L’intelligenza artificiale è al centro del dibattito politico ed economico in Europa, con il Parlamento italiano che si confronta su come gestire questa tecnologia in rapida crescita. Mentre oltre 100 multinazionali europee chiedono di sospendere l’iter dell’AI Act, la legge che dovrebbe regolamentare lo sviluppo dell’AI nel continente, esperti come il professor Luciano Floridi invitano a non fermare questo processo. L’obiettivo è costruire un futuro dove l’Europa possa competere con Stati Uniti e Cina grazie a una AI open source conforme alle normative, capace di sostenere le imprese soprattutto quelle piccole e medie.
Lo stato attuale della normativa europea sull’intelligenza artificiale
La proposta di sospendere l’AI Act europeo ha sollevato molte discussioni. Il professor Luciano Floridi ha chiarito che “bloccare questa legge sarebbe controproducente”: la normativa è stata approvata proprio per rispondere alle esigenze poste dalla velocità con cui avanza la tecnologia AI. Interrompere ora significherebbe rinunciare a un vantaggio competitivo importante. Il testo legislativo può essere migliorato ma va implementato senza ritardi.
Ruolo chiave della legge per innovazione e affidabilità
Il punto chiave riguarda il ruolo della legge come strumento per offrire certezze agli operatori economici, creando così un terreno stabile dove innovazione e affidabilità possono coesistere. La sfida non è solo tecnica o commerciale ma anche politica: “serve una strategia chiara da parte dei governi europei per far sì che la regolamentazione diventi elemento distintivo sul piano internazionale.”
Le possibilità future dell’europa nel campo dell’intelligenza artificiale
L’Europa potrebbe distinguersi proponendo una AI “made in EU” basata su software open source accessibile a tutti gli imprenditori europei, specialmente le PMI. Questo modello si differenzierebbe nettamente dalle strategie adottate da altri paesi: gli Stati Uniti puntano su sistemi chiusi e costosi mentre la Cina offre soluzioni gratuite ma meno affidabili.
Una terza via per l’intelligenza artificiale
Un progetto europeo dovrebbe combinare apertura del codice sorgente con elevati standard qualitativi garantiti dall’allineamento all’AI Act . In questo modo si potrebbe conquistare fiducia globale proponendo “una terza via trasparente ed equilibrata tra controllo normativo e libertà d’impresa.”
Per realizzare tutto ciò occorre superare visioni generiche sulla presenza dello Stato nell’ambito tecnologico; bisogna invece definire ruoli precisi rispetto allo sviluppo industriale senza soffocarlo ma garantendo protezione sociale ed ambientale.
Ruolo dello stato nella gestione delle nuove tecnologie intelligenti
In economia sana il mercato crea ricchezza mentre allo Stato spetta assicurarsi che tale ricchezza sia distribuita equamente senza danni collaterali alla società o all’ambiente. Perciò lo Stato non deve sostituirsi al mercato nella produzione tecnologica ma intervenire laddove emergono rischi reali legati all’intelligenza artificiale.
Questi rischi includono concentrazione di poteri forti, asimmetrie informative fra cittadini ed aziende, impatti sociali negativi, pressioni sull’ambiente naturale e squilibri geopolitici crescenti dovuti alla diffusione incontrollata della tecnologia stessa.
La funzione pubblica consiste quindi nel regolare questi aspetti tutelando i diritti fondamentali dei cittadini attraverso norme chiare ed efficaci; questo richiede però “visione politica forte sul tipo di innovazione da promuovere o limitare.”
L’Unione Europea deve passare dall’approccio difensivo verso uno più propositivo: oltre ai vincoli servono indirizzi precisi per orientare investimenti pubblici verso forme d’intelligenza artificiale sostenibili sotto ogni profilo.
Competizione globale: europa tra stati uniti e cina nell’arena dell’intelligenza artificiale
Gli Stati Uniti dominano ancora gran parte degli investimenti globali sull’AI concentrandone circa l’80%, seguiti dalla Cina che punta su modelli aperti meno controllati dal punto di vista normativo.
In questo scenario europeo serve costruire un’alternativa credibile capace sia di competere sul piano tecnico – offrendo modelli open source avanzati – sia sotto quello legislativo attraverso normative rigorose .
