L’11 giugno debutta nei cinema italiani La mia amica Zoe, un film che racconta gli effetti profondi della guerra sui veterani, mescolando dramma e commedia nera. Diretto da Kyle Hausmann-Stokes, ex soldato dell’esercito americano, l’opera mette in scena una storia ispirata a fatti reali, affrontando la sindrome da stress post traumatico di chi ha prestato servizio militare. Il cast vede protagonisti nomi noti come Sonequa Martin-Green, Natalie Morales, Ed Harris e Morgan Freeman.
La trama al centro di un dramma silenzioso
La vicenda ruota attorno a Merit, interpretata da Sonequa Martin-Green, una ex soldatessa tornata dall’Afghanistan che sta combattendo contro i traumi legati al suo passato. Merit ha perso la migliore amica Zoe durante il conflitto, e la sua presenza resta viva ma invisibile, come un’ombra che la accompagna in ogni momento. Il film mostra questa convivenza difficile tra il reale e il fantasma, mettendo in evidenza la fragilità emotiva di Merit.
Lo scontro con chi la circonda amplifica il dolore: la figura del nonno, un veterano del Vietnam interpretato da Ed Harris, è dura e distaccata. Morgan Freeman veste i panni di un consulente di un gruppo di sostegno per veterani, con il compito di aiutare Merit a mettere insieme i pezzi della sua vita spezzata. L’intreccio non verte solo sul trauma personale, ma anche sulle relazioni familiari e sui tentativi di comprensione da parte della società.
Il regista racconta la sua esperienza e la motivazione dietro il film
Kyle Hausmann-Stokes, che conosce per esperienza diretta la realtà militare, ha deciso di portare sullo schermo questa storia per mostrare una versione dei veterani spesso ignorata. Raccontare la propria “tribù”, come lui la chiama, con toni di commedia ma senza perdere di vista la gravità dei temi trattati, è stato il suo obiettivo principale.
Hausmann-Stokes sottolinea quanto la mentalità di “stringi i denti e vai avanti”, ormai radicata nell’ambiente militare, possa risultare nociva nella vita civile. Nei combattimenti questa attitudine aiuta a reagire subito, ma fuori dal campo di battaglia si trasforma in un peso che impedisce di affrontare il dolore. È proprio questo tabù del silenzio che il regista ha cercato di infrangere, raccontando come il riconoscimento e la condivisione del trauma siano necessari per cominciare un percorso di guarigione.
L’approccio narrativo tra commedia nera e dramma nel racconto della perdita
Nel film non mancano momenti di umorismo nero che alleggeriscono la tensione, senza però scadere nella superficialità. La sceneggiatrice A.J. Bermudez, che ha collaborato con Hausmann-Stokes, spiega come la scrittura rappresenti per lei un modo per affrontare la perdita, un tema che caratterizza molte delle sue opere.
Il progetto cerca di mostrare che la sofferenza, anche nei momenti più bui, non deve essere affrontata da soli. Anzi, ridere di certi aspetti dell’esperienza traumatica aiuta a restare umani. Questo equilibrio tra risate amare e momenti di forte emotività rende il film accessibile e vicino a un pubblico ampio, mentre l’attenzione verso i veterani crea un messaggio di solidarietà autentico, lontano da retoriche.