L’intelligenza artificiale ha trasformato profondamente la sicurezza informatica, introducendo nuove minacce insieme a sistemi di difesa avanzati. In questo contesto, emerge il fenomeno dell’AI avversaria: sistemi AI progettati o manipolati per bypassare le protezioni digitali, lanciare attacchi su misura e sfruttare le debolezze degli ambienti digitali in modi sempre più sofisticati. Le implicazioni si estendono dalla criminalità informatica agli scontri geopolitici, agendo su infrastrutture critiche e sistemi tecnologici complessi. Qui analizziamo come funziona questa minaccia e quali sono le strategie in campo per contrastarla.
Cos’è l’AI avversaria e come compromette i sistemi di sicurezza
L’intelligenza artificiale avversaria si distingue dall’AI tradizionale per i suoi scopi distruttivi e la capacità di aggirare meccanismi di difesa basati su machine learning e intelligenza artificiale stessa. Si tratta di modelli sviluppati per manipolare o ingannare i sistemi difensivi, nascondere azioni malevole, oppure alterare i dati di addestramento per provocare errori di classificazione.
Tra le principali tecniche di attacco spiccano:
- Evasion attacks: il codice malevolo viene modificato in modo sottile per non essere riconosciuto dai rilevatori AI, così da infiltrarsi nei sistemi senza essere segnalato.
- Data poisoning: si introducono dati falsificati o contaminati durante l’addestramento degli algoritmi, compromettendo la loro capacità di individuare minacce reali.
- Model stealing: gli aggressori tentano di copiare o estrarre parametri dagli algoritmi usati per difendersi e sviluppare contromisure specifiche per neutralizzare o evitare quei sistemi.
La natura opaca, detta “black box”, di molti modelli AI peggiora la situazione. Poiché i processi che portano alle decisioni sono difficili da interpretare, risulta complesso capire come un attacco abbia bypassato la difesa o dove sia avvenuta la manipolazione. Questo ostacola interventi rapidi ed efficaci.
Malware intelligenti e inganni sociali alimentati dall’intelligenza artificiale
L’evoluzione delle tecnologie AI ha prodotto malware dotati di capacità adattive. Non si tratta più di minacce statiche, visibili tramite firme note o comportamenti riconoscibili. Al contrario, il malware autoapprendente cambia codice e strategie in base alle risposte rilevate nelle reti attaccate.
Tipi di malware evoluti includono:
- polymorphic malware, che varia continuamente la sua struttura evitando le difese antivirus classiche,
- malware che si adattano in tempo reale ai metodi di filtraggio e ai sistemi di sicurezza, perfezionando le tattiche per sfuggire ai controlli.
Parallelamente, l’AI potenzia attacchi di ingegneria sociale molto più personalizzati e credibili rispetto al passato. L’analisi di grandi volumi di dati pubblici e privati permette la creazione di messaggi di phishing sofisticati, calcolati per convincere le vittime nelle loro caratteristiche linguistiche e nei tempi di invio. Le campagne di phishing AI-driven raggiungono percentuali di successo molto più alte rispetto alle tecniche tradizionali, come rivelato da recenti studi.
Altra minaccia crescente sono i deepfake: video e audio falsi prodotti con intelligenza artificiale che imitano fedelmente persone reali. Questi strumenti sono usati per estorcere denaro o manipolare le opinioni, con attacchi che riguardano leader, funzionari o familiari delle vittime.
Automazione e attacchi avanzati contro infrastrutture critiche e tecnologia operativa
Non solo i metodi si affinano, ma anche la portata degli attacchi cresce grazie all’automazione AI: algoritmi in grado di scandagliare grandi quantità di codice o sistemi alla ricerca di vulnerabilità zero-day, ancora sconosciute ai difensori. La rapidità di scoperta e sfruttamento rende difficile bloccare le minacce in tempo.
Le botnet sono diventate più efficaci: reti di computer compromessi che si auto-organizzano, adattano il loro comportamento e coordinano attacchi in modo autonomo senza necessità di intervento diretto umano. Questo consente attacchi distribuiti e massivi, con tempi di risposta molto rapidi.
Il pericolo più alto riguarda i sistemi di tecnologia operativa, cioè infrastrutture che controllano impianti industriali, reti energetiche, trasporti autonomi e altre funzioni critiche. Nel 2021 un’importante rete di distribuzione di carburante negli Stati Uniti ha subito un attacco ransomware che, seppure non AI-driven, ha mostrato come queste strutture siano vulnerabili. L’AI avversaria potrebbe attaccare tali sistemi da remoto, alterare il comportamento di veicoli autonomi o bloccare servizi essenziali in modo preciso e rapido.
L’uso dell’intelligenza artificiale nelle tattiche di guerra cibernetica da parte degli stati
Le tecnologie AI non sono appannaggio solo della criminalità informatica ma vengono utilizzate come strumenti offensivi da governi e agenzie di intelligence. Attacchi mirati contro infrastrutture critiche, come reti energetiche o sistemi di comunicazione, sono adattati in tempo reale per massimizzare i danni e limitare la possibilità di risposta.
Alcuni governi mettono a punto offensive capaci di integrare attacchi digitali con altre forme di conflitto, dalla disinformazione alle operazioni militari convenzionali, definendo così una “guerra ibrida” in cui l’AI coordina molteplici vettori contemporaneamente.
L’intelligenza artificiale supporta anche le operazioni di spionaggio e sorveglianza, facilitando l’esfiltrazione di grandi quantità di dati sensibili da reti protette e l’analisi rapida di informazioni raccolte. Paesi autoritari usano sistemi AI per il monitoraggio di massa, analizzando comunicazioni e movimenti con algoritmi che identificano comportamenti sospetti senza supervisione umana costante.
La manipolazione delle informazioni, tramite fake news, deepfake e campagne coordinate di disinformazione, è un’altra arma largamente diffusa. Questi strumenti danneggiano la fiducia pubblica e alterano equilibri politici in diverse nazioni.
Lo scontro tra AI offensive e AI difensive e l’evoluzione delle contromisure
L’uso sempre più intenso di AI nella guerra cibernetica ha aperto una vera e propria corsa agli armamenti digitale, con attaccanti che evolvono le tecniche e difensori che cercano di reggere il passo.
La difesa si basa oggi su sistemi di anomaly detection capaci di analizzare in tempo reale milioni di dati, bloccare comportamenti sospetti automaticamente e adattarsi alle nuove minacce grazie al machine learning continuo. Questi sistemi sono in grado di rispondere a danni nascosti dietro a piccoli segnali fuori norma o ad azioni apparentemente normali che preludevano a un attacco.
Permangono però differenze importanti tra capacità offensive e difensive. La rapidità con cui si sviluppano attacchi AI rende ancora difficile la risposta pienamente efficace delle difese automatizzate. Per questo la collaborazione tra intelligenze artificiali e operatori umani costituisce un elemento fondamentale: la macchina individua anomalie con rapidità, mentre l’esperienza umana interpreta il contesto e decide le azioni appropriate da intraprendere.
Questioni etiche e regolamentazione legate all’impiego militare e civile dell’intelligenza artificiale
Un’attenzione crescente è rivolta all’ethical adversarial attacks, ovvero all’uso di tecniche simili a quelle degli attaccanti per testare e migliorare la robustezza degli algoritmi in modo controllato e legale. Queste simulazioni aiutano a prevenire attacchi reali anticipando possibili punti deboli.
L’uso di AI autonoma, in particolare in campo militare, apre questioni serie su responsabilità e controllo. Quando un sistema prende decisioni autonome di attacco o difesa, è difficile attribuire errori o danni a persone precise. Questo è particolarmente sensibile in contesti di armi letali autonome.
Le campagne di disinformazione e manipolazione influence le opinioni pubbliche, minano processi democratici e aumentano le tensioni sociali. La diffusione di tecniche come deepfake ha reso concreto il rischio di destabilizzazioni politiche tramite strumenti digitali.
A livello internazionale permangono forti divisioni sull’opportunità di regolamentare o addirittura vietare certi usi dell’AI in guerra. Stati come Stati Uniti, Cina e Russia continuano a sviluppare capacità offensive, rallentando le iniziative normative per limitare o controllare questi strumenti.
Sviluppi futuri e l’impatto del quantum computing sulle capacità offensive e difensive
Nei prossimi anni il quantum computing promette di moltiplicare la potenza di calcolo a disposizione degli attaccanti AI. Calcoli che oggi richiedono anni, potrebbero essere effettuati in pochi minuti o secondi, facilitando l’identificazione di vulnerabilità e la decifrazione di sistemi crittografici considerati ancora sicuri.
Questa evoluzione potrebbe amplificare la portata e l’efficacia degli attacchi avversari, obbligando le difese a un salto tecnologico altrettanto rapido per continuare a proteggere infrastrutture critiche.
Il risultato potrebbe essere una contesa sempre più complessa fra tecnologie offensive e difensive, in cui non basterà puntare solo sulla potenza computazionale, ma sarà necessario sviluppare sistemi capaci di auto-adattarsi, anticipare e contenere rapidamente le nuove minacce.
La necessità di collaborazioni internazionali strette e di regolamentazioni efficaci diventa quindi imprescindibile per evitare scenari di instabilità globale, garantendo che l’intelligenza artificiale venga impiegata nel rispetto delle norme etiche e della sicurezza collettiva.