Nottefonda, il viaggio di dolore e solitudine di ciro nella periferia di napoli al cinema nel 2025

Il film Nottefonda di Giuseppe Miale di Mauro esplora il lutto e la lotta interiore di Ciro, interpretato da Francesco Di Leva, in una Napoli isolata e silenziosa.
"Nottefonda" di Giuseppe Miale di Mauro racconta la lotta interiore di Ciro, un uomo distrutto dalla perdita della moglie, immerso nella solitudine della periferia napoletana, tra dolore, dipendenza e il fragile legame con il figlio. - Unita.tv

Il film Nottefonda di Giuseppe Miale di Mauro, uscito nelle sale dopo la presentazione alla Festa del Cinema di Roma, racconta una storia di lutto e lotta interiore. Tratto dal romanzo La strada degli americani scritto dallo stesso regista nel 2017, il lungometraggio si concentra sul dolore di un uomo distrutto dalla perdita della moglie e sulle conseguenze che questa tragedia crea nella sua vita e in quella del figlio. L’ambientazione nel cuore della periferia est di Napoli aggiunge un quadro di isolamento e silenzi che si intrecciano con le emozioni del protagonista.

Il personaggio di ciro e l’interpretazione di francesco di leva

Ciro, interpretato da Francesco Di Leva, è al centro della narrazione: un uomo segnato da una profonda disperazione, che da un anno percorre le strade di notte a caccia della vettura rossa responsabile della morte della moglie. La sua è una lotta senza fine contro il vuoto lasciato dall’assenza e contro se stesso. Accanto a lui c’è Luigi, il figlio tredicenne, interpretato da Mario Di Leva, che nella trama svolge un ruolo importante. Il ragazzo cerca di spingere il padre a ritrovare un contatto con la realtà, spesso assumendo il ruolo di chi sostiene e cerca di scuotere un adulto ormai prigioniero del proprio dolore.

L’interpretazione fisica ed emotiva di di leva

La discesa di Ciro nei suoi tormenti appare tangibile grazie all’interpretazione fisica e emotiva di Di Leva, che riesce a trasmettere sensazioni di perdita e disperazione anche nei momenti di silenzio, rendendo ogni gesto e sguardo carico di significato. La scelta di mostrare Ciro afflitto dall’abuso di crack evidenzia come il protagonista si sia isolato e chiuso a ogni possibilità di riscatto. Il legame con la madre, interpretata da Dora Romano, e con l’amico Rosario, interpretato da Adriano Pantaleo, contribuisce al quadro di fragilità che circonda Ciro, segnando il lento e inarrestabile crollo della sua vita.

Napoli: un ambiente che diventa riflesso del vuoto interiore di ciro

L’ambientazione gioca un ruolo essenziale in Nottefonda, eppure non domina visivamente la scena con i soliti scorci iconici della città. La zona della periferia est di Napoli è raccontata attraverso elementi urbani meno riconoscibili: sottopassaggi, tetti di palazzi, strade illuminate da lampioni e fari. Questo approccio