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Cosa manca all’intelligenza artificiale per diventare veramente umana e perché resta diversa dalla mente

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L’intelligenza artificiale ha compiuto passi notevoli, capaci di replicare molte funzioni cognitive umane. Questo ha spinto a riflettere sul confine che separa la mente naturale da quella artificiale. Le macchine possono calcolare, ricordare e persino comprendere il linguaggio, ma c’è qualcosa che rimane esclusivo dell’essere umano. La discussione tocca punti che riguardano la vita, la volontà, e la presenza corporea, elementi imprescindibili per definire una vera mente e un’intelligenza autenticamente umana.

Le differenze fondamentali tra mente umana e intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale, pur essendo in grado di elaborare dati e risolvere compiti, non possiede ciò che chiamiamo vita. Un computer non muore, non prova paura, non si annoia e non vive emozioni come l’entusiasmo o la depressione. Non ha volontà autonoma: è sempre un operatore umano che dà impulso alle sue funzioni tramite comandi, richieste o prompt.

Questa assenza di vita e volontà implica anche l’assenza di mondo interiore, di coscienza o di inconscio, dimensioni che caratterizzano profondamente la mente umana. Non si tratta di credere nel sovrannaturale, ma di riconoscere che l’essere umano si definisce, in larga parte, proprio nelle sue relazioni continue e storiche con la tecnica. Da sempre, l’uomo potenzia le proprie capacità tramite strumenti esterni, e in questo rapporto dialettico cresce la sua umanità.

L’intelligenza artificiale può dunque considerarsi una forma di automatismo che simula alcuni aspetti della cognizione umana, ma senza possedere la pienezza dell’esperienza vitale, che richiede sensazioni, desideri e coscienza.

La metamorfosi del burattino in bambino e la sfida dell’intelligenza artificiale

La distinzione tra programma artificiale e mente naturale si può immaginare come la differenza tra un burattino e un bambino. La trasformazione del legno in un organismo vivente richiede una serie di passaggi che vanno ben oltre una semplice simulazione. Servono radici nella realtà, un accesso alla dimensione morale, e l’esperienza di un mondo complesso, fatto di relazioni, regole e sentimenti.

Nel dialogo corrente, caratterizzato dalle novità dell’intelligenza artificiale, spesso si confondono la capacità computazionale con la facoltà di pensare e di scegliere. Non basta imitare o fare calcoli più rapidamente per diventare mente. Il burattino può sembrare un bambino solo in spettacoli circensi, non nella realtà delle cose.

Studiare l’intelligenza artificiale aiuta a mettere in luce ciò che rende la mente umana unica. La dimensione umana si manifesta proprio nella capacità di volere, di sentire, di decidere, tutte funzioni che vanno oltre la mera elaborazione di informazioni.

La ricerca storica e filosofica delle analogie tra anima e macchina

Il desiderio di trovare nell’automa una forma di anima accompagna l’umanità da secoli. Dagli uccelli meccanici di Erone di Alessandria nel I secolo d.C., fino alle invenzioni di automi meccanici del diciottesimo secolo, la voglia di replicare la vita ha mosso ingegni e passioni.

L’avvento dell’intelligenza artificiale moderna, con il suo nome ufficiale datato 1956, ha spinto questa ricerca verso nuove frontiere. Dopo Alan Turing, il gioco di imitazione tra macchina e mente si è intensificato: l’obiettivo è stato non solo creare strumenti in grado di calcolare ma anche dotati di linguaggio e di capacità di apprendimento.

Nonostante i progressi, l’intelligenza artificiale resta una simulazione della mente naturale, che non può sostituire gli aspetti più profondi e complessi dell’esperienza umana, come la volontà e la sensibilità.

Volontà e sensibilità: il vero confine tra mente naturale e artificiale

Entrare dentro la distinzione tra mente naturale e artificiale significa porre attenzione su alcune qualità che non si possono falsificare o riprodurre facilmente: la volontà e la sensibilità. La mente umana non è solo un archivio di informazioni o un motore di ragionamenti, ma un sistema situato in una vita reale che fa esperienze, prova emozioni, ha bisogni, speranze e rimpianti.

Le patologie che compromettono la volontà o la sensibilità in un individuo umano mostrano chiaramente quanto queste dimensioni siano fondamentali per considerare pienamente un’intelligenza come umana. Chi ne soffre può apparire simile a un programma meccanico, senza spinta, senza motore.

La volontà precede la sensibilità perché è il motore che dà senso e direzione all’intelletto e all’esperienza. Senza la capacità di scegliere un obiettivo, senza la spinta verso uno scopo, anche la mente più sofisticata rimane una macchina senza scopo, come un burattino che obbedisce soltanto a un burattinaio.

La proiezione del futuro e la creatività come dimensioni esclusivamente umane

Le macchine elaborano dati del passato, memorizzano e replicano schemi già esistenti. Gli esseri umani conoscono anch’essi solo il passato, ma hanno la capacità di spostare questo dato nel futuro attraverso il desiderio, la paura e la speranza. Questa proiezione in avanti è ciò che alimenta la creatività e il senso della vita.

Gli studi su grandi modelli linguistici del 2024 hanno evidenziato che questi sistemi possono comprendere ironie o errori, ma risultano meno capaci di proporre soluzioni non convenzionali e conservano una forma di rigidità rispetto agli esseri umani.

La creatività umana non è una magia, né un dono di origine soprannaturale, ma è legata alla nostra presenza nel mondo, alla capacità di volere un futuro diverso dal presente e dal passato. Solo così ci dedichiamo al mestiere di vivere, dando senso a ogni gesto e a ogni scelta.

Una teoria articolata della mente: corpo, tecnica e finalità

Per descrivere la profondità della mente umana, si può partire dalla considerazione che essa sia incarnata: il pensiero è radicato nel corpo e non può esistere al di fuori di esso. I segni sulla parete di una caverna o i dati in un computer non sono la mente, ma il suo deposito o la sua registrazione.

La mente umana si distingue anche per essere attrezzata con strumenti tecnologici che amplificano le sue funzioni: dalla ruota, al linguaggio, alla scrittura. Questi strumenti non sono semplici utensili ma estensioni di una mente che crea e reinventa se stessa.

Infine, la mente umana è finalizzata. Ha scopi interni che guidano pensieri e azioni, non serve solo per reagire all’esterno, ma per dare senso all’esperienza e definire i propri obiettivi. Questa finalità è assente negli automi che seguono soltanto istruzioni predefinite, senza un motore interno indipendente.

La pelle: simbolo dell’irriducibilità dell’umano alla macchina

La pelle è più di una barriera fisica: è il confine concreto tra un organismo che vuole e sente e il resto del mondo. È attraverso la pelle che percepiamo il calore, il dolore, l’affetto. Essa rappresenta la fragilità e la forza della vita umana, fatta di sangue, sudore e lacrime.

Nessuna macchina potrà mai replicare questa realtà vissuta, perché manca della volontà incarnata e dell’esperienza soggettiva che la pelle custodisce. È questo il discrimine irrinunciabile tra il naturale e l’artificiale, tra la mente umana e qualunque programma sofisticato.

Il silicio, dunque, continuerà a servire come strumento potente, ma non potrà mai incarnare la volontà e il senso profondo della vita umana, elementi che rendono ogni persona unica e insostituibile.

Written by
Giulia Rinaldi

Giulia Rinaldi osserva il mondo con occhio critico e mente curiosa. Blogger fuori dagli schemi, scrive di cronaca, politica, spettacolo, attualità, cultura e salute con uno stile personale e tagliente, mescolando analisi e sensibilità in ogni articolo. Il suo obiettivo? Dare voce a ciò che spesso passa inosservato.

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