Le parole di Donald Trump, pronunciate durante un volo verso l’Europa a bordo dell’Air Force One, hanno acceso un dibattito acceso sulla stabilità dell’Alleanza Atlantica. Il presidente americano ha sollevato dubbi sull’applicazione automatica dell’articolo 5 del Trattato della Nato, che regola la difesa collettiva tra i paesi membri. Questo intervento arriva in un momento delicato per la sicurezza europea, con conflitti aperti e crescenti tensioni con la Russia.
Il significato e le implicazioni delle parole di trump sull’articolo 5
Durante una risposta a una domanda sul rischio di crisi nella Nato, Trump ha usato toni ambigui parlando dei diversi modi di interpretare l’articolo 5. Questo articolo sancisce che un attacco contro uno Stato membro è considerato attacco contro tutti gli alleati. Tuttavia prevede anche che ogni paese possa decidere quali azioni intraprendere concretamente.
Le affermazioni del presidente americano lasciano intendere che gli Stati Uniti potrebbero non intervenire automaticamente per difendere un alleato sotto attacco.
Questa posizione mina uno dei cardini storici della Nato e genera preoccupazioni sul futuro della cooperazione militare tra i paesi membri. In effetti nel contesto degli scontri in Ucraina e delle relazioni tese con Mosca, mettere in discussione questo meccanismo può indebolire la fiducia reciproca tra alleati. L’incertezza si sposta così dal testo formale del trattato alla sua applicazione pratica nei momenti critici.
Il ruolo storico dell’articolo 5 nel mantenimento della sicurezza atlantica
L’articolo 5 è stato inserito nel Trattato firmato nel 1949 come fondamento per assicurare una difesa comune ai membri dell’Alleanza Atlantica contro eventuali aggressioni esterne. Ha rappresentato fino ad oggi uno strumento politico e giuridico capace di garantire coesione fra stati spesso molto diversi tra loro.
Il principio fondamentale è semplice: se uno degli Stati viene aggredito militarmente, gli altri sono tenuti a rispondere come se fossero anch’essi direttamente coinvolti nell’attacco. Ma resta aperta la libertà d’azione su come esercitare questa risposta militare o politica: non esiste obbligo automatico d’intervento armato immediato da parte degli altri paesi.
Questa caratteristica conferisce flessibilità al trattato ma lascia margine anche a interpretazioni diverse sulle condizioni reali d’impegno nella difesa comune quando scoppiano crisi internazionali importanti.
Le posizioni precedenti di trump sulla nato e il concetto “pay to play”
Le ultime dichiarazioni seguono una linea già tracciata da Trump durante il suo primo mandato presidenziale negli Stati Uniti: aveva più volte criticato alcuni partner europei accusandoli di non investire sufficientemente nelle spese militari richieste dalla Nato .
Secondo lui chi non contribuisce adeguatamente finanziariamente dovrebbe ricevere meno protezione americana o addirittura essere escluso da interventi automatici.
Questo approccio definito “pay to play” rischia però di dividere l’Alleanza creando differenze nette fra alleati considerati “di serie A” – quelli più generosi nelle spese – ed altri invece penalizzati per contributo inferiore rispetto agli standard richiesti dalla Nato stessa.
Paesi importanti come Germania, Spagna o Italia sono infatti sotto questa soglia minima indicata dall’organizzazione internazionale; ciò li espone oggi a possibili ripercussioni politiche oltre che strategiche derivanti dalle recentissime affermazioni americane sul sostegno militare condizionato al versamento economico effettivo.