Steven Soderbergh con Presence ha realizzato un’opera che va oltre la semplice storia di fantasmi. Il film si concentra su cosa significhi osservare e raccontare, mettendo in scena una riflessione sul tempo, lo spazio e l’idea stessa di punto di vista. Nato da un’esperienza personale del regista, che dice di abitare in una casa infestata da uno spirito chiamato Mimi, il film si sviluppa in modo da mettere lo spettatore dentro l’azione, grazie a un’inedita struttura in POV.
La trama: una famiglia alle prese con un fantasma e le proprie tensioni interne
Presence si apre nella casa appena comprata dai Payne: Rebekah, Chris e i loro due figli, Chloe e Tyler. La famiglia affronta problemi profondi, tra un trauma passato che ancora segna Chloe e i sospetti di reati finanziari che coinvolgono Rebekah. La quiete domestica è rotta dall’arrivo di una presunta presenza invisibile che abita l’abitazione. Lo spazio della casa diventa così uno scenario sospeso tra realtà e sovrannaturale. In questa ambientazione familiare, la tensione cresce lentamente perché i confini tra ciò che è reale e ciò che è immaginato si fanno sempre più incerti. Il cast, che include Lucy Liu nel ruolo di Rebekah e Chris Sullivan in quello di Chris, dà vita a personaggi che condividono con il pubblico un vissuto vulnerabile, reso ancora più intenso dalla messa in scena minimalista.
Una regia concentrata sull’elemento visivo e sonoro per costruire la suspense in prima persona
Soderbergh ha deciso di girare Presence con una squadra ridotta e in soli undici giorni, puntando su inquadrature lunghe e su una narrazione strettamente legata al punto di vista. La sceneggiatura affidata a David Koepp privilegia una struttura simile a quella di una pièce teatrale, dove i dialoghi e gli spazi chiusi diventano strumenti per aumentare la tensione emotiva. Questo approccio minimalista produce a volte momenti stranianti e un ritmo che può scivolare in una certa monotonia, ma restituisce una sensazione immediata e intima. L’efficacia nasce dall’uso preciso del sonoro — scricchiolii del parquet, fruscii dei lampadari — e dell’effetto visivo, che fa percepire la presenza invisibile senza mostrarla apertamente. Lo spettatore non è solo osservatore ma diventa quasi parte della storia, vivendo la casa come un piccolo universo sospeso tra certezza e paura.
Presence come riflessione sulla percezione e sul ruolo del regista nell’atto di raccontare
La particolarità di Presence sta nel suo mettere in scena un gioco sullo sguardo. La telecamera assume il ruolo del fantasma, diventando narratrice e elemento destabilizzante per chi guarda. Soderbergh sembra voler chiedere allo spettatore: “cosa succede se non siamo noi a osservare le nostre vite, ma se siamo noi stessi osservati da qualcosa d’altro?” Questa domanda attraversa il film e supera l’ambito del soprannaturale, entrando nel terreno della psicologia e del controllo. Presence quindi non è solo un horror: è un’esplorazione del modo in cui percepiamo la realtà, di come un punto di vista possa cambiare ciò che consideriamo vero. Nel tempo in cui la soglia di attenzione si riduce sempre più, il film ricorda che la capacità di fermarsi a guardare attentamente è ormai rara.
Una sfida al genere horror tra scelte stilistiche e tensione percepita
Il film sfida molte delle regole tradizionali del cinema horror. Non punta a effetti spettacolari o salti improvvisi per spaventare, ma costruisce un’atmosfera sottile e psicologica. Dato il ritmo lento e l’assenza di momenti di picco evidenti, l’atmosfera si basa più sull’introspezione dei personaggi e sul timore indiretto del fantasma invisibile. Il montaggio è essenziale, ma in certi momenti lascia spazio a lunghe sequenze in cui il silenzio e il rumore ambientale diventano protagonisti. Questa scelta divide lo spettatore tra chi apprezza il raccoglimento e chi cerca una tensione più palpabile. Il finale, con una svolta che non viene anticipata, restituisce però un senso di compiutezza all’esperienza. Nel complesso, Presence si colloca come una prova difficile, che chiede al pubblico una partecipazione attenta e la disponibilità a lasciarsi interrogare dal mistero più che dalla paura pura.
Ultimo aggiornamento il 20 Luglio 2025 da Serena Fontana