Negli ultimi mesi si è diffusa molta confusione sulla sicurezza delle chat di WhatsApp. A scatenarla sono state alcune notizie circolate su social e in chat private, dove si parlava di un obbligo per gli amministratori di gruppi di attivare una “privacy avanzata” per difendersi da intelligenze artificiali capaci, si diceva, di leggere legalmente messaggi, numeri di telefono e dati personali degli utenti. Queste voci hanno creato allarmi ingiustificati, tanto che diverse piattaforme di fact-checking sono dovute intervenire per chiarire cosa protegge davvero le nostre conversazioni.
Whatsapp protegge i messaggi con la crittografia end-to-end dal 2016
Partiamo da un fatto certo: WhatsApp usa la crittografia end-to-end da anni, una tecnologia che impedisce a chiunque – tranne chi partecipa alla chat – di leggere i messaggi. Dal 2016 tutti gli utenti sono coperti da questo sistema. In pratica, nessuna intelligenza artificiale, nemmeno quelle di Meta, può accedere ai contenuti delle chat, che siano private o di gruppo. La crittografia blocca chiunque cerchi di spiare testi, file o numeri di telefono. Quindi l’idea che le IA possano leggere legalmente i messaggi è priva di fondamento.
L’ipotesi che “sistemi di intelligenza artificiale” possano sbirciare nelle chat private non ha basi né tecniche né legali. Oggi come allora, solo mittente e destinatario vedono le conversazioni, senza alcun intervento esterno. Questo vale per ogni tipo di chat, dal singolo al gruppo. La confusione nasce da informazioni errate che hanno spinto gli utenti a cercare funzioni di “privacy avanzata” inesistenti per fermare presunte IA spione.
“Privacy Avanzata”: cosa è davvero e a cosa serve
La funzione chiamata “privacy avanzata” esiste davvero, ma non è come la si descrive in giro. Meta l’ha introdotta tra il 2024 e il 2025 per limitare alcune funzioni di intelligenza artificiale integrate nelle chat, non per bloccare un accesso ai messaggi che semplicemente non c’è. In pratica, questa opzione impedisce di esportare i contenuti delle chat e disattiva strumenti di IA che possono riepilogare conversazioni, creare immagini o offrire suggerimenti automatici con comandi come “@Meta AI”.
Questo serve soprattutto in contesti delicati, come gruppi di supporto o comunità, dove non si vuole che un assistente automatico intervenga sui messaggi. Però si tratta di funzioni che lavorano solo se l’utente lo richiede, non di un sistema che legge le chat di nascosto. Quindi “privacy avanzata” significa più controllo sui contenuti, ma non una barriera contro IA aggressive o “curiose”. Tutto resta sotto controllo, senza violazioni della privacy.
Meta usa dati pubblici per addestrare le IA, ma Whatsapp resta fuori
L’allarme è aumentato dopo che Meta ha annunciato di usare dati pubblici degli utenti europei per addestrare le sue intelligenze artificiali. Ma questi dati vengono solo da Facebook, Messenger e Instagram, non da WhatsApp. Come detto, i messaggi su WhatsApp sono privati e protetti, quindi non sono accessibili per addestrare alcuna IA.
Nonostante questo, la notizia ha alimentato preoccupazioni, anche perché a giugno 2025 Meta ha reso pubbliche alcune conversazioni di utenti americani con il suo assistente Meta AI, attirando ancora più attenzione sulle pratiche dell’azienda. Resta però chiaro che WhatsApp usa solo dati pubblici, cioè contenuti visibili a tutti, mentre le chat private sono blindate.
Questa differenza tra dati pubblici e privati è fondamentale per capire cosa succede davvero sulle piattaforme. Le chat private, per definizione, sono protette da qualsiasi accesso non autorizzato.
Meta AI su Whatsapp: come funziona e come tutela i dati
Meta AI è arrivata su WhatsApp a marzo 2025, ma funziona solo se gli utenti la chiamano in causa. Quando qualcuno manda un messaggio a Meta AI, tutto viene processato in un ambiente cloud criptato e isolato, a cui neanche Meta può accedere. Una volta finito, i dati usati spariscono per sempre.
Nessuno è obbligato a usare Meta AI. L’assistente entra in gioco solo se viene richiamato esplicitamente, per esempio con un comando come “@Meta AI”. Così gli utenti scelgono se interagire o no, senza rischiare intrusioni silenziose. WhatsApp ha anche introdotto una funzione chiamata “Ask Meta AI”, che permette di segnalare messaggi sospetti al chatbot per verificarne la veridicità direttamente nell’app. Questo aiuta a combattere la disinformazione, senza uscire dalla piattaforma e senza censura automatica.
In sintesi, queste caratteristiche rafforzano la tutela della privacy nelle chat digitali e mantengono separate le funzioni di intelligenza artificiale dai dati privati degli utenti. Meta AI è gestita in modo trasparente e rispetta la crittografia e le scelte di chi usa WhatsApp.
Ultimo aggiornamento il 25 Agosto 2025 da Giulia Rinaldi