Se riuscisse in questa impresa potrebbe attrarre clienti internazionali dal Brasile al Giappone fino all’Africa del Sud interessati ad acquistare prodotti affidabili sotto ogni aspetto.
Questo modello richiama esempi concreti come Airbus nell’aerospazio dove Europa ha saputo proporre alternative valide ai giganti americani pur mantenendo unità industriale interna coerente.
Senza scelte condivise però resteremo dipendenti dai due poli principali oppure costretti a svilupparci frammentariamente rischiano così isolamento tecnologico difficile da superare poi sul mercato globale.
Ostacoli politici alla nascita di una vera intelligenza artificiale europea
Nonostante capacità tecniche ed economiche adeguate, Europa stenta ancora ad affermarsi perché manca coordinamento politico forte.
Le resistenze nazionali sono evidenti soprattutto nei paesi più grandi come Francia o Germania preoccupate per i propri campioni nazionali incapaci però oggi davvero di scalzare concorrenti globalmente affermati.
Il costo reale necessario per sviluppare insieme piattaforme comuni resterebbe contenuto rispetto alle risorse complessive disponibili nella UE; dunque non si tratta tanto di fondi quanto piuttosto della volontà politica mancante.
Manca cioè qualcuno disposto ad assumersi responsabilità precise sulla creazione concreta dell’intelligenza artificiale europea, qualcuno consapevole del peso strategico del tema.
Anche startup molto piccole riescono già oggi a mettere insieme prodotti validissimi usando dati europei ben strutturati disponibili presso università, enti statistici, istituti culturali.
Il problema resta quindi organizzativo-politico più che tecnico-economico.
Iniziative italiane concrete nel settore intelligenza artificiale
Tra i segnali positivi arriva dalla collaborazione Fastweb+Vodafone presentata pochi mesi fa: hanno messo online FastwebAI Suite, software basato su intelligenze artificiali generative rivolto principalmente ad aziende pubbliche e amministrazioni italiane.
Al centro c’è Miia, modello linguistico open source addestrato esclusivamente sui dati italiani tramite supercomputer Nvidia situato presso Bergamo.
Per creare Miia sono state coinvolte realtà diverse: editor Bignami Mondadori, istituti Istat, università Sapienza Roma, Bicocca Bari, Cineca, Senato Italiano, fornitori documentazioni pubbliche utilissime.
Questo esempio mostra chiaramente quanto ci siano soggetti prontissimi ad investire seriamente sulle potenzialità locali evitando dipendenze esterne.
Se anche altri gruppi simili entreranno in gioco sarà possibile pensare l’Italia protagonista almeno nel contesto europeo ampliando ambizioni oltre confini nazionali.
Questa esperienza dimostra inoltre cosa significhi lavorar bene integrando pubblico-privato partecipando attivamente alla costruzione futura dell’intelligence digitale made in Europe.
Evoluzione legislativa negli stati uniti sull’intelligenza artificiale
Negli USA emerge uno scenario differente rispetto all’approccio comunitario: qui ogni singolo stato mantiene ampia autonomia legislativa anche sulle tematiche digitali compresa intelligenza artificiale.
Recentemente il Senato ha respinto tentativi federali volti centralizzare normativa a livello nazionale impedendo così legiferazioni autonome statali riguardo copyright, privacy, impatto ambientale, sociale eccetera.
Questo sistema genera mosaici normativi variegati, ognuno specifico secondo territori locali; Colorado, Connecticut, California sono alcuni esempi già attivi.
Se da una parte ciò favorisce adattamenti mirati bisogna considerarne limiti quali complessità burocratica, difficoltà operativa soprattutto per imprese multinazionali.
Nel confronto internazionale invece Europa punta proprio sulla coesione normativa unica quale valore aggiunto fondamentale specie quando si parla d’imprese transnazionali presenti ovunque.
Una piattaforma AI europea aperta, trasparente, conforme agli standard recentissimi rappresenta dunque elemento competitivo notevole capace attirare il favore mondiale specie dei Paesi terzi desiderosi sicurezza, certezza, controllo qualità negli acquisti digitali.
Ancora resta aperto se tutto ciò verrà concretizzato nei tempi necessari oppure se continueremo osservatori esterni davanti dinamiche globali sempre più complesse.