica partecipando persino a visite in Bahrein, segno che le relazioni con il mondo arabo si intensificano.

Israele e turchia gestiscono la loro presenza tra accordi e tensioni

Tel Aviv e Ankara rimangono due attori fondamentali sul territorio siriano. Gli Stati Uniti hanno chiesto a entrambi di discutere per dividere tra loro l’influenza nel paese e cercare un’intesa che mantenga la Siria sovrana e unificata almeno sulla carta. Le delegazioni si sono incontrate in Azerbaijan, discutendo questioni di sicurezza e controllo territoriale.

La gestione della comunità drusa

Israele gioca una partita complessa attorno alla comunità dei drusi, che considera strategica. Ha attivato una serie di iniziative, quali l’apertura di dispensari medici nei villaggi siriani e la mobilità facilitata per i leader religiosi drusi israeliani, favorendo così legami con i drusi siriani. Questo intervento ha un valore politico e simbolico, tendendo a rafforzare la presenza israeliana sul confine.

Nel nord della Siria, la situazione curda rimane particolarmente complicata. I curdi prima avevano raggiunto un accordo con il governo di Al Sharaa, ma ora chiedono uno stato federale con autonomie regionali definite. Israele ha sempre mostrato simpatia per i curdi, ritenuti un alleato utile contro altri attori regionali. La Turchia però respinge con decisione questa prospettiva e continua le sue operazioni militari nelle zone curde, anche a quelle posizioni già prese dentro la Siria.

Le discussioni tra Israele e Turchia riguardano anche la presenza militare turca a Idlib. Israele preferisce evitare basi turche lungo il confine nord con Irak, proponendo invece un corridoio di controllo che coinvolga le aree druse e curde, per limitare il territorio effettivamente governato da Damasco. Sullo sfondo, l’irrigidimento delle misure di sicurezza ha portato a episodi di violenza, in particolare attacchi contro drusi nei sobborghi di Damasco.

La situazione del libano si conferma un nodo critico tra israele e hezbollah

Il Libano resta un terreno di scontro aperto. Israele continua a bombardare il sud del paese, specialmente le zone di confine dove si trovano insediamenti sciiti. Questi attacchi impediscono a molte famiglie di tornare nei loro villaggi, generando malcontento e tensioni sociali. La questione ha effetti diretti anche sulla stabilità interna, con segmenti della comunità sciita che osservano con crescente sospetto la gestione del confine.

La situazione appare bloccata anche sul fronte del disarmo di Hezbollah. Alcuni rappresentanti del movimento sciita hanno confermato il ritiro di armi a sud del fiume Litani, ma Israele continua a condurre azioni militari e a distruggere infrastrutture. Il governo libanese reclama un impegno maggiore per garantire la difesa del territorio da parte dell’esercito, e chiede che il disarmo di Hezbollah venga portato a termine per consentire a forze di stato di resistere a eventuali attacchi.

Gli Stati Uniti stanno valutando di cambiare personale diplomatico a Beirut. La loro rappresentante Morgan Ortagus, inviata da Trump, ha avuto un rapporto difficile con le autorità locali, suscitando critiche. Anche la presidenza libanese ha segnalato la necessità di una linea più rispettosa e costruttiva. Nonostante questo, gli americani continuano a sostenere gli interventi israeliani, mantenendo un atteggiamento di sostegno in un quadro di relazioni tese.

Rapporti tra stati uniti e israele mostrano contrasti su dossier internazionali

Il legame tra Washington e Tel Aviv presenta segnali di tensione, pur restando saldo nelle grandi linee. Il caso Yemen è uno degli episodi più recenti: gli Stati Uniti hanno frenato le operazioni militari contro gli Houthi, nonostante la minaccia di attacchi contro navi israeliane nel Mar Rosso continui. Con l’Iran, poi, si registra una maggiore cautela da parte di Washington.

Israele si mostra irritato da queste prese di posizione, percependole come mosse americane che prima tutelano gli interessi statunitensi e solo dopo quelli israeliani. Tuttavia, i rapporti istituzionali non sembrano destinati a interrompersi. L’accordo tra Netanyahu e gli Stati Uniti, in particolare sotto l’amministrazione Biden, conferma la continuità, anche se con qualche frizione.

Mentre il presidente americano prepara il viaggio nel Medio Oriente e il vertice della Lega Araba a Baghdad entra nel vivo, si attendono sviluppi sui dossier critici. La presenza di Al Sharaa nella lista di persone ricercate in Iraq aggiunge tensione, con timori di blocchi ai confini, anche se al momento appaiono limitati. Sullo sfondo resta il ruolo di vari attori internazionali in una regione attraversata da molteplici conflitti e interessi incrociati.