The last of us seconda stagione: il riflesso negli occhi degli infetti e la base scientifica dietro l’orrore visivo

La seconda stagione di The Last of Us introduce dettagli visivi inquietanti, come gli occhi riflettenti degli infetti, ispirati a fenomeni biologici reali, per aumentare la tensione e il realismo.
La seconda stagione di *The Last of Us* su Sky e Now introduce un dettaglio visivo realistico e inquietante: gli occhi riflettenti degli infetti, ispirati a fenomeni biologici reali, che aumentano la tensione e la credibilità della serie, la cui narrazione si svilupperà in più stagioni. - Unita.tv

La seconda stagione di the last of us, trasmessa da sky e in streaming su now, ha introdotto dettagli visivi che spingono il racconto oltre il semplice horror. Un elemento particolare colpisce gli spettatori: gli occhi degli infetti, che riflettono la luce come quelli di animali notturni, accentuando la tensione nelle scene più cupe. Questo aspetto, ispirato a un fenomeno biologico concreto, rende le creature più realistiche e inquietanti. I creatori della serie hanno spiegato come l’effetto sia stato studiato per mantenere precisione senza sconfinare nel fantastico, confermando l’importanza della scienza nel costruire un’atmosfera credibile.

Il dettaglio inquietante degli occhi riflettenti negli infetti della serie

Gli stalker, una delle forme più aggressive degli infetti nella seconda stagione, mostrano una caratteristica che va oltre il semplice trucco cinematografico: i loro occhi rispecchiano la luce come avviene in alcune specie animali notturne, tra cui cani e pecore. Questo fenomeno, noto come tapetum lucidum, aiuta gli animali a vedere al buio rifrangendo la luce all’interno dell’occhio. I registi hanno scelto di riportare questo dettaglio negli infetti per innalzare la componente terrificante e al tempo stesso mantenere una radice naturale. Il riflesso negli occhi appare così, nel buio delle ambientazioni post-apocalittiche, come un segnale inquietante di pericolo imminente.

Il lavoro di Craig Mazin sul dettaglio visivo

Craig Mazin, co-creatore della serie, ha rivelato in un podcast ufficiale che il gruppo di produzione ha dedicato molto tempo nel realizzare questo particolare. “L’intento era di non trasformare gli infetti in creature irreali o troppo caricaturali, come i jawa di star wars, ma di conferire un tocco sottile che aumentasse la tensione senza risultare artificioso”. Il riflesso negli occhi, benché appena percepibile, crea un effetto di disagio duraturo nello spettatore. L’equilibrio tra realismo e finzione è reso possibile da una scelta attenta e studiata nella fase di produzione.

La base scientifica dietro l’effetto visivo e il suo legame con le malattie oculari

Neil Druckmann, co-creatore di the last of us, ha spiegato che il concetto parte da condizioni biologiche reali. Ha citato analogie con malattie oculari come la cataratta, nelle quali la struttura dell’occhio cambia determinando effetti visivi simili a quelli mostrati sullo schermo. Nel contesto della storia, il fungo cordyceps che infetta i protagonisti agisce corroccendo la vista fino a produrre quel bagliore unico negli occhi. Questa soluzione non solo rafforza la credibilità del racconto, ma fa emergere l’aspetto disturbante dell’infezione in modo tangibile, grazie a una radice scientifica.

Il riflesso oculare come segno distintivo del contagio

La scelta di collegare la trasformazione degli infetti a patologie reali arricchisce il mondo di the last of us. Rende più concreta la minaccia fungina e ne sottolinea la pericolosità, evocando nel pubblico una paura più profonda. Il riflesso oculare diventa così un segno distintivo del contagio che non si limita a modificare l’aspetto ma coinvolge funzioni vitali, aggravando la condizione dell’infetto. Il dialogo tra scienza e narrazione fa emergere una dimensione nuova della paura, meno banale e basata su elementi concreti.

L’evoluzione della serie e la promessa di ulteriori stagioni per esplorare il racconto

Con la seconda stagione ormai quasi al termine, la serie televisiva si prepara ad ampliare il suo orizzonte narrativo. The last of us nasce da un videogioco complesso e articolato, the last of us part II, che presenta più fili narrativi intrecciati rispetto alla prima parte. I creatori, Mazin e Druckmann, hanno confermato che ci vorranno ulteriori stagioni per coprire completamente il materiale originale. Il terzo capitolo della serie tv è già in via di sviluppo, ma l’idea è che non basterà, per dare spazio all’intensità del rapporto tra i personaggi principali ellie e abby.

La narrazione si sviluppa in più stagioni

La scelta di distribuire la narrazione su più stagioni permette di approfondire i temi e i personaggi senza perdere dettaglio o sacrificare l’atmosfera cupa e tesa che contraddistingue the last of us. Come il fungo cordyceps che radica lentamente ma penetra profondamente nell’organismo, anche la storia procede con calma ma si infittisce di significati e ramificazioni. Il percorso non si chiude qui, perché la trama rimanda a sviluppi ancora ignoti, con un intreccio di emozioni e conflitti destinati a coinvolgere il pubblico per più tempo.

La produzione continua quindi a modellare la serie tenendo alta la coerenza con le fonti originali e la concretezza di alcuni dettagli, come gli occhi degli infetti, che rappresentano un tratto distintivo anche nei prossimi episodi. Lo sviluppo della trama promette di esplorare nuove sfaccettature del mondo post-apocalittico e delle relazioni tra i protagonisti, creando un racconto stratificato e visivamente credibile.