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L’intelligenza artificiale e la fatica: come la tecnologia cambia il nostro rapporto con il lavoro e le competenze

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La diffusione dell’intelligenza artificiale ha trasformato molti aspetti della vita quotidiana e professionale. Oggi è possibile scaricare modelli AI capaci di scrivere codice, testi o creare deepfake, senza dover passare anni a studiare programmazione. Questo cambiamento solleva interrogativi importanti sul ruolo della tecnologia nelle nostre abitudini, sulla responsabilità individuale nel mantenere competenze e sulla crescente dipendenza da strumenti digitali che semplificano ogni attività.

Il peso delle scelte economiche nel cambiamento delle abitudini alimentari

Negli ultimi decenni, i mutamenti sociali ed economici hanno inciso profondamente sulle scelte alimentari delle famiglie italiane. Un esempio emblematico riguarda l’epidemia di obesità legata al consumo di merendine industriali rispetto a cibi freschi. Il vero problema non sta solo nella tentazione offerta dall’industria alimentare ma nel fatto che i prodotti ultra-processati costano meno rispetto agli ingredienti naturali.

Un chilo di patatine può costare meno della stessa quantità di mele fresche. Per una famiglia con risorse limitate diventa più facile nutrire quattro persone con dieci euro spesi in cibi confezionati piuttosto che acquistando verdure fresche o proteine sane. Negli anni Cinquanta la situazione era diversa: spesso uno dei genitori poteva dedicarsi alla cucina mentre l’altro lavorava fuori casa, ma oggi molte famiglie devono fare i conti con orari lunghi e stipendi bassi.

Il tempo per cucinare si riduce drasticamente quando entrambi i genitori lavorano su turni diversi per far quadrare il bilancio familiare; allo stesso tempo gli ingredienti sani sono più costosi e deperibili rispetto ai prodotti industrializzati che durano settimane sugli scaffali. Questo sistema crea una condizione dove mangiare male diventa quasi un obbligo dettato dalla necessità economica più che dalla volontà personale.

L’obesità colpisce maggiormente le fasce sociali meno abbienti proprio perché queste non hanno alternative accessibili né tempo sufficiente per preparare pasti equilibrati in modo regolare. Non si tratta quindi solo di disciplina o forza d’animo ma di un problema strutturale legato alle condizioni materiali in cui vivono molte persone oggi.

Come siamo arrivati a delegare tutto alla tecnologia?

La facilità con cui affidiamo sempre più compiti alla tecnologia nasce da una combinazione tra comodità personale e logiche commerciali precise. Le grandi piattaforme digitali puntano a offrire scorciatoie sempre più immediate perché sanno bene che chiunque tende a scegliere la via meno faticosa se disponibile.

Chi ha superato i quarant’anni ricorda ancora numerosi numeri telefonici a memoria; ora invece dipendiamo completamente dal cellulare per ricordarli tutti insieme ad altre informazioni personali fondamentali senza nemmeno provare a memorizzarle realmente. Non è questione d’intelligenza ma scelta consapevole: abbiamo preferito lasciare all’esterno funzioni cognitive prima svolte dal cervello umano perché così risparmiamo energia mentale.

L’arrivo dell’intelligenza artificiale rappresenta un ulteriore passo avanti in questa direzione: chiedere a ChatGPT un codice funzionante o un testo scritto è semplice ed efficace, ma comporta rischi nascosti quando ci si affida troppo ciecamente agli output generati automaticamente senza verificarne l’attendibilità reale.

Un fenomeno recente chiamato “slop squatting” mostra come alcuni sviluppatori installino librerie suggerite dall’AI senza controllarne l’esistenza reale; cybercriminali approfittano creando pacchetti falsificati pieni di malware sotto nomi simili alle librerie vere compromettendo così sistemi informatiche intere attraverso questa fiducia mal riposta nella macchina automatica.

Questo esempio dimostra chiaramente che non è colpa dell’intelligenza artificiale se qualcosa va storto bensì del modo in cui viene usata dalle persone: delegando totalmente anche compiti delicati come la verifica tecnica si apre spazio ad errori di sicurezza gravi difficili da gestire successivamente.

Verso una crescente dipendenza cognitiva dalle macchine

L’aumento progressivo della delega cognitiva all’intelligenza artificiale porta conseguenze oltre alla perdita temporanea della memoria o abilità specifiche. Si diffonde infatti quella che potremmo definire “analfabetismo tecnologico inverso”: professionisti incapaci ormai persino di riconoscere quando un risultato prodotto dall’AI sia errato oppure inventato completamente.

Nel mondo del coding cresce il numero degli sviluppatori poco preparati tecnicamente, basandosi su suggerimenti generativi fatti “alla cieca”. Giornalisti pubblicano articoli creati dall’AI senza leggerli attentamente. Manager prendono decisioni strategiche basandosi su analisi automatiche dei dati senza comprenderne limiti reali e possibili errori di interpretazione.

Quando emergono problemi — deepfake troppo realistici, software infetti, contenuti falsificati senza controllo — molti tendono subito ad accusare il sistema tecnologico dimenticando però quale fosse davvero la competenza umana richiesta prima dell’avvento dell’automatismo totale. La tendenza aziendale al taglio dei costi in nome dell’efficienza produce quindi vulnerabilità crescenti perché riduce il controllo umano lasciando spazio ad incidenti escalation difficili da fermare.

Questa situazione può provocare nel migliore dei casi apatia generalizzata dove conta soltanto ottenere un risultato funzionale indipendentemente dalla veridicità; nel peggior scenario apre varchi enormi alle manipolazioni sistemiche capaci di influenzare decisioni politiche sociali con conseguenze distruttive diffuse. L’alibi sarà sempre quello: “colpa degli algoritmi”, ma questo giustifica poco davanti ai danni prodotti.

Riappropriarci del senso della fatica nell’era digitale

Per affrontare l’evoluzione tecnologica servono nuove attitudini fondate sul recupero del rapporto diretto con lo sforzo personale. Lo insegnavano già gli stoici: fare fatica significa allenarsi continuamente per mantenere abilità critiche indispensabili anche nell’utilizzo consapevole degli strumenti digitali complessi odierni.

Manager imprenditori professionisti devono tornare a investire sulla competenza come processo attivo: imparare sempre cose nuove, controllare regolarmente risultati, verificare dubbi, correggere giorno dopo giornata invece affidarsi passivamente all’automatismo totale. Ogni decisione importante richiede ancora capacità di comprensione profonda dietro ciò che appare immediatamente prodotto dalla macchina.

Le aziende dovrebbero valutare i risparmi immediati connessi all’automazione e equilibrare queste scelte tenendo conto delle sempre presenti responsabilità umane finali e della supervisione diretta sui processi processuali. Infatti eliminare l’ultimo livello umano significherebbe accettare il rischio finale direttamente sulla propria testa, in caso di fallimenti gravi causati dall’uso incontrollato dell’intelligenza artificiale.

Anche chi lavora deve evitare illusioni delle scorciatoie assolute. Non basta chiedere a gentilezza alla macchina occorre impegno maggiore: apprendere, capire, dubitare, correggere continuamente. Solo così possono sfruttare le potenzialità dell’intelligenza digitale mantenendo autonomia critica ed efficacia operativa concreta sul campo.

Chi comprende questa sfida oggi avrà maggior possibilità di restare tagliato per ruoli significativi domani evitando diventare schiavo inconsapevole dello strumento stesso. La vera rivoluzione AI separerà chi sa governarla disciplinatamente dai tanti incapaci disarmoni e distratti deleganti totali dentro ambienti lavorativi complessi ed esposti ai rischi più seri.

Written by
Matteo Bernardi

Matteo Bernardi è un blogger versatile che racconta con passione e precisione temi legati a cronaca, politica, spettacolo, attualità, cultura e salute. La sua scrittura unisce rigore informativo e attenzione per i dettagli, con l’obiettivo di offrire ai lettori contenuti aggiornati, accessibili e mai banali. Ogni suo articolo è pensato per informare e stimolare il pensiero critico.

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