Claudio Gentile, ex calciatore della Juventus e della Nazionale italiana, condivide un ricordo vivace di un episodio che ha segnato la sua carriera. La telefonata di Gianni Agnelli, noto presidente della Juventus, avvenuta all’alba, è diventata un aneddoto emblematico che riflette non solo il carattere del grande Avvocato, ma anche l’atmosfera di un calcio che oggi appare molto diverso. Gentile, che ha indossato la maglia bianconera per undici stagioni, racconta con nostalgia e affetto i legami creati con i compagni di squadra e l’importanza di quel periodo.
La telefonata dell’Avvocato: un risveglio inaspettato
Claudio Gentile ricorda con precisione il momento in cui ricevette la telefonata di Gianni Agnelli. Era un mattino qualunque, e il telefono squillò all’alba, interrompendo il suo sonno. “Presi il telefono nel sonno e dissi brusco: ‘Ma chi cazzo sei a quest’ora?!’”, racconta Gentile. Dall’altra parte della linea, la risposta fu sorprendente: “Sono l’Avvocato, Gentile, buongiorno”. Questo scambio, che potrebbe sembrare comico, rappresenta perfettamente il modo diretto e informale con cui Agnelli si relazionava con i suoi giocatori. Gentile, imbarazzato, si scusò immediatamente, ma l’Avvocato lo rassicurò chiedendogli se fosse in forma per la partita di domenica. Un breve scambio che dimostra la familiarità e l’umanità di un grande dirigente.
Agnelli era noto per le sue telefonate a qualsiasi ora del giorno e della notte, un’abitudine che rifletteva il suo approccio diretto e coinvolgente. In un’epoca in cui i telefoni cellulari non esistevano, le chiamate notturne erano comuni e rappresentavano un modo per mantenere un legame stretto con i suoi giocatori. Gentile ricorda anche un aneddoto in cui Agnelli parlò di Gheddafi, che aveva acquistato azioni Fiat, mostrando così un interesse personale per la vita dei suoi calciatori.
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La vita alla Juventus: amicizie e rivalità
Claudio Gentile non si limita a raccontare la telefonata di Agnelli, ma offre anche uno spaccato della vita all’interno della Juventus negli anni ’80. “Alla Juve tra noi c’era un bel rapporto”, afferma Gentile, parlando dei legami che si erano creati con i compagni di squadra. In particolare, menziona la sua amicizia con Scirea, Tardelli e Cabrini. Questi giocatori, tutti scapoli, trascorrevano molto tempo insieme, sia in campo che fuori. Frequentavano ristoranti e cinema, creando un’atmosfera di camaraderie che andava oltre il semplice rapporto professionale.
Gentile ricorda con affetto le serate passate al ristorante “Due Mondi“, dove spesso incontravano anche i giocatori del Torino, con i quali non c’era mai rivalità. “Ci salutavamo, ci abbracciavamo, non c’era mai odio”, sottolinea, evidenziando un aspetto del calcio di quel periodo che oggi sembra essere cambiato. Tuttavia, in campo, la competitività era feroce. Gentile ricorda le sfide contro avversari temibili e il duro lavoro che richiedeva il ruolo di terzino, dove la marcatura a uomo era la norma.
Ricordi di compagni indimenticabili: Scirea e Tardelli
Nella sua conversazione, Gentile dedica un momento speciale ai suoi compagni di squadra, in particolare a Gaetano Scirea e Marco Tardelli. “Nessuno come Gaetano“, afferma con ammirazione, descrivendo Scirea come un giocatore unico nel suo genere. La loro amicizia si era consolidata nel tempo, e Gentile ricorda i momenti divertenti trascorsi insieme, come quando, per scherzo, entravano nella stanza di Scirea e Zoff mentre questi leggevano in silenzio.
Tardelli, arrivato più tardi nella squadra, divenne subito un amico fidato. Gentile racconta che i due erano stati messi in camera insieme e che, nonostante le differenze nei loro stili di vita, avevano legato profondamente. “Siamo testimoni di nozze: lui delle mie, io delle sue”, dice Gentile, sottolineando l’importanza di queste relazioni nel suo percorso professionale.
Claudio Gentile, attraverso i suoi ricordi, offre uno spaccato di un calcio che ha segnato un’epoca, dove le relazioni personali e il rispetto reciproco tra i giocatori erano fondamentali. La sua testimonianza non è solo un racconto di aneddoti, ma un tributo a un periodo in cui il calcio era vissuto con passione e umanità.