Volveréis, il nuovo film di Jonás Trueba, rompe gli schemi del Romance Tradizionale e racconta la fine di una storia d’amore come un possibile nuovo inizio. Presentato a Cannes 2024 e in arrivo nelle sale italiane dal 12 giugno, il film esplora con delicatezza e originalità la separazione di una coppia attraverso una festa molto particolare.
Ale e Alex sono insieme da quindici anni. Lei è regista, lui attore. Quando decidono di lasciarsi, invece di chiudere tutto in silenzio o litigi, scelgono di organizzare una festa per celebrare la loro separazione. Un’idea bizzarra che nasce da una battuta del padre di Ale — interpretato da Fernando Trueba, papà del regista — che dice: “Non dovremmo celebrare le unioni ma le separazioni”.
Gli amici e i familiari sono scettici, quasi increduli. Ma Ale e Alex vanno avanti con i preparativi, trasformando quella che poteva essere solo una rottura dolorosa in un evento surreale e poetico. La festa diventa così il cuore pulsante del film: un momento sospeso tra ironia brillante e malinconia delicata.
Un’idea che ribalta il romance: una festa per dire addio all’amore
Volveréis si ispira a un genere poco conosciuto ma affascinante: la commedia Hollywoodiana del “rimatrimonio”. Questo tipo di storie raccontano le vicende di coppie che si separano per poi ritrovarsi più forti di prima. Qui però Jonás Trueba fa il contrario: mostra cosa succede quando due persone scelgono consapevolmente di non tornare insieme.
Il film evita drammi plateali o tradimenti clamorosi. Non ci sono spiegazioni dettagliate sul perché della rottura; resta un mistero volutamente non svelato per non incatenare lo spettatore a motivazioni troppo realistiche o banali.
Trueba infila nel racconto citazioni colte da Kierkegaard e Stanley Cavell, riflettendo sull’amore come ripetizione felice senza ansie né nostalgie dolorose. L’idea è che celebrare una separazione possa essere più autentico che festeggiare l’unione stessa.
Questo approccio rende Volveréis più simile a un’indagine sulle relazioni umane che a una classica storia d’amore.
Uno degli aspetti più affascinanti del film è la sua dimensione metatestuale. Ale sta montando proprio il film che stiamo guardando noi; i due ex amanti sfogliano insieme vecchi video e foto della loro storia mentre si preparano alla festa.
Non è solo un gioco intellettuale o autoreferenziale: questa scelta narrativa mostra come cinema e vita siano intrecciati profondamente. L’arte diventa uno strumento per capire se stessi, rielaborare ricordi ed emozioni.
Il montaggio stesso diventa protagonista grazie a tecniche come split Screen o cambi improvvisi d’inquadratura, creando uno stile visivo dinamico capace di riflettere lo stato emotivo dei personaggi.
Il tema della ripetizione attraversa tutto Volveréis come un mantra ossessivo ma rassicurante. La frase “celebrare una separazione” viene ripetuta più volte nel corso del film, sottolineando l’importanza della fedeltà a se stessi anche quando si decide di lasciarsi.
Per Trueba questa ripetizione non è noiosa ma necessaria: “Ha a che fare con la fedeltà”, spiega riferendosi alle parole filosofiche di Kierkegaard sull’amore felice fatto solo del presente senza angosce né rimpianti.
Questa idea dà al film un ritmo unico fatto di momenti sospesi tra passato e futuro, tra dolore accettato e speranza nuova.
Volveréis richiama apertamente autori come Truffaut, Rohmer e Linklater, grandi maestri capaci di raccontare l’intimità delle relazioni umane con leggerezza ma profondità allo stesso tempo.
Jonás Trueba porta avanti questa tradizione con uno sguardo fresco ma rispettoso verso quei modelli narrativi capaci ancora oggi di parlare al cuore dello spettatore senza cadere nei cliché romantici più abusati.