Paolo Calabresi ci racconta dal tetto di un albergo a Sestri Levante, con la baia del silenzio davanti agli occhi, la sua esperienza recente legata a Il Gattopardo, la miniserie Netflix tratta dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Allo stesso tempo riflette sui cambiamenti del cinema italiano, le difficoltà del settore e l’importanza di riconoscere nuovi talenti. Durante la chiacchierata, Calabresi tocca temi che vanno dalla realtà politica mondiale agli inevitabili condizionamenti imposti dalle piattaforme streaming.
La realtà e i david di donatello: quando il cinema parla di guerra e crisi
Sul palco del teatro 5 di Cinecittà, durante l’ultima edizione dei David di Donatello, la scena è stata attraversata da discorsi che hanno messo in luce le difficoltà che attraversa il mondo e l’industria audiovisiva. La guerra a Gaza, il congelamento di molti set, la crisi di molte produzioni. Paolo Calabresi commenta questa svolta, sottolineando che il reale è entrato nelle conversazioni ufficiali ma quasi sempre “a tradimento”, come se fosse qualcosa di straordinario e non la norma. Ricorda gli interventi di artisti come Elio Germano, che in pochi secondi hanno cercato di far passare messaggi importanti, spesso sgraditi a qualche spettatore.
Calabresi suggerisce che queste occasioni dovrebbero diventare il luogo dove parlare senza riserve delle problematiche del mondo del cinema e della società. Senza appesantire, certo, ma senza dover rubare spazio o tempo, come se fosse un excursus da infilare di corsa. È una situazione che il mondo dello spettacolo, e chi lo segue, continua a vivere con attenzione crescente, visto che i temi sociali e politici diventano sempre più urgente portarli davanti al pubblico.
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Il peso dell’algoritmo e il privilegio di chi lavora
Negli ultimi mesi molte maestranze e artisti denunciano al rallentamento nei progetti, produzioni bloccate e distribuzioni che si fanno sempre più rare e selettive. Paolo Calabresi ammette di considerarsi fortunato per la quantità di lavoro che riesce ancora a gestire, anche grazie al fatto che ha scelto di continuare a fare teatro e un tipo di televisione che non rinuncia a nessuna opportunità. Il rovescio della medaglia riguarda la qualità complessiva delle produzioni in circolazione.
Il vero dominatore del mercato, secondo l’attore, è l’algoritmo delle piattaforme di streaming. Le produzioni tendono sempre più a puntare su progetti che garantiscono una risposta positiva da parte dell’algoritmo stesso. Così si privilegia la sicurezza commerciale all’interno di un sistema che tende a riproporre formule già conosciute e apprezzate dal pubblico digitale. Il Gattopardo rappresenta invece una fuoriuscita da queste logiche: il progetto, nato da un romanzo di forte spessore e sviluppato nell’arco di dieci anni, è stato realizzato dalla produzione e dal regista senza farsi guidare esclusivamente da calcoli di mercato o algoritmi.
Questa miniserie, grazie anche a una regia internazionale e a scelte coraggiose, riesce a mantenere una prospettiva che sfugge a molte serie realizzate oggi in Italia. Calabresi sapeva già che avrebbe suscitato critiche, alcune forse legate più a preconcetti che ad analisi oggettive della qualità.
Il premio mattia torre: un omaggio alla satira e nuovi talenti
Il mondo culturale italiano ha da poco salutato l’istituzione di un premio dedicato alla memoria di Mattia Torre, autore e regista che ha lasciato una forte impronta nella comicità e satira sociale. Il riconoscimento valorizzerà opere inedite di giovani under 35 e sarà consegnato durante due giornate a ottobre al teatro dell’unione di Viterbo.
Calabresi, che ha avuto un rapporto molto stretto, quasi fraterno, con Torre, parla di un’eredità che va oltre il premio: si ritrova nelle pagine e nei lavori dello scrittore. Dalle riflessioni su morte e ironia fino alle opere teatrali come “Qui e Ora”, la sua voce resta viva. L’attore ha partecipato a tournée teatrali basate sui testi di Torre e spiega come molti lavori di Mattia contengono un mix di sagacia e profondità, un ingrediente che ha segnato la sua carriera fino alla fine.
Le scommesse su nuovi attori e l’industria che frena sul coraggio
Un nodo critico che Calabresi sottolinea riguarda il sistema italiano della serialità e del cinema, dove manca il coraggio di puntare su volti nuovi. Spesso si preferiscono nomi noti, che assicurano incassi o finanziamenti, a scapito di giovani talenti che restano senza spazio. Per l’attore, questa pratica è insensata. Il modello giusto sarebbe quello di scegliere gli interpreti più adatti ai ruoli, indipendentemente dalla loro fama.
Ricorda il caso di Boris, successo nato proprio dal fatto che quasi tutto il cast era composto da attori sconosciuti o poco noti, scelti soltanto perché adatti. Un’eccezione rara nel panorama italiano. Calabresi indica come spesso a incidere siano logiche di potere, con produzioni che ottengono fondi solo se includono certi nomi stabiliti. Considera questo sistema una trappola che soffoca la creatività e ostacola idee innovative.
L’esperienza personale tra scelte professionali e snobismi da evitare
Paolo Calabresi parla anche del proprio percorso, che lo ha portato ad accettare ruoli di ogni genere, senza mai fare distinzioni snobistiche. Cita progetti criticati da altri colleghi come “Gli occhi del cuore 2” o “La Monnezza”, lavori con sceneggiature o regie non sempre all’altezza, dove però ha imparato molto sul mestiere di attore.
Nel confronto con situazioni difficili nei set meno prestigiosi, dice, si acquisisce la capacità di reggere il ruolo e mantenere credibilità. Questo aspetto spesso manca in attori che scelgono solo ruoli “importanti” o “di qualità”. Calabresi invita i più giovani a non sottovalutare queste esperienze, fondamentali per costruire una carriera solida e reale, piuttosto che idealizzata. Critica l’atteggiamento di chi si monta la testa e rifiuta lavori che reputa inferiori, considerandoli invece tappe utili per crescere.
Con questa posizione, Calabresi si colloca come un osservatore attento e schietto della realtà italiana del cinema e della televisione, in cui l’industria affronta tensioni e cambiamenti sotto molti aspetti, dalla produzione al riconoscimento del talento. La sua esperienza diretta, i racconti di set e premiazioni, offrono uno sguardo concreto su un mondo in difficoltà ma ancora capace di generare storie e personaggi validi.