Home Una saga familiare al femminile tra magia, guerra e superstizione dalla fine dell’800 agli anni ’90

Una saga familiare al femminile tra magia, guerra e superstizione dalla fine dell’800 agli anni ’90

Un racconto che intreccia le vite di donne comuni, tra magia e realtà, seguendo una famiglia napoletana dall’Ottocento al Novecento, esplorando tradizioni e credenze popolari.

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Un romanzo che intreccia storie di donne comuni e soprannaturali in una famiglia napoletana tra Ottocento e Novecento, mescolando memoria, magia e tradizioni popolari in un affresco storico e culturale intenso. - Unita.tv

Questo racconto intreccia vite di donne comuni, segnate da eventi straordinari e scandite da memorie magiche. La narrazione prende avvio alla fine dell’Ottocento e segue le vicende di una famiglia attraversata da un filo soprannaturale che si snoda lungo quasi un secolo, tra guerre, difficoltà sociali e credenze popolari. L’autrice, archeologa di origine napoletana, mescola storia e fantasia creando un affresco intenso e ricco di dettagli.

La nascita di una saga tra ignoranza, nascita e superstizione

La storia si apre con una servetta giovane e quasi ignara, dal carattere semplice e dall’aspetto riconoscibile, con lunghe trecce nere. Lavora per una famiglia nobile e vive un evento cruciale che cambierà il corso della sua esistenza: una gravidanza non voluta, frutto di un rapporto con il padrone di casa, che si consuma sotto gli occhi di una moglie severa e consapevole. La ragazza non ha idea di bambini o gravidanze, anzi è convinta che i neonati nascano proprio come le avevano raccontato da piccola, cioè “da una foglia di cavolo, immersa nella terra umida.”

Ad assisterla c’è la levatrice del paese, una figura chiave che si prende cura di lei e del bambino che nascerà. Da quel momento parte una saga familiare che si sviluppa negli anni e porta i lettori a seguire le generazioni successive, affrontando i cambiamenti che avvengono nella società italiana tra la fine dell’Ottocento e il Novecento. Il racconto si affida a una narrazione fluida, che scivola tra eventi di vita ordinaria, scoperte e tradizioni radicate.

Un filo di magia nelle vicende quotidiane e nelle donne della famiglia

La particolarità di questa storia sta nella presenza di una linea magica che attraversa le donne della famiglia protagonista. Queste sono descritte come “ianare”, cioè donne che sentono voci, percepiscono la malasorte e, qualche volta, sfruttano queste capacità in modo spregiudicato. La loro condizione le rende figure ambivalenti: temute e rispettate, in parte emarginate dalla comunità ma dotate di una forza misteriosa.

La vita del villaggio si intreccia con le credenze popolari, che colorano gli eventi di soprannaturale. Alcune leggende raccontano di piante miracolose e di fantasmi, come quello di una nobildonna chiamata “zia Rosalba”, evocata quasi per errore e che sembra aver preso dimora in una casa sbagliata. Questi elementi di magia si incastrano nella realtà di una famiglia umile, per la quale le guerre mondiali rappresentano momenti di grande rottura e difficoltà. Le storie si sviluppano attraverso episodi di figli illegittimi, coincidenze sorprendenti e un linguaggio che alterna ricchezza descrittiva a un tono intimo.

Il contributo dell’archeologia nella ricostruzione dei personaggi e della storia

L’autrice del romanzo, Nadia Noio, porta nel libro la sua esperienza di archeologa, professione che le ha insegnato a scavare nel passato fino a far emergere tracce di vite dimenticate. Di origine napoletana ma residente a Padova, ha utilizzato il metodo dell’archeologia per costruire i suoi personaggi come si ricostruiscono reperti antichi o genealogie. Questo approccio le ha permesso di immaginare le storie di donne e uomini comuni tenendo conto sia dei contesti materiali sia degli ambienti sociali in cui si trovano.

La scelta di ambientare la narrazione tra l’Ottocento e il Novecento riflette anche l’interesse per un passato storico complesso, segnata dalle guerre che hanno sconvolto l’Italia. La seconda guerra mondiale, in particolare, rappresenta un punto di svolta che segna la vita dei protagonisti, evidenziando il mutare delle condizioni esistenziali e sociali. Per l’autrice questa cornice storica è anche il modo più diretto per far muovere i personaggi in un contesto conosciuto e riconoscibile.

La presenza delle ianare e il ruolo della magia nella tradizione familiare

Le ianare, figure chiave della famiglia raccontata, sono donne che trasmettono una conoscenza misteriosa, a volte temuta e altre volte ammirata. Nel racconto, queste donne non sono accettate completamente dal villaggio, spesso oggetto di sospetti e diffidenza, ma conservano un rispetto quasi ancestrale da parte della comunità. Sono donne che “sentono”, ovvero percepiscono ciò che gli altri non vedono, un dono che le rende particolari e talvolta isolate.

L’elemento magico restituisce alla storia un carattere particolare. La tradizione orale, infatti, tende a espandere i contorni di ogni esperienza, rendendo le vicende sempre più incredibili agli occhi di chi ascolta. Questo fa sì che i fatti si carichino di dimensioni immaginarie, così come avviene nella cultura napoletana, dove superstizione e magia si intrecciano con la realtà quotidiana. Nel racconto, ciò si traduce in una memoria famigliare che non riguarda solo fatti concreti ma anche tratti immateriali, come il carattere di alcuni membri o le loro “peculiarità”.

I personaggi: storie di gente semplice tra ironia, destino e resistenza

Tra i tanti protagonisti emergono figure con soprannomi descrittivi, come Piccerella, Spingula, Lacerta, un modo per identificare con ironia e immediatezza tratti caratteriali o fisici. Questi soprannomi aiutano a restituire l’immagine di una famiglia osservata da fuori, dove ogni membro porta con sé una storia e un’identità riconoscibile nei piccoli dettagli.

Un personaggio particolarmente sfortunato è Nicola, la cui malasorte non viene scacciata neanche dalle arti magiche di una moglie sudamericana, ricca di riferimenti al realismo magico latinoamericano. Questa influenza letteraria si sposa con le atmosfere del romanzo, aggiungendo una sfumatura ironica e surreale.

Tra i fratelli spicca Lucia, una donna più acuta degli altri, che si impegna per migliorarsi ma si muove anche in territori ambigui. Lei diventa un punto di riferimento culturale della città e sembra incarnare lo spirito di Napoli: resiliente, adattabile, in grado di trasformare critiche e maldicenze in una sorta di forza.

Fantasmi e tradizioni napoletane: il rapporto con l’aldilà nel racconto familiare

Il racconto evoca anche figure soprannaturali come la “zia Rosalba”, un fantasma che non appartiene davvero alla famiglia ma viene comunque chiamato così. Questo elemento richiama la tradizione napoletana, in cui i vivi dialogano spesso con i morti, senza distinzione precisa sulla stirpe o sulla parentela. Il fantasma diventa così parte di una narrazione più ampia, in cui il confine tra reale e immaginario si assottiglia e la storia di famiglia si arricchisce di presenze invisibili ma influenti.

L’inserimento di questa dimensione metterà in rilievo come la memoria si conserva anche attraverso racconti che coinvolgono il soprannaturale, mantenendo vivo il legame delle generazioni passate con quelle presenti. Questo affascinante intreccio rende il romanzo una testimonianza interessante della cultura campana e di certe radici popolari ancora vive nel 2025.