Home Oltre 350 artisti a cannnes: una lettera contro la strage a gaza e per ricordare fatma hassouna

Oltre 350 artisti a cannnes: una lettera contro la strage a gaza e per ricordare fatma hassouna

Al festival di Cannes, oltre al glamour, si alza un forte appello del mondo del cinema contro le violenze a Gaza e in memoria della fotoreporter Fatma Hassouna, vittima di un bombardamento.

Atmosphere At The 78th Annual Cannes Film Festival

Al 78° Festival di Cannes, oltre al glamour, oltre 350 protagonisti del cinema hanno lanciato un appello contro le violenze a Gaza, ricordando la giovane fotoreporter Fatma Hassouna uccisa in un bombardamento, e chiedendo un impegno artistico contro l’indifferenza e per la difesa delle voci oppresse. - Unita.tv

Il 78esimo festival di Cannes, in corso nella cittadella della Croisette, si è trasformato in uno scenario dove cinema e cronaca si intrecciano drammaticamente. Tra il lusso e le prime mondane, una voce collettiva si è alzata per denunciare le violenze nella striscia di Gaza e ricordare la giovane fotoreporter palestinese Fatma Hassouna, uccisa in un bombardamento. Più di 350 protagonisti del mondo del cinema internazionale hanno firmato una lettera aperta pubblicata il giorno inaugurale, chiedendo di non ignorare il dramma che si consuma in Medio Oriente.

La lettera aperta: un appello dal mondo del cinema contro la guerra a gaza

Il documento, diffuso da testate come Libération e Variety, esprime un senso di sgomento e vergogna per il silenzio di molti nell’industria cinematografica di fronte alle atrocità a Gaza. Gli artisti ricordano che qui si sta consumando un genocidio, e invitano i loro colleghi a non restare inerti. Le firme chiedono al cinema di esercitare la sua influenza per raccontare storie di impegno civile e proteggere chi subisce oppressioni. L’appello sottolinea il dovere morale di trarre insegnamenti dal passato, facendo film capaci di tenere al centro le voci più deboli, e non permettendo che la realtà venga nascosta o sminuita.

La lettera ribadisce come il silenzio rappresenti una complicità nelle vicende tragiche della striscia di Gaza. Per molti firmatari, prestare attenzione e produrre contenuti che facciano luce su questi conflitti è un compito ineludibile per il cinema, capace di diffondere consapevolezza e mobilitare le coscienze in momenti di crisi.

Chi era fatma hassouna e la tragedia che ha colpito la sua famiglia

Fatma Hassouna aveva 25 anni ed era una giovane fotoreporter palestinese il cui lavoro metteva a fuoco le difficoltà e le speranze di Gaza. Il 16 aprile 2025, la casa in cui viveva con la sua famiglia nel nord della striscia è stata distrutta durante un raid aereo israeliano. Nel bombardamento hanno perso la vita anche dieci suoi parenti, compresa la sorella incinta. Fatma stava per sposarsi, un evento che avrebbe dovuto segnare una nuova tappa della sua vita.

La notizia della sua morte è arrivata il giorno dopo l’annuncio della selezione del documentario “Put Your Soul on Your Hand and Walk” di Sepideh Farsi per la sezione ACID del festival di Cannes, in cui Fatma era protagonista. Questa coincidenza amara ha reso la tragedia ancora più dolorosa per il mondo del cinema, che vede nei suoi volti il riflesso delle storie di chi vive quotidianamente in zone di guerra.

La condizione dei giornalisti a gaza e gli attacchi agli operatori culturali

L’accesso alla striscia di Gaza è ormai chiuso ai giornalisti stranieri da mesi, un divieto imposto dopo il massacro del 7 ottobre 2023. Questo isolamento rende difficili le verifiche indipendenti sugli eventi sul terreno. Secondo la lettera dei firmatari, più di 200 giornalisti, operatori culturali, cineasti e scrittori palestinesi sono stati uccisi o aggrediti in modo mirato durante il conflitto. Queste azioni contribuiscono a creare un clima di intimidazione contro chi prova a documentare o narrare ciò che avviene.

Uno degli episodi richiamati è quello che ha riguardato Hamdan Ballal, regista palestinese vincitore di un Oscar nel 2025 per il documentario “No Other Land”. Ballal è stato aggredito da coloni israeliani, poi arrestato dall’esercito e liberato dopo pressioni internazionali. La mancata risposta dell’Academy degli Oscar ha poi provocato dure polemiche e scuse pubbliche per non aver difeso prontamente il regista.

Cannes come palcoscenico di memoria e resistenza contro l’indifferenza

La lettera e l’impegno degli artisti si innestano in un’edizione del festival che ha già scelto di affrontare realtà di guerra, come testimoniano i film sulla crisi in Ucraina. L’attenzione verso Fatma Hassouna e il suo documentario si inserisce in questo contesto, trasformando il festival in uno spazio da cui lanciare un monito contro il rischio di dimenticare le vittime civili.

I firmatari chiedono di opporsi alla propaganda che offusca la percezione di ciò che accade, e di usare il cinema come mezzo per dare voce a chi spesso muore invisibile. È un invito a guardare da vicino le storie di sofferenza, a non fingere che siano distanti o irrilevanti. Questa ribellione contro l’oblio affida alle immagini e alle narrazioni la forza per conservare memoria e partecipazione delicata.

L’appello per un cinema che racconta e protegge le voci oppresse

Il documento insiste sull’urgenza di fare film che siano davvero impegnati, di persistere nel raccontare realtà scomode per evitare la complicità dell’indifferenza. Le firme non risparmiano critiche pesanti all’atteggiamento passivo di alcune figure e istituzioni del mondo cinematografico, che si sono mantenute neutrali o silenti di fronte a genocidi e violenze.

Gli artisti denunciano il clima di aggressione ideologica che attraversa molte società, con la diffusione di movimenti di destra estrema, razzismo, sessismo e islamofobia. Definiscono questo assalto un attacco diretto contro l’arte, la cultura e l’educazione, e affermano la necessità di combattere per mantenere questi spazi aperti a pluralità di voci e verità. Per loro, la memoria del sacrificio di Fatma Hassouna diventa un punto di riferimento per tenere accesa l’attenzione e prolungare la resistenza culturale nel cuore delle comunità artistiche.

Il festival di Cannes, oltre alle sue luci e al suo spettacolo, accoglie dunque questa mobilitazione fortissima, rivelando una realtà che va al di là delle immagini patinate. La lettera, con tutta la sua gravità, lascia un segno nel dibattito sull’arte e responsabilità, portando in primo piano chi ancora lotta per raccontare e sostenere la verità, anche quando questa costa vite e dolore.