L’intelligenza artificiale generativa sta cambiando il modo in cui viviamo e lavoriamo. Non si tratta solo di una tecnologia che potrebbe sostituire alcune attività umane, ma di un fenomeno che modifica profondamente la natura del lavoro e della società. Da Tokyo a Taiwan, passando per il Giappone, artisti e studiosi hanno cercato di mettere in luce i legami tra queste nuove tecnologie digitali, le condizioni sociali dei lavoratori e la materialità nascosta dietro al mondo virtuale.
Le conseguenze dell’IA generativa sul lavoro umano secondo Aaron Benanav
Aaron Benanav, sociologo e storico autore di Automation and the Future of Work, ha evidenziato come la vera minaccia dell’IA generativa non sia tanto l’obsolescenza del lavoro umano ma l’aumento della precarietà. L’autore sottolinea che questa tecnologia rischia di intensificare la sorveglianza sui lavoratori e ampliare le disuguaglianze già presenti nella società.
Secondo Benanav le priorità delle aziende impegnate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale sono chiare: ridurre i costi produttivi, controllare più efficacemente chi lavora e consolidare profitti elevati. L’attenzione non è rivolta al miglioramento delle condizioni dei lavoratori o a un progresso collettivo per tutta l’umanità.
Questo quadro mette in guardia da una visione ingenua dell’IA come semplice strumento neutrale o esclusivamente positivo. Senza regole precise questa tecnologia rischia infatti di peggiorare situazioni già delicate nel mondo del lavoro contemporaneo.
Love machine: quando arte digitale racconta intelligenza artificiale a Tokyo
Tra marzo 2025 si è svolta al Mori Art Museum di Tokyo Love Machine – Video Game, AI and Contemporary Art. La mostra ha raccolto circa cinquanta opere realizzate con motori grafici da videogiochi, intelligenze artificiali sia generative che tradizionali insieme alla realtà virtuale . Gli artisti provenivano da diverse parti del mondo offrendo così una panoramica ampia su questo tema complesso.
L’obiettivo dichiarato era far riflettere sul rapporto tra umanità e tecnologia oggi attraverso esperienze immersive create congiuntamente dalle macchine digitali e dalla creatività umana.
Il risultato è stato variegato: alcune opere hanno puntato sull’estetica brillante ottenuta con software avanzati ma senza proporre nuove idee sulla relazione uomo-macchina; altre invece hanno saputo mettere in discussione ciò che sappiamo riguardo all’origine materiale degli strumenti digitali usati dall’intelligenza artificiale moderna mettendo in luce i legami con dinamiche economiche tardo capitaliste.
Silicon serenade: materia prima digitale tra sabbia spiaggia microchip
Una delle installazioni più significative è stata Silicon Serenade firmata dall’artista taiwanese Hsu Chia Wei. Si tratta di un ambiente virtuale immersivo dove si ascolta musica prodotta dall’IA accompagnata da immagini reali tratte dall’Istituto taiwanese specializzato nei microchip destinati ai sistemi intelligenti artificiali.
Hsu punta ad allargare lo sguardo dal digitale verso il suo fondamento fisico mostrando come quasi tutto il silicio necessario per fabbricare questi chip provenga dalla sabbia delle spiagge naturali . Questa osservazione richiama alla concretezza della materia prima alla base dei nostri dispositivi tecnologici apparentemente immateriali.
La sua opera invita quindi a riflettere su quanto spesso dimentichiamo quanto siano fisici questi strumenti digitalizzati – materiali estratti dalla natura trasformati industrialmente – collegandoli alle catene globalizzate della produzione tecnologica attuale dominata dal capitalismo avanzato.
Impact tracker: paesaggi urbani modellati dal capitalismo globale attraverso IA
Un altro contributo importante arriva dalla giapponese Fujikura Asako con Impact Tracker. Qui troviamo una rappresentazione tridimensionale creata tramite intelligenza artificiale che simula materiali industrializzati animarsi come creature viventi dentro città virtualmente costruite.
L’opera denuncia gli effetti omogeneizzanti causati dallo sfruttamento estrattivista tipico degli ultimi decenni, dove aree periferiche o rurali diventano semplicemente riserve funzionali ai grandi centri urbani o alle multinazionali. Questo scenario mostra come modelli economici globalizzati influenzino profondamente territori, trasformandoli sotto regole dettate dagli interessi commercial-industriali più forti.
Impact Tracker spinge così lo spettatore a considerare anche lo spazio geografico modificato dalle logiche tardo capitaliste oltre agli aspetti puramente tecnologici.
Limiti ed elementi invisibili nella rappresentazione artistica dell’intelligenza artificiale
Nonostante molte opere presentate abbiano affrontato questionari importanti riguardanti IA, alcune tematiche sono rimaste poco esplorate nel contesto espositivo. Ad esempio manca un approfondimento sui dannosi effetti prodotti dall’utilizzo massiccio dei dati preesistenti usati per addestrare gli algoritmi. Molti database impiegati derivano infatti da appropriazioni non autorizzate o poco trasparenti rispetto al patrimonio culturale degli esseri umani coinvolti nelle ricerche originali.
Inoltre alcune installazioni erano fuori uso durante la mostra: gli schermi riportavano «out of order». Questi malfunzionamenti ricordano quanto anche sistemi apparentemente sofisticati dipendono sempre dall’elettricità, soggetti a guasti comuni nelle nostre vite quotidiane. Quel contrasto fra lucentezza estetica ed errori tecnologici palesa ancora meglio l’aspetto materiale – fatto anche di fragilità – insito nell’universo digitale contemporaneo.