L’intelligenza artificiale ha ormai invaso molti aspetti della nostra vita quotidiana, semplificando compiti di studenti, professionisti e creatori di contenuti. Tuttavia, dietro a questa diffusione si nasconde un problema serio legato all’ambiente. L’uso crescente di modelli AI richiede enormi risorse energetiche e idriche che mettono sotto pressione il pianeta. Questo articolo esplora i dati più recenti sul consumo di energia e acqua da parte dei data center dedicati all’intelligenza artificiale, evidenziando le conseguenze per la sostenibilità ambientale.
I sistemi basati su intelligenza artificiale come ChatGPT o Google Gemini necessitano di una potenza computazionale molto elevata per funzionare correttamente. I data center che ospitano questi modelli consumano quantità significative di energia elettrica per mantenere attivi i server 24 ore su 24. Secondo Greenpeace, “ogni risposta generata da un tool AI consuma circa dieci volte più energia rispetto a una normale ricerca effettuata su Google.”
Questi numeri sono stati confermati anche dalla Banca Centrale Europea in recenti rapporti che sottolineano come la domanda energetica stia crescendo rapidamente con l’aumento degli utenti e delle capacità computazionali richieste dall’AI. La crescita della potenza elaborativa implica un fabbisogno maggiore non solo per far girare gli algoritmi ma anche per mantenere i sistemi operativi efficienti.
L’espansione dei data center è quindi direttamente collegata a un incremento significativo del consumo elettrico globale legato all’intelligenza artificiale. Le previsioni indicano che entro il 2030 la domanda potrebbe superare undici volte quella attuale del 2023 se non si adottano misure precise volte alla riduzione degli sprechi o al passaggio a fonti rinnovabili.
Oltre all’elettricità, i grandi impianti informatici richiedono enormi quantità d’acqua soprattutto per raffreddare le apparecchiature hardware durante il loro funzionamento continuo. Lo studio condotto dall’Öko-Institute su commissione Greenpeace ha stimato che i data center dedicati all’intelligenza artificiale utilizzino circa il doppio dell’acqua rispetto ai centri dati tradizionali.
Nel dettaglio, nel 2023 si sono consumati circa 175 miliardi di litri d’acqua solo per questo scopo; la cifra prevista entro il 2030 sale fino a oltre 660 miliardi di litri annui — equivalenti al fabbisogno idrico annuale combinato di tre città grandi quanto Milano. Questa escalation mette in luce quanto sia delicata la gestione delle risorse naturali coinvolte nell’infrastruttura digitale moderna.
Il raffreddamento è fondamentale perché senza temperature controllate gli hardware rischierebbero malfunzionamenti o guasti frequenti; tuttavia questa pratica comporta uno sfruttamento massiccio delle riserve idriche proprio mentre molte aree del mondo affrontano crisi legate alla scarsità d’acqua potabile.
Con l’aumento della domanda tecnologica cresce anche la produzione indiretta dei cosiddetti rifiuti elettronici derivanti dal ricambio frequente dei componenti hardware obsoleti o danneggiati nei centri dati AI. Il rapporto Öko-Institute segnala una possibile crescita fino a cinque milioni di tonnellate aggiuntive entro il prossimo decennio dovuta alla rapida espansione delle infrastrutture dedicate all’intelligenza artificiale.
Questi scarti rappresentano una sfida ambientale importante poiché contengono materiali difficili da smaltire correttamente ed elementi tossici che possono contaminare terreni ed acque se non gestiti con attenzione rigorosa.
La combinazione tra aumento dei consumi elettrici, uso intensivo dell’acqua e produzione crescente dei rifiuti elettronici disegna uno scenario complesso dove lo sviluppo tecnologico rischia seriamente d’incidere negativamente sull’ambiente se non accompagnato da politiche mirate alla sostenibilità vera lungo tutta la filiera produttiva ed operativa.
Le maggiori aziende impegnate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale – tra cui NVIDIA, AMD, Microsoft, Google, Meta – hanno davanti una sfida cruciale: ridurre drasticamente le emissioni legate ai loro processori attraverso l’impiego esclusivo o prevalente di energie rinnovabili come solare ed eolico lungo tutte le catene produttive e operative.
Solo così sarà possibile frenare l’aumento globale delle emissioni nocive proprio nel momento in cui serve tagliare rapidamente gas serra responsabili del cambiamento climatico. “Questo impegno deve coinvolgere fornitori diretti ma anche partner indiretti, creando circuitazioni virtuose capaci di incidere concretamente sui bilanci energetico-ambientali.”
Finora molte realtà hanno fatto passi avanti ma restiamo lontani dal traguardo necessario: utilizzare al cento percento fonti rinnovabili resta ancora un obiettivo ambizioso. Senza accelerazioni significative rischiamo invece incrementi dell’inquinamento atmosferico collegati alle attività digitali e quindi ulteriormente aggravamenti climatici e sociali enormi.
Anche chi usa quotidianamente strumenti basati sull’intelligenza artificiale può contribuire limitandone gli utilizzi superflui. Molti impiegano questi strumenti spesso senza reale necessità, talvolta solo per curiosità o divertimento, aumentando inutilmente carichi sui server globali e quindi consumi di energia e idrico maggiori degli indispensabili.
Una semplice riduzione volontaria degli accessi all’AI potrebbe abbassare il peso complessivo delle richieste sulla rete mondiale consentendo piccoli margini di riduzione ambientale positiva. “Se ciascun utente provasse ad abbassare l’utilizzo minimo anche soltanto dell’un percento sarebbe già un passo avanti verso meno sprechi digitali e minore pressione sulle risorse naturali.”
In tempi segnati come quelli attuali dove “cambiamento climatico” rimane tema centrale nelle agende pubbliche private individuali sono necessari sforzi diffusi anche nelle abitudini comuni: ogni gesto conta quando parliamo della salute del pianeta.
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