Una lettera ufficiale inviata dalla Rai a Sigfrido Ranucci, volto noto di Report, ha acceso un dibattito che coinvolge la libertà di stampa e l’autonomia del servizio pubblico in Italia. L’azienda pubblica ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del giornalista, suscitando reazioni politiche e mediatiche. La vicenda è emersa grazie all’europarlamentare Sandro Ruotolo, che ha reso pubblici i dettagli attraverso Fanpage.
Cosa prevede il procedimento disciplinare
Sigfrido Ranucci è stato convocato dalla Rai per rispondere a un provvedimento disciplinare legato alla sua partecipazione a trasmissioni televisive non autorizzate secondo l’azienda. In particolare si fa riferimento alle sue apparizioni su La7 nei programmi condotti da Lilli Gruber. Ranucci sostiene di aver ricevuto il via libera dal direttore Carlo Corsini ma la Rai contesta questa versione.
Contestazioni aggiuntive
Oltre alle ospitate televisive, vengono messe sotto accusa anche le presentazioni pubbliche del libro scritto dal giornalista, che affronta temi legati alla libertà di stampa. Tra le occasioni citate c’è stata una sua difesa dalle accuse mosse da Italo Bocchino durante Piazza Pulita.
La lettera firmata dall’amministratore delegato Giampaolo Rossi e dal direttore delle risorse umane Felice Ventura sottolinea presunte violazioni delle regole interne all’azienda. Secondo Ruotolo questo atto rappresenterebbe un tentativo diretto di limitare una voce critica nel panorama dell’informazione pubblica italiana.
La visione politica di ruotolo
Sandro Ruotolo ha definito il provvedimento come uno “schiaffo all’articolo 21 della Costituzione”, quello dedicato proprio alla libertà d’espressione e al diritto dei cittadini a ricevere informazioni libere e indipendenti. Per l’europarlamentare la scelta della Rai segna una fase preoccupante nel rapporto tra istituzioni pubbliche dell’informazione e pluralismo democratico.
Ruotolo interpreta questa mossa come parte di una strategia più ampia volta a ridurre gli spazi per il giornalismo investigativo critico verso certe forze politiche o interessi economici presenti in Italia. Il riferimento esplicito va al cosiddetto fenomeno “Telemeloni”, termine usato per indicare presunti tentativi di controllo dei media da parte dell’attuale maggioranza governativa.
Il caso Ranucci viene quindi visto non solo come un problema interno aziendale ma anche come segnale politico sulla direzione che sta prendendo il servizio pubblico radiotelevisivo nazionale negli ultimi mesi.
L’impatto del media freedom act sui media italiani
La vicenda si inserisce in un momento delicatissimo per i media italiani perché manca poco all’applicazione piena del Media Freedom Act europeo. Questo regolamento impone agli stati membri – compresa Italia – criteri più rigorosi per garantire autonomia ed indipendenza nelle aziende editoriali controllate dallo Stato o enti pubblici simili.
Secondo molti osservatori questo nuovo quadro normativo dovrebbe proteggere figure come quella di Sigfrido Ranucci dai rischi derivanti da pressioni politiche o interventi aziendali arbitrari sul contenuto informativo offerto ai cittadini tramite i canali pubblici.
Una contraddizione evidente
Invece l’avvio del procedimento contro Ranucci sembra andare nella direzione opposta rispetto agli standard europei auspicati proprio dal Media Freedom Act; mette in discussione quella tutela essenziale prevista per chi lavora nell’ambito del giornalismo investigativo sui canali statali italiani.
Questa situazione alimenta dubbi sull’effettiva capacità della Rai nel rispettare principi fondamentali quali pluralità delle opinioni, trasparenza gestionale interna ed equilibrio tra poteri politici ed editoriale nelle scelte redazionali quotidiane dell’emittente nazionale italiana.