
Un flash mob e oltre 400 firme chiedono il reintegro di una maschera licenziata dal Teatro alla Scala dopo aver protestato con la frase "Palestina libera" durante un evento ufficiale. - Unita.tv
Un gruppo di lavoratori e sostenitori ha organizzato un flash mob e raccolto oltre 400 firme per chiedere il reintegro di una maschera licenziata dal teatro alla scala dopo aver fatto una protesta durante un evento. La giovane, di 24 anni, aveva urlato “Palestina libera” durante la serata del 4 maggio, scatenando reazioni immediate e la decisione della direzione del teatro di non rinnovare il suo contratto a tempo determinato. La mobilitazione è fissata per le 12.30 presso i laboratori ex Ansaldo del Piermarini, in via Bergognone.
La protesta della giovane maschera e la decisione del teatro
La sera del 4 maggio, durante un concerto organizzato dall’Asian Development Bank e dal Ministero dell’Economia, la maschera ha scelto di manifestare la propria posizione politica urlando “Palestina libera”. L’evento si teneva alla scala e aveva tra i suoi spettatori la premier Giorgia Meloni, appena entrata nel palco reale. Secondo la direzione del teatro, la dipendente ha violato le regole interne, spostandosi senza permesso dalla propria postazione nella seconda galleria alla prima, oltre a tentare di srotolare uno striscione proprio mentre iniziava lo spettacolo.
Reazioni e valutazioni della scala
La scala ha ritenuto che queste azioni costituissero una mancanza di rispetto dei doveri legati al ruolo lavorativo e abbiano interrotto l’ordine all’interno del teatro, costringendo alla presenza di agenti in borghese che sono intervenuti per sedare la situazione. Il contratto della maschera con il teatro era a tempo determinato fino a ottobre, con rinnovo automatico previsto per gli studenti universitari in regola con gli esami. La decisione di non rinnovare è stata formalizzata a seguito di questi fatti, scatenando il dissenso fra colleghi e sostenitori.
La petizione e il sostegno dei colleghi
La richiesta di reintegro della giovane maschera ha raccolto centinaia di adesioni, soprattutto tra i colleghi, molti dei quali hanno firmato una petizione promossa dal sindacato Cub, cui la lavoratrice si è rivolta per assistenza. La campagna ha preso forma nelle ultime settimane, spingendo per un ripensamento della decisione del teatro. Il sindacato sottolinea che la protesta era un atto di libertà di espressione e che la reazione del teatro appare sproporzionata rispetto a quanto successo.
Posizione della direzione della scala
Nonostante l’ampio sostegno, i vertici della scala mantengono ferma la propria posizione. Al momento, nessuna trattativa sembra in corso per modificare la decisione, che resta definitiva secondo la direzione. La vicenda ha acceso un dibattito sugli spazi consentiti per manifestazioni politiche da parte dei lavoratori all’interno di ambienti culturali e istituzionali.
Iniziative solidali per la popolazione di gaza e idee per raccolte fondi
Nonostante il caso controverso, il teatro della scala non intende rinunciare a sostenere la causa palestinese. È allo studio l’ipotesi di utilizzare alcune prove generali, che normalmente sono aperte a parenti e amici degli artisti, per trasformarle in eventi a pagamento. Questi spettacoli avrebbero lo scopo di raccogliere fondi da destinare alla ricostruzione delle aree colpite dai bombardamenti, in particolare per il Conservatorio palestinese, gravemente danneggiato.
Possibili collaborazioni e obiettivi
Si valuta anche la possibilità di coinvolgere il maestro Daniel Barenboim, già direttore musicale del teatro e fondatore dell’orchestra West Eastern Divan. Quest’ultima unisce musicisti di diverse origini mediorientali. L’idea è organizzare una serata speciale capace di unire arte e impegno civile, offrendo una voce a chi in quel territorio sta subendo conseguenze pesanti. L’iniziativa potrebbe diventare un nuovo modo di esprimere solidarietà dal palco, senza rinunciare anche al rigore necessario nei confronti dei lavoratori.