Il parlamento italiano si appresta a votare oggi il testo governativo sulle norme e deleghe relative all’intelligenza artificiale, dopo la prima lettura conclusa a marzo al Senato. Il provvedimento, atteso in seconda lettura alla Camera dei deputati, non chiude però la partita: è prevista infatti una terza fase di interventi, con modifiche ulteriori che potrebbero peggiorarne i contenuti. Il dibattito si concentra su un testo giudicato insufficiente da più parti e segnato da scelte politiche controverse.
Il contenuto limitato e le criticità del testo normativo sull’intelligenza artificiale
Il disegno di legge presentato dal governo mostra una visione ridotta rispetto alle sfide poste dall’intelligenza artificiale. Il documento affronta solo marginalmente i rischi e le complessità legate alle diverse tecnologie IA, ignorando la pluralità degli strumenti esistenti. Per esempio, alcuni progetti europei come Magistral evidenziano quanto l’IA sia un campo variegato e in rapido mutamento.
Necessità di un organismo indipendente
L’approccio adottato appare ancorato a principi tradizionali poco adatti a regolare sistemi che evolvono rapidamente nel tempo. In questo senso sarebbe stato necessario prevedere un organismo indipendente dotato di poteri regolatori ampi per intervenire tempestivamente sui nuovi sviluppi tecnologici. Al contrario il governo ha affidato compiti importanti ad agenzie già esistenti come AgID e Acn , senza ampliare gli strumenti o creare nuove strutture capaci di gestire efficacemente questa materia complessa.
Questa scelta limita fortemente la capacità normativa del paese nel settore IA, lasciandolo ancorare a meccanismi amministrativi tradizionali incapaci di tenere il passo con l’innovazione rapida della tecnologia.
Sovranità digitale: cancellata l’obbligatorietà dei server italiani
Un punto centrale della discussione riguarda la gestione fisica dei dati sensibili generati dall’intelligenza artificiale. Nel passaggio dal Senato alla Camera è stato eliminato il comma 2 dell’articolo 6 che imponeva ai server contenenti dati critici di essere collocati sul territorio nazionale per garantire maggiore sicurezza nella protezione delle informazioni personali.
La rimozione del vincolo sembra derivare da pressioni esterne riconducibili agli Stati Uniti e alla Nato; fonti parlamentari riferiscono infatti che una telefonata abbia provocato questo cambiamento sostanziale nelle regole originarie previste dalla legge italiana sull’IA.
Questa modifica ha suscitato forti critiche perché indebolisce il controllo italiano sui dati fondamentali prodotti dalle applicazioni intelligenti ed espone maggiormente lo Stato al rischio di interferenze straniere o perdite nella tutela della privacy degli utenti nazionali.
Implicazioni geopolitiche e apertura verso paesi dell’Alleanza atlantica
La nuova normativa include anche disposizioni finalizzate a permettere collaborazioni tra soggetti pubblici o privati italiani con enti provenienti dai paesi membri dell’Alleanza atlantica o extraeuropei. Questo aspetto conferma come dietro al provvedimento si giochi una partita geopolitica importante sul piano strategico riguardo all’indipendenza tecnologica nazionale.
L’apertura verso partner esterni può favorire scambi scientifici ma comporta anche rischi legati al trasferimento delle tecnologie più avanzate fuori dai confini nazionali senza garanzie sufficientemente stringenti sulla tutela degli interessi italiani nell’ambito digitale ed economico collegato all’IA.
La posizione assunta dal governo riflette quindi un orientamento pragmatico ma suscita dubbi sulla reale volontà politica nel difendere spazi autonomi nella gestione delle risorse digitali strategiche italiane in uno scenario globale sempre più competitivo e conflittuale sotto questo profilo.
Diritti dei lavoratori, proprietà intellettuale ed etica trascurati dalla legge
Nel testo approvato non si trovano riferimenti significativi ai diritti dei lavoratori coinvolti nei processi automatizzati né tutele aggiornate riguardanti la proprietà intellettuale legata agli algoritmi utilizzati nelle applicazioni IA. Questi aspetti restano marginalizzati rispetto alle questioni tecnologiche pure importanti ma insufficientemente bilanciate dagli elementi socialmente rilevanti presenti nel documento legislativo governativo.
Inoltre manca qualsiasi richiamo concreto allo sviluppo democratico dell’intelligenza artificiale attraverso modelli aperti o forme partecipative nell’elaborazione degli algoritmi stessi; non emerge alcuna iniziativa volta ad assicurare trasparenza né negoziati collettivi su standard etici condivisi nell’impiego pratico delle nuove tecnologie intelligenti in Italia.
Questo silenzio normativo lascia spazio libero ad un uso deterministico della tecnologia dove prevalgono logiche commercial-industriali piuttosto che considerazioni umane fondamentali quali dignità professionale, equità sociale, tutela della privacy.
Opposizione compatta contro le carenze normative emerse durante l’esame parlamentare
Le forze politiche contrarie hanno avanzato un ampio numero di emendamenti volti a correggere i limiti evidenziati durante le fasi istruttorie del provvedimento. Tra queste spicca Francesca Ghirra, relatrice di minoranza per Alleanza Verdi-Sinistra, impegnata in una critica puntuale rivolta soprattutto all’approccio restrittivo adottato dall’esecutivo.
Tutte le proposte migliorative sono state respinte senza discussioni approfondite. Ora resta aperta la possibilità che nel corso della terza lettura emergano ulteriori perplessità oppure venga ampliata la coalizione contraria vista la multiforme natura delle problematiche toccate dalla disciplina sull’IA.
L’attesa ora è rivolta proprio agli sviluppi del prossimo round parlamentare, dove verranno decise eventuali modifiche sostanziali capaci di incidere realmente sulla qualità finale della normativa italiana dedicata a regolamentare dell’intelligenza artificiale.