Il secondo romanzo di Sara Gambazza, ambientato tra il 1922 e il 1945, racconta con parole crude e vive la vita nel quartiere Oltretorrente di Parma. Un affresco di povertà, guerra e scelte difficili attraverso la voce di Anita, prostituta madre di due figlie, e delle persone che cercano sostegno in mezzo a lotte e privazioni.
La protagonista e il contesto storico-sociale
Anita è una donna che vive ai margini della società, costretta alla prostituzione per sopravvivere. Il racconto si svolge nel difficile periodo interbellico e durante la seconda guerra mondiale, in una zona povera di Parma nota per la sua resistenza antifascista. Il romanzo descrive come la guerra e la miseria forzino scelte dure. Anita abita in una stanza cadente e cresce due figlie: Rosa, avviata presto a lavori umili, e Ninfa, dotata di un talento speciale che le permette di studiare e ambire a una vita diversa. Il bordello, dove Anita trascorre la maggior parte del tempo, diventa anche un rifugio, una sorta di famiglia alternativa in cui le donne si proteggono a vicenda.
Legami forti e piccole solidarietà
I personaggi vivono una realtà fatta di miseria e violenza, ma anche di legami forti e piccoli gesti di solidarietà. Le figlie di Anita sono il fulcro della narrazione: sono unite fino a quando l’amore mette distanza tra loro. Ninfa decide di lasciare il quartiere, trovando nuove opportunità, ma la realtà del borgo rimane un punto di riferimento irrinunciabile per lei. Questi elementi mostrano senza filtri il mondo degli exploit e della lotta quotidiana di chi vive ai confini.
Le radici del racconto: ispirazioni familiari e territoriali
Sara Gambazza prende spunto dalla storia della propria famiglia materna, in particolare dalla nonna che aveva svolto la stessa professione di Anita. La zona dell’Oltretorrente, con le sue condizioni di vita precarie e il contrasto con il potere fascista, diventa il palcoscenico reale su cui si muovono i personaggi. Gambazza ha approfondito il vissuto dell’epoca grazie a cronache, archivi e testimonianze, mettendo in luce un pezzo di storia locale spesso dimenticato.
La scrittrice confessa di aver voluto dare una speranza maggiore rispetto a quella ricevuta dalla sua famiglia, inserendo nel racconto momenti di resistenza e protezione reciproca tra le donne. La ricostruzione dettagliata di ambienti e tempi restituisce un quadro credibile e vivido, in cui la lingua popolare e i modi di dire del quartiere contribuiscono a dare voce autentica ai protagonisti. La scelta di raccontare una comunità femminile che si sostiene incarna l’aspetto umano oltre la sofferenza.
L’importanza delle figure femminili e la maternità nel romanzo
Il romanzo mette al centro madri, figlie e donne che si assumono responsabilità grandi in situazioni difficili. La maternità viene rappresentata non solo come legame biologico ma anche come forma di cura e protezione all’interno di ambienti duri. Anita, pur lontana dagli stereotipi, si prende cura delle figlie e le protegge. La stessa Gambazza ammette di aver cercato nei personaggi una figura materna ideale, diversa da quella che ha avuto in famiglia.
Madri, legami e alternative
Il racconto esplora anche madri impreparate o sfuggenti, sottolineando come la mancanza di modelli forti influenzi il destino personale e familiare. Al contrario, le relazioni che si creano nel bordello e i legami di affetto nelle famiglie di fatto, nate fuori dai legami di sangue, mostrano alternative di sostegno e mutuo aiuto. Questi aspetti arricchiscono il quadro della vita quotidiana delle donne, delineando una rete di compensazioni affettive molto umana.
Il ruolo della guerra e la realtà vissuta dai personaggi
La seconda guerra mondiale è il contesto drammatico di molte vicende del romanzo ma ne resta sullo sfondo come forza esterna che modifica radicalmente le vite. Gambazza preferisce mostrare gli effetti immediati della guerra sulle persone comuni: la perdita di uomini, la fame, la paura. I personaggi non comprendono sempre le ragioni del conflitto, ma sperimentano il suo impatto concreto sulla sopravvivenza quotidiana.
Attraverso gli occhi di chi non ha potere né voce in capitolo, emerge la crudezza del periodo: risorse scarse, disperazione e difficoltà nelle scelte di ogni giorno. Questo approccio fa emergere la drammaticità del tempo senza retorica, mostrando la guerra come un evento che travolge esistenze ordinarie senza soluzioni semplici. Al tempo stesso, la resistenza e la lotta per mantenere umanità rivelano una certa speranza nella volontà di sopravvivere.
I doni nascosti dei personaggi e il legame con il borgo
In particolare la maggiore delle figlie, Ninfa, possiede un dono speciale: percepisce un odore che annuncia la morte imminente. Questo elemento sovrannaturale introduce un contrasto con la durezza della vita nel borgo, suggerendo una dimensione oltre il reale. Il potere di Ninfa rappresenta la sua capacità di guardare oltre la miseria e immaginare un futuro diverso, segnando la sua strada verso l’emancipazione.
Attaccamento al luogo d’origine
Il legame con il quartiere rimane però centrale. Nonostante i cambiamenti e le separazioni, i protagonisti conservano un attaccamento profondo al luogo in cui sono cresciuti. Questo legame rappresenta l’idea che, anche dopo il riscatto sociale, non si possa dimenticare da dove si proviene. Le contraddizioni tra fuga e ritorno compongono una trama che parla di radici e identità senza banalizzazioni.
Con questo romanzo, Sara Gambazza racconta con lucidità storie di marginalità e speranza, intrecciando vite segnate dal dolore e da piccoli gesti di umanità, in un contesto preciso e poco raccontato della storia italiana.