Wade Robson e James Safechuck tornano al centro dell’attenzione con il nuovo documentario “Leaving Neverland 2: Surviving Michael Jackson“. I due uomini, che da anni denunciano abusi subiti da Michael Jackson durante l’infanzia, raccontano le pesanti ripercussioni personali e legali che hanno affrontato nell’ultimo decennio. Diretto da Dan Reed, il film non si limita a esplorare la battaglia legale contro l’eredità del re del pop, ma mette in luce anche l’impatto devastante che le loro denunce hanno avuto sulle loro vite, tra minacce, odio da parte dei fan e pressioni mediatiche.
I racconti di paura e vulnerabilitÃ
Nel documentario, Robson esprime il terrore vissuto a causa della reazione del pubblico e dei fan di Jackson. “È stato davvero spaventoso”, afferma, evidenziando l’aggressività di alcuni media e sostenitori del cantante. Anche Safechuck condivide la sua esperienza, ricordando l’ansia che lo ha accompagnato prima della messa in onda del primo documentario nel 2019. “L’enormità di tutto ciò che stava per succedere… era proprio quello che mi spaventava di più”, confida.
Le testimonianze di Robson e Safechuck non si limitano a descrivere le emozioni, ma approfondiscono anche i dettagli delle esperienze traumatiche vissute da bambini. Safechuck racconta di come Jackson lo manipolasse, dicendogli che la sua vita sarebbe finita se la verità fosse emersa. Le sue parole rivelano un quadro inquietante di abusi sessuali, tra cui episodi di coercizione e violenza. “Una volta mi sono svegliato e lui mi ha detto che mi aveva fatto del sesso orale mentre dormivo”, ricorda, esprimendo la confusione e il dolore provati.
Leggi anche:
Le reazioni legali e le accuse di opportunismo
Gli avvocati degli eredi di Michael Jackson continuano a respingere con fermezza le accuse di Robson e Safechuck, sostenendo che il re del pop fosse innocente. Jonathan Steinsapir, legale degli eredi, ha dichiarato nel 2023 che le accuse sono infondate e prive di prove credibili, emergendo solo anni dopo la morte dell’artista. “Crediamo che la verità alla fine prevarrà ”, ha aggiunto, citando una famosa frase di Jackson riguardo alla verità e alle bugie.
Nel documentario, Robson rivede e commenta l’intervista rilasciata a Oprah Winfrey nel 2019, in cui ha condiviso la sua storia. “Lei aveva davvero capito cosa avevamo vissuto io e James“, afferma, sottolineando l’importanza di poter finalmente esprimere il proprio dolore. Durante quell’intervista, Oprah aveva messo in evidenza l’intensità emotiva della situazione, mentre Robson confessava di aver pensato di portare il segreto nella tomba. Le reazioni degli eredi di Jackson non si sono fatte attendere, definendo Robson e Safechuck “opportunisti” e accusandoli di mentire.
La complessità delle esperienze e il futuro legale
Robson e Safechuck, in passato sostenitori di Jackson, ora affermano di essere stati manipolati dal cantante per mantenere il silenzio. Robson racconta di come Jackson lo avesse spinto a non rivelare la verità , instillando in lui la paura di conseguenze legali. “Diceva che se qualcuno avesse scoperto tutto, saremmo finiti in prigione”, ricorda, rivelando la pressione psicologica subita.
Il procuratore Ron Zonen, coinvolto nel processo del 2005 contro Jackson, ha dichiarato di non voler perseguire Robson per falsa testimonianza, riconoscendo la complessità delle esperienze vissute da chi ha subito abusi. Anche Vince Finaldi, ex avvocato dei due uomini, ha difeso la loro scelta di non parlare in tribunale, sottolineando che le vittime di abusi sessuali spesso non sono pronte a rivelare la verità fino a quando non si verifica un evento scatenante.
Le accuse di avidità e la lotta personale
Nonostante le testimonianze di Robson e Safechuck, molti sostenitori di Jackson continuano a vederli come motivati da interessi economici. “È tutta una questione di avidità “, afferma una fan nel documentario, mentre i familiari di Jackson difendono il cantante e accusano i due uomini di cercare guadagni. Tuttavia, Robson e Safechuck insistono sul fatto che ci sono voluti anni per comprendere appieno le esperienze traumatiche vissute.
Robson ha subito due crolli nervosi, mentre Safechuck ha lottato con insonnia e depressione. Nonostante ciò, entrambi si preparano a portare la loro causa in tribunale nel novembre 2026. “Portare avanti tutto questo è stato il mio modo di reagire”, afferma Safechuck, esprimendo la determinazione di combattere per il bambino che era. Robson conclude con una nota di speranza, affermando che avere l’opportunità di raccontare la verità in aula rappresenterebbe per lui una vittoria, indipendentemente dall’esito finale.
Â