Il dibattito intorno all’intelligenza artificiale attraversa oggi non solo il mondo della tecnica, ma anche la filosofia e la cultura contemporanea. Maurizio Ferraris, tra i filosofi italiani più noti, ha dedicato al tema un volume corposo, che ripercorre le implicazioni del pensiero umano in relazione alle macchine intelligenti. Il suo libro, “La pelle. Che cosa significa pensare nell’epoca dell’intelligenza artificiale”, propone una visione che si basa sull’incarnazione del pensiero nel corpo umano, sottolineando i limiti della macchina nella riproduzione di questa esperienza.
I limiti dell’intelligenza artificiale secondo ferraris
Nel suo libro Ferraris elenca tre punti essenziali per comprendere perché l’intelligenza artificiale non possa essere equiparata alla mente umana. Primo, l’intelligenza è parziale: interessa solo quella frazione del pensiero che esegue calcoli e ragionamenti logici, ma non coglie l’interezza dell’attività mentale. Secondo, il pensiero umano non è rivolto unicamente alla conoscenza teorica, ma svolge una funzione soprattutto pratica, legata alla vita reale e alle esigenze concrete del corpo.
Terzo, e forse più rilevante, c’è la questione dell’iniziativa e della volontà, che hanno origine nella condizione corporea. Paure, speranze, desideri nascono dall’essere corporeo, elemento totalmente assente nelle macchine. Questo impedisce ai sistemi artificiali di “pensare” nel senso umano del termine, cioè come espressione di una volontà e di un’esperienza vivente. Ferraris sottolinea quindi che le macchine non possono desiderare, avere paura o inventare una bugia con reale intenzione.
La struttura e lo stile del libro e le critiche di eccesso
Il volume di Ferraris si presenta complesso e ricco di digressioni. Il filosofo offre rimandi continui, una parte erudita e numerose ripetizioni sul tema dell’intelligenza artificiale, che rendono la lettura impegnativa. Critici e alcuni lettori potrebbero percepire l’opera come un’esposizione prolissa, dove certi concetti avrebbero potuto trovare spazio anche in un articolo o in saggi più brevi.
Il modello accademico contemporaneo tende spesso alla produzione di testi lunghi e articolati, con la conseguenza di appesantire la fruizione in punti dove poche pagine potrebbero bastare. La riflessione di Ferraris si colloca in questo contesto, con un’attenzione dettagliata alle fonti e alle note bibliografiche. Non mancano, tuttavia, momenti in cui l’autore torna sugli stessi concetti seguendo curve di pensiero che possono apparire poco stringate.
Il corpo e la pelle come centro del pensiero umano
Maurizio Ferraris parte da un’idea chiave: la pelle, e attraverso essa il corpo intero, funge da organo cognitivo e percettivo indispensabile alla funzione del pensiero. Non si tratta solo di calcoli o logica, ma di un’esperienza incarnata che coinvolge volontà, sensibilità, emozioni e azione. Il pensiero umano non vive isolato come mera manipolazione di dati, ma si radica nel corpo che cresce, si ammala, si riproduce, in un ciclo vitale che differenzia la mente umana dalla macchina.
Questa prospettiva critica la visione riduttiva che identifica l’intelligenza solo con la capacità computazionale o l’elaborazione algoritmica. Per Ferraris, l’assenza di corpo fa cadere alcune fondamenta del pensiero: senza pelle che connette, senza organismi vivi, la macchina rimane un’entità priva di impulso vitale, priva di quegli elementi pratici che muovono il pensiero umano in direzioni altre rispetto al semplice calcolo logico. La pelle diventa così simbolo concreto di radicamento materiale delle nostre facoltà mentali.
Ferraris e il rifiuto degli aspetti spirituali nell’intelligenza artificiale
La posizione del filosofo si distingue anche per il rifiuto netto di elementi spirituali o metafisici nel confronto con le macchine. Ferraris evita ogni invocazione di anime o entità sovrannaturali, concentrandosi invece su un’analisi materiale e incarnata. La “pelle” come metafora del legame tra corpo e mente rimarca una ferma distanza dall’idea che l’intelligenza artificiale possa ospitare un’anima o una coscienza oltre la mera esecuzione di compiti.
Questo approccio disinnesca qualsiasi possibile strumentalizzazione di temi religiosi o spiritualisti nel discorso sull’AI. Lungi da interpretazioni fantasiose, Ferraris si mantiene nel campo della filosofia materialistica, dove il pensiero si genera solo in relazione con il corpo vivo e non con entità immateriali. La sensibilità e la volontà diventano quindi tronconi imprescindibili del pensiero, inaccessibili alle macchine.
Il libro di Ferraris infine evidenzia terminologie e punti di vista peculiari: le macchine non sognano, non inventano bugie, non posseggono desideri o paure reali. Le capacità che l’intelligenza artificiale offre oggi non rendono queste entità paragonabili all’umano, almeno fin quando non si comprendano tutti gli elementi materiali che sostengono il pensiero.
L’opera rappresenta quindi un contributo importante per riflettere sul confine tra uomo e macchina, sul ruolo del corpo nel pensare e sulle differenze fondamentali tra inteligencia naturale e artificiale, ancora irrisolte.