Peppe Vessicchio, storico direttore d’orchestra legato al Festival di Sanremo, ha concesso un’intervista che offre uno sguardo diretto sulla situazione attuale della musica italiana. Il maestro si è soffermato su come il Festival sia cambiato negli anni, criticando alcune tendenze e raccontando episodi del suo lungo percorso artistico. L’intervista tocca temi come l’evoluzione delle performance vocali, le nuove generazioni di artisti e i ricordi legati ai momenti più intensi della sua carriera.
Gli esordi di peppe vessicchio a sanremo: ricordi e aneddoti dal 1986
Peppe Vessicchio ha iniziato la sua avventura al Festival di Sanremo nel 1986. In quell’anno l’orchestra non suonava ancora dal vivo durante le esibizioni dei cantanti, ma lui ebbe modo di arrangiare “Canzone triste” per Adelmo Fornaciari, che sarebbe poi diventato famoso con lo pseudonimo Zucchero. Questo periodo rappresentava un’epoca in cui gli artisti puntavano a diffondere la propria musica in modo universale, sognando “di abbracciare il mondo” attraverso le canzoni.
Ricordi di vecchie collaborazioni
Nel corso degli anni Vessicchio ha vissuto molte esperienze significative al Festival. Ricorda con particolare affetto l’edizione del 1990 tenutasi al Palafiori dove ha diretto Mia Martini e Mango. Ha avuto anche occasioni straordinarie come lavorare durante le prove pomeridiane con star internazionali quali Whitney Houston o Ray Charles. Questi momenti testimoniano una fase in cui la musica era protagonista assoluta senza compromessi scenici o commerciali.
Il racconto si arricchisce anche dell’esperienza con gruppi innovativi come Elio e le Storie Tese che hanno portato creatività imprevedibile sul palco del festival stesso. Nel complesso questa parte dell’intervista mette in luce un tempo in cui la qualità vocale e musicale veniva messa davanti a tutto.
Critiche all’autotune: vessicchio contro la tecnologia nella musica moderna
Il maestro non nasconde un giudizio severo sull’utilizzo massivo dell’autotune nella produzione musicale contemporanea. Secondo lui questo strumento permette a chi non possiede vere capacità vocali di emergere facilmente senza fatica tecnica reale dietro alla voce registrata o modificata digitalmente.
Vessicchio definisce l’effetto dell’autotune una forma di livellamento sonoro che elimina differenze importanti tra voci diverse: «Livella tutto», dice citando Totò per sottolineare come questa pratica banalizzi i risultati musicali rendendoli tutti simili tra loro . Questa omologazione danneggia chi potrebbe invece sviluppare un talento autentico perché semplifica troppo tutto il processo creativo ed esecutivo.
La critica riguarda anche una perdita del valore artigianale nella preparazione vocale dei cantanti moderni rispetto alle generazioni passate dove lo studio tecnico era fondamentale per raggiungere risultati elevati senza artificiosi ritocchi digitalizzati.
Trasformazioni nel festival di sanremo: da festa della canzone a spettacolo dei volti
Vessicchio osserva attentamente i cambiamenti avvenuti nell’identità stessa del Festival di Sanremo negli ultimi decenni. Per lui Sanremo non è più quel luogo dedicato alla canzone italiana intesa soprattutto come composizione e interpretazione musicale profonda ma si è spostato verso una dimensione più visiva ed estetica dove conta molto l’immagine degli interpreti sul palco piuttosto che il brano proposto.
L’ex direttore d’orchestra sostiene infatti che oggi prevale una logica diversa rispetto al passato: prima venivano scelte principalmente le canzoni da presentare mentre ora sembra prevalere la selezione basata sui volti da mettere sotto i riflettori per attrarre pubblico televisivo o social media followers.
Questa trasformazione porta secondo lui a far perdere centralità all’aspetto musicale vero lasciandolo subordinato ad altre dinamiche legate allo show business piuttosto che all’arte sonora pura tipica delle origini del festival stesso.
Lo spostamento verso un pubblico più vasto
Questo processo riflette un cambiamento culturale profondo nel modo di percepire e fruire la musica, dove il valore estetico e mediatico prevale sulla sostanza artistica.
Ricordi personali e speranze per i giovani talenti italiani
Tra nostalgia ed esperienza personale Peppe Vessicchio ripercorre alcuni momenti salienti della sua carriera accanto ad artisti indimenticabili quali Mia Martini, figura simbolo della scena italiana degli anni ’90 tanto amata quanto tormentata dalla critica superficiale ma sempre valorizzata dal maestro nei suoi racconti umani oltreché professionali.
Racconta anche aneddoti meno noti legati alla nascita del cosiddetto “tesoretto” nel programma Amici dove ha collaborato contribuendo alla crescita delle nuove leve musicalmente promettenti ma spesso costrette ad adattarsi alle logiche commercial-televisive dominanti oggi nel mercato discografico italiano.
Non manca infine uno sguardo rivolto avanti verso ciò che auspica possa essere il futuro per giovani cantanti italiani; auspicando maggior attenzione verso contenuti musicalmente validi e meno dipendenza dagli effetti speciali e dalle mode passeggere imposte dall’esterno alle produzioni artistiche genuine.
L’intervista consegna così uno spaccato diretto sull’evoluzione culturale dentro uno degli eventi più seguiti di ogni anno, mettendo sotto osservazione scelte artistiche, tecnologie applicate e mercati emergenti. Peppe Vessicchio resta voce autorevole capace ancora oggi, dopo decenni, di suscitare riflessioni sul destino reale della musica popolare nostrana.