Il digitale terrestre in molte zone italiane continua a creare disagi per chi abita in aree con ostacoli fisici o configurazioni particolari. Tra difficoltà di ricezione, canali sfasati e audio fuori sincrono, la fruizione dei programmi televisivi diventa spesso frustrante. Nel frattempo, il calcio trasmesso sulle piattaforme tradizionali perde voce e atmosfera sugli spalti, mentre nel mondo della musica emergono questioni etiche legate alle scelte di investimenti da parte delle grandi aziende digitali.
Le difficoltà del digitale terrestre nelle abitazioni italiane
Da quando è diventato obbligatorio orientare l’antenna verso i ripetitori del digitale terrestre, molti utenti hanno incontrato problemi tecnici che impediscono una corretta ricezione. Chi vive in strade strette o circondato da palazzi alti si trova spesso impossibilitato a captare i segnali necessari. È il caso di chi abita in un piccolo palazzo immerso tra edifici più elevati che schermano completamente i ripetitori principali situati anche a chilometri di distanza.
In queste condizioni la soluzione è stata affidarsi alla parabola satellitare per poter accedere ai canali televisivi senza interruzioni. Ma questo comporta costi aggiuntivi come abbonamenti Sky o Now Tv e l’installazione sul tetto di apparecchiature non sempre semplici da gestire. Per anni molti spettatori si sono trovati così tagliati fuori dalla normale programmazione gratuita.
Gli aggiornamenti continui del segnale digitale hanno creato ulteriori complicazioni: decoder obsoleti non compatibili con le nuove frequenze oppure limitazioni nella scelta dei canali disponibili su certe tv piccole usate nelle cucine dove si guarda solo un programma fisso come La7 durante i pasti.
In salotto invece le televisioni più moderne mostrano un ordine alfabetico dei canali anziché numerico tradizionale: questo sposta Rai e Mediaset su numerazioni alte intorno al 160 causando confusione negli spettatori abituati all’organizzazione canonica. Ancora più singolare è la questione dell’audio che spesso risulta trasmesso in lingue straniere senza apparente motivo durante programmi italiani o partite sportive.
Questi malfunzionamenti rendono faticoso seguire eventi live come gare calcistiche dove manca addirittura il commento ufficiale lasciando solo gli applausi o cori dagli spalti, se presenti.
Il calcio senza voce: partite mute e silenzio dagli spalti
Nel periodo recente molte partite trasmesse via digitale terrestre sono prive di commento audio ufficiale; una situazione insolita soprattutto per eventi sportivi importanti come quelli internazionali o nazionali seguitissimi dal pubblico italiano ed europeo.
Questo fenomeno lascia agli spettatori solo i rumori ambientali dello stadio ma nessuna spiegazione tecnica né commento tattico degli esperti; una scelta incomprensibile visto che proprio la narrazione contribuisce ad aumentare interesse ed emozione attorno alle gare sportive.
Durante un incontro valido per il mondiale per club 2025 tra Juventus e Wydad AC , lo spettacolo sugli spalti era caratterizzato dal silenzio assoluto privo anche dei cori tradizionali tipici delle tifoserie italiane o nordafricane presenti allo stadio. Questo ha fatto sembrare l’incontro simile a uno sport individuale piuttosto che a una competizione collettiva appassionante come dovrebbe essere il calcio professionistico internazionale.
Alcuni episodi dentro al campo hanno attirato attenzione mediatica soprattutto grazie ad atteggiamenti sopra le righe di giocatori noti: minacce verbali rivolte ai tifosi oppure discussioni con allenatori evidenziano tensioni ancora vive nell’ambiente calcistico italiano contemporaneo nonostante gli anni trascorsi dalle vicende sportive passate degli stessi protagonisti.
La mancanza totale di entusiasmo sugli spalti sembra riflettere un disagio diffuso verso questa manifestazione sportiva costruita lontana dalle radici popolari originarie ma ancorata sempre più a logiche commerciali globalizzate poco coinvolgenti dal punto di vista emotivo degli appassionati tradizionali italiani ed europei.
Daniele ek, spotify e gli investimenti controversi nella tecnologia militare
Un capitolo importante riguarda invece Daniele Ek, fondatore dell’azienda Spotify, finito sotto accusa per aver investito centinaia di milioni nel settore militare tramite società tecnologiche impegnate nello sviluppo d’intelligenze artificiali applicate ai droni, sottomarini ed aeromobili da guerra.
Nel dettaglio Ek avrebbe destinato circa seicento milioni dollari attraverso Prima Materia, impresa specializzata nella creazione sistemi bellici avanzati. Questa informazione è stata riportata dai media internazionali creando scalpore tra artisti musicali fan della piattaforma streaming.
L’investimento appare incoerente rispetto alle dichiarazioni pubbliche contro guerre genocidi conflitti armati portate avanti dall’imprenditore stesso. Moltissimi artisti italiani non hanno reagito pubblicamente né promosso boicottaggi verso Spotify malgrado queste notizie.
Solo Piero Pelù ha espresso critiche nei confronti dell’azienda evidenziando inoltre l’impossibilità pratica d’intervenire direttamente essendo proprietario esclusivamente delle proprie registrazioni discografiche ma non dei master detenuti dalla multinazionale svedese.
La mancanza generalizzata d’interventi pubblici rappresenta uno scenario preoccupante sulla responsabilità sociale delle figure culturali coinvolte nell’industry musicale contemporanea specie riguardo tematiche etiche delicate quali finanziamento armi uso dell’intelligenza artificiale in ambiti bellici.
Motivazioni personali dietro al rifiuto della piattaforma spotify
Chi scrive ha scelto consapevolmente d’escludere Spotify dalla propria esperienza musicale quotidiana proprio perché ritiene incompatibile utilizzare servizi digitali legati ad aziende coinvolte nello sfruttamento economico degli artisti indipendentemente dalla loro notorietà oltreché collegati ad attività controverse quali quelle militari citate prima.
Non usare questa piattaforma significa anche evitare complicità indirette rispetto alla diminuzione qualitativa generale della produzione musicale favorita dagli algoritmi automatici imposti dall’applicativo stesso limitandone varietà originalità valore artistico complessivo secondo diverse analisi indipendenti fatte negli ultimi anni.
Quando qualcuno invia link musicali provenienti da Spotify viene sempre chiarito questo punto : “la mia religione mi impedisce utilizzarlo” frase simbolica volta sottolineare quanto profondamente personale sia tale rifiuto basato su considerazioni concrete relative alla sostenibilità culturale economica morale del sistema attuale dello streaming musicale globale.