Stefano sardo tra david di donatello, cinema e sceneggiatura: dal palco di cinecittà ai prossimi progetti

Stefano Sardo, vincitore del David di Donatello per “L’arte della gioia”, discute il futuro del cinema in Italia, le sfide delle sale e i suoi progetti come “Nemesi” e “Carême”.
Stefano Sardo, vincitore del David di Donatello per la miglior sceneggiatura non originale con "L’arte della gioia", riflette sulle sfide del cinema italiano, il ruolo dello sceneggiatore e i progetti futuri tra serie TV e produzioni indipendenti. - Unita.tv

Stefano sardo ha recentemente conquistato il David di Donatello per la miglior sceneggiatura non originale con “L’arte della gioia“. L’incontro avvenuto al Riviera International Film Festival dopo la premiazione ha rivelato numerosi aspetti della sua visione sul mondo del cinema, la scrittura e le sfide attuali dell’industria. Tra ricordi personali, riflessioni sulla situazione politica e sulle sale cinematografiche, lo sceneggiatore ha raccontato anche i suoi progetti futuri e l’evoluzione del ruolo dello sceneggiatore in Italia.

Il problema delle sale cinematografiche e il dibattito su cinema revolution

Dal palco di una masterclass al Riviera International Film Festival, matteo garrone aveva espresso scetticismo riguardo a cinema revolution, un’iniziativa che mira a rivitalizzare la frequentazione delle sale. Stefano sardo ha approfondito la questione con un punto di vista pragmatico. Non ritiene che il calo d’affluenza alle sale dipenda dai prezzi dei biglietti, ma piuttosto da un’offerta poco attrattiva, non solo in termini di pellicole, ma anche di esperienza complessiva.

Sardo spiega che oggi c’è molta confusione su cosa debba essere un film “da sala” rispetto a un prodotto pensato per la visione domestica. “L’arte della gioia,” il film con cui ha vinto il David, è partito proprio come prodotto per la tv per poi approdare al grande schermo; una scelta che ha scatenato polemiche, ma evidenzia come non sia semplice definire un oggetto cinematografico puro.

Gran parte delle sale non offre un ambiente accogliente o confortevole, e spesso l’offerta culturale vicina alla visione non è valorizzata. Per molti, andare al cinema non rappresenta una vera uscita fuori casa, elemento invece fondamentale per creare attrattiva. Sardo critica la riduzione del prezzo del biglietto come soluzione, perché significa abbassare il valore percepito del cinema. Preferisce invece potenziare l’esperienza, affinché il pubblico torni per piacere, non solo per convenienza economica. Molti cinema hanno standard tecnici inferiori a quelli di casa, e la mancanza di servizi e di un ambiente gradevole contribuisce a svuotare le sale.

Infine, ha definito malinconico il ruolo di chi gestisce le sale con una missione “eroica”, perché dimostra quanto la passione sola non basti per tenere viva una filiera ormai trascurata.

Nemesi, la serie netflix e il thriller delle relazioni familiari

Un altro progetto importante firmato da sardo è “nemesi,” una serie originale netflix diretta da piero messina e interpretata da pierfrancesco favino, barbara ronchi ed elodie. Il racconto si sviluppa attorno a tommaso gherardi, un uomo accusato dell’omicidio della moglie, e alla sua difesa affidata a una giovane avvocatessa ostinata.

La vicenda intreccia mistero e suspense, con continui colpi di scena che scandagliano temi come il destino e le conseguenze delle scelte rischiose. Sardo ha spiegato che la sceneggiatura del progetto ha impiegato circa dieci anni per maturare.

L’idea iniziale era pensata per il mercato americano e subì diversi tentativi di sviluppo prima di approdare sulla piattaforma streaming italiana. Dopo varie riunioni e interesse crescente, il ruolo di netflix è stato decisivo nel portare la serie a produzione.

nemesi segna un ritorno al thriller italiano con una forte attenzione alla narrazione complessa e stratificata, capace di tenere alto il livello di tensione per molte puntate.”

Riflessioni sul mestiere dello sceneggiatore e autocritica nel cinema italiano

Dopo la vittoria al David, sardo ha ammesso di avere molti rimproveri da fare alla categoria degli sceneggiatori italiani. Prima di tutto, critica il basso profilo che li caratterizza spesso. Nonostante la quantità di creatività necessaria per scrivere un film, il più delle volte la personalità autoriale si perde nel processo produttivo.

Quasi sempre si abdica alla volontà di altri, accettando di piegare la propria visione a favore di incarichi dettati da altri interessi. Questo atteggiamento riduce la capacità degli sceneggiatori di generare racconti originali forti e incisivi. Purtroppo, molti film italiani risentono di questa scrittura troppo “a servizio”.

Un altro punto importante riguarda la scarsa coesione nelle lotte per i diritti degli sceneggiatori. Sardo evidenzia l’assenza di riconoscimenti economici partecipando ai guadagni derivanti dagli incassi dei film. Questo elemento impatta sulla motivazione e sulla qualità del lavoro, oltre a mostrare una situazione paradossale dal punto di vista culturale.

In sostanza, lo sceneggiatore avrebbe bisogno di maggiore consapevolezza del proprio ruolo e più forza nella difesa dei propri interessi, per aiutare a far crescere l’intero sistema cinematografico italiano.

Carême, la serie apple tv+ e lo sguardo appassionato di sardo sulla cucina

Tra i progetti recenti di sardo c’è “carême,” una serie prodotta da apple tv+ che racconta la vita del primo chef famoso al tempo di napoleone. Stefano sardo ha collaborato alla realizzazione di alcuni episodi, come co-sceneggiatore accanto a davide serino, head writer della serie.

Serino aveva bisogno di rinforzi nel team per affrontare ritmi di lavoro intensi e problemi di gestione. Sardo e alessandro fabbri sono così intervenuti scrivendo un episodio a testa. Il loro contributo ha potuto contare su una libertà creativa significativa, data una base narrativa già solida.

Per sardo, appassionato di cucina, lavorare a una serie legata a questo tema è stata anche una fonte di piacere personale. Descrive l’esperienza come un lavoro di artigianato su commissione, con la necessità di risolvere problemi e rispettare tempi ristretti, ma mantenendo una certa creatività.

Questa esperienza dimostra anche come la produzione seriale oggi in Italia stia vivendo trasformazioni che impattano sui ruoli e sulle dinamiche collaborative.

La cerimonia dei david di donatello e il discorso sul conflitto a gaza

Stefano sardo ha partecipato alla cerimonia dei David di Donatello lo scorso aprile a cinecittà, dove ha ritirato il premio per la miglior sceneggiatura insieme a valeria golino, francesca marciano, valia santella e luca infascelli. Durante il suo breve discorso d’accettazione, ha scelto di parlare di un tema delicato e attuale: la tragedia che sta avvenendo a gaza. Ha spiegato che, sebbene fosse titubante sul prendere la parola, il segnale degli altri presenti lo ha incoraggiato a far sentire la sua voce.

Il suo intervento ha sottolineato quella che lui ha definito “il minimo sindacale” di ricordare, anche in momenti di festa, i disastri che accadono nel mondo fuori dal teatro. Ha citato con rispetto i discorsi più lunghi e articolati di margherita vicario, elio germano e francesca mannocchi che hanno seguito il suo. Sardo ha poi ricordato il gesto di pupi avati, capace di affrontare temi sociali importanti pur non avendo una tradizione politica dichiarata, e ha raccontato la sua esperienza come produttore indipendente alle prese con un sistema soffocante.

Ha commentato le difficoltà di lavorare in un contesto dove le decisioni politiche e le incertezze influiscono direttamente sulla sopravvivenza delle produzioni audiovisive. La sua riflessione ha messo in luce come l’attesa e le indecisioni prolungate possano essere peggiori di una chiusura diretta, perché lasciano artisti e operatori appesi a un destino incerto.

La produzione di “io e il secco” e le difficoltà del cinema d’esordio

Stefano sardo figura tra i produttori di “io e il secco,” opera prima di giancula santoni presente nella cinquina dei migliori esordi ai David di Donatello. Il film racconta una storia intensa sulla violenza di genere vista attraverso gli occhi di un bambino, e ha ricevuto premi e riconoscimenti in diversi festival.

Sardo ha definito la produzione molto difficile, sottolineando quanto sia impegnativo per un produttore sostenere un’opera prima. Ha anche criticato il fatto che ai David di Donatello i produttori degli esordi non siano invitati alla cerimonia, perché a suo avviso sono tra i protagonisti più importanti del raggiungimento di questi traguardi.

Il confronto con altri film sulla emozionalità mostra una difficoltà diffusa nel cinema italiano a raccontare storie coinvolgenti sul piano sentimentale. Sardo ha ricordato titoli e autori che, purtroppo, rimangono eccezioni nel panorama. “io e il secco” ha spiegato, è un film che fa ridere e commuovere senza ricorrere a facili pietismi. Qui l’esperienza umana è raccontata con uno sguardo originale, leggero anche su tematiche dolorose.

Un elemento decisivo nella buona riuscita è stata la sceneggiatura solida e la collaborazione stretta con gli autori, che hanno permesso di arrivare sul set con un racconto saldo. Nanni moretti, racconta sardo, ha detto che con una distribuzione più coraggiosa “io e il secco” avrebbe potuto diventare un piccolo caso di pubblico.