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Scandar Copti, regista palestinese, racconta il film happy holidays e la lotta contro ogni forma di oppressione

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Il regista palestinese Scandar Copti usa il cinema come strumento per mettere a fuoco problemi sociali e culturali profondi. Il suo film happy holidays, premiato a Venezia 81 per la miglior sceneggiatura nella sezione Orizzonti, arriva nelle sale italiane dopo un’anteprima al Nuovo Sacher Arena di Roma. La pellicola intreccia le vite di quattro personaggi in un contesto segnato da tensioni etniche e personali. Il regista riflette sulla complessità delle relazioni umane dentro una società divisa da conflitti storici e morali.

La trama di happy holidays: intrecci tra culture e generazioni diverse

happy holidays racconta la vita di Rami, giovane palestinese che vive a Haifa con una ragazza ebrea. Lei decide di non procedere con un aborto programmato; Rami cerca allora insieme alla sorella della fidanzata Miri – alle prese con i problemi psicologici della figlia – di convincerla a cambiare idea. Parallelamente si segue Hanan, madre di Rami, che affronta difficoltà economiche aggravate dalla controversia sul risarcimento per l’incidente della figlia Fifi.

Fifi nasconde un segreto capace di compromettere sia l’onore famigliare sia il legame con Walid, medico coinvolto nella sua vita. Attraverso questi personaggi si dipana un racconto sulle tensioni tra diverse culture e le divisioni interne alla stessa famiglia. Il film mostra come i nodi politici si mescolino ai drammi personali in modo inestricabile.

Una narrazione corale e universale

Copti costruisce una narrazione corale dove ogni storia tocca questioni universali: amore proibito da differenze culturali o religiose; fragilità emotiva; crisi finanziarie; colpevolizzazione familiare legata al passato nascosto dei protagonisti. Tutto ciò crea uno specchio dei contrasti quotidiani nel contesto israelo-palestinese.

Liberarsi dall’oppressione patriarcale: donne al centro del racconto

L’origine dell’idea per happy holidays nasce da una frase sentita dal regista nell’infanzia: “non permettere mai a una donna di dirti cosa fare”. Questa battuta pronunciata da una parente indica il tema centrale del film: atti reiterati di potere esercitati soprattutto su donne all’interno della stessa società patriarcale.

Nel racconto compaiono quattro figure femminili protagoniste che vivono oppressioni differenti ma interconnesse fra loro. Molte volte esse stesse riproducono meccanismi repressivi nei confronti delle altre donne o verso se stesse secondo modelli imposti dalla tradizione sociale e religiosa.

Liberarsi significa rompere tanti vincoli

Per Scandar Copti liberarsi significa rompere tutti i vincoli dell’oppressione senza limitarsi ad uno solo degli aspetti coinvolti . Serve andare oltre anche all’autosoppressione che deriva dall’interiorizzazione delle norme dominanti e dal giudizio reciproco fra individui sottoposti agli stessi condizionamenti sociali.

Il percorso narrativo mette in luce come spesso le persone siano prigioniere inconsapevoli dei propri limiti interiorizzati ma possano scegliere vie d’uscita fatte d’empatia senza moralismi né condanne frontali rispetto alle proprie scelte intime ed esistenziali.

Onore ed ego nelle relazioni familiari e amorose

Una parte cruciale del film riguarda il concetto d’onore inteso come valore collettivo percepito come limite individuale nelle scelte sentimentali o comportamentali soprattutto femminili. Lo dimostra la storia tra Miri – tormentata dal passato considerato scandaloso – e Walid, uomo impegnato nel mantenimento dell’immagine familiare tradizionale tramite rigide regole morali dettate dalla religione o cultura locale.

Copti spiega che molti valori sono ereditati senza riflessione critica attraverso affetti fortissimi verso genitori o figure autoritarie cui ci si affida ciecamente fin dall’infanzia. Questa trasmissione implica accettazione passiva anche quando quei valori risultano dannosi oppure contrastano col libero sviluppo personale degli individui coinvolti nel processo educativo familiare-sociale-religioso.

L’onore come difesa dell’ego

L’onore diventa allora difesa dell’ego umano nei confronti della realtà incerta che ci circonda. Proteggiamo idee radicate perché rappresentano ancore essenziali nel caos esistenziale quotidiano. Così finiamo per giustificare azioni dure pur non volendo nuocere realmente agli altri.

Questa interpretazione sposta lo sguardo dalle accuse dirette verso singoli cattivi soggetti alla comprensione più ampia delle dinamiche umane complesse dietro certuni atteggiamenti conservatori rigidi.

Moralità infantile segnata dai conflitti politici

Una scena particolarmente intensa è ambientata in una scuola materna dove bambini scrivono lettere indirizzate ai soldati israeliani mentre preparano pacchi regalo destinati agli stessi militari. Questa immagine rende evidente quanto sin dalla prima infanzia vengano impressi schemi mentali collegati all’identificazione col proprio gruppo contro quello nemico.

Scandar Copti ha osservato direttamente questo momento lavorativo chiedendo spiegazioni all’insegnante, appurando trattarsi davvero attività realizzata abitualmente. Questo episodio lascia emergere quanto siano radicate convinzioni errate dovute ad indottrinamento precoce ed intenso, tanto da alimentare cicli lunghi secoli basati su presunte superiorità morali autoreferenziali, giustificative anche delle peggiori violenze storiche.

Vittime che diventano aguzzini

Da queste dinamiche deriva quel senso tragico secondo cui vittime diventano spesso aguzzini incapaci poi riconoscersi tali poiché convinti fermamente nella propria causa morale superiore rispetto ad altri gruppi umani: fenomeno visibile nelle guerre infinite israelo-palestinesi ma noto ovunque accadono sistematiche discriminazioni etniche religiose culturali.

Nel dialogo coi temi del genocidio recente nella Striscia di Gaza, Copti sottolinea l’enorme numero attuale dei profughi palestinesi pari a circa 6 milioni causato dagli eventi iniziati oltre settant’anni fa durante la fondazione dello stato israeliano. Tale dramma sociale contribuisce ancora oggi a sostenere forme multiple d’esclusione identitaria generando sfiducia diffusa fra comunità coesistenti forzatamente nello stesso territorio geografico-politico.

Cinema impegnato tra dolore personale e contesto geopolitico

Scandar Copti è cittadino israeliano nato in Palestina; vive ormai ad Abu Dhabi ma mantiene rapporti con familiari rimasti sul posto, duro teatro dello scontro permanente fra stati nazionali diversi. L’attuale situazione appare sempre più grave con escalation violente prolungate fino al genocidio definito dal filmmaker stesso riferendosi allo scenario dilaniatore specialmente dentro Striscia Gaza.

Racconta inoltre condizioni difficili vissute dai palestinesi residenti in Israele costretti spesso a fingere serenità sul luogo lavoro frequentando colleghi ostili. Essa pesa molto sulla produzione artistica facendo dubitare talvolta utilità creativa stessa davanti tragedie così profonde. Malgrado ciò lui continua insegnando cinema cercando di spronare chi segue corsi per capire meglio origini problematiche sociali politici stimolando domande critiche sui valori ricevuti culturalmente anziché accettarle supinamente.

Impegnarsi attraverso il cinema

Per Copti fare cinema significa volersi impegnare affinché possa maturare evolvere consapevolezza diffusa sulle contraddizioni esistenti evitando prese pozioni nette capaci di dividere pubblico. Anche questo metodo diretto ma delicato inserisce gli spettatori dentro vicende complesse facendoli restare concentrai e empatici maì lontani dal giudizio facile. Adottando attori non professionisti ha preferito lavorare seguendo sequenze cronologiche non anticipandogli sceneggiatura né fornendogli testo precise così ciascuno pensa sé buono contribuendo autenticitá interpretativa percepibile chiaramente sullo schermo.

Speranze future tra rabbia paziente cambiamento globale

Immaginare scenari positivi sembra difficile vista dimensione inquietante crisi politica sociale conflittuali tuttora aperte. Tuttavia Scandar Copti lascia intravedere nemmeno timido ottimismo. Sostiene infatti che rabbia e dolore accumulati servire pure come leve potenti capaci di favorire movimenti trasformativi.

Si richiama all’esperienza irlandese sotto occupazione britannica durata ottocento anni similmente al lungo percorso sofferto dai palestinesi duraturo circa settantasei anni. La fiducia include elementi nuovi come forze antisioniste interne israeliane studenti universitari sparsi mondo disposto pagare pesi importanti quali esclusione scolastica pur condividendo valori civili basati sulla pace uguaglianza. In questo tempo storico vede svolgersi proteste significative analoghe e più ampie già avvenute storia recente Vietnam Algeria confermando che taluni costi bene cambiare rotta per interi conflitti apparentemente infuocati lunghissimo periodo storico regionale.

La parola passa dunque alle immagini di happy holidays capace tuttavia far emergere e stimolare discussioni urgenti riguardanti questioni sul campo sociale politico cultura personali restituite con linguaggio cinematografico senza forzature ideologiche risoluzioni semplicistiche. Film prodotto contemporaneo indispensabile testimone concretezza dolorosa presente Medio Oriente 2025 ancora tutta aperta nei suoi destini.

Written by
Davide Galli

Davide Galli scrive per capire, non solo per raccontare. Blogger dallo stile asciutto e riflessivo, attraversa i temi di cronaca, politica, attualità, spettacolo, cultura e salute con uno sguardo mai convenzionale. Nei suoi articoli c’è sempre una domanda aperta, un invito a leggere tra le righe e a non fermarsi alla superficie.

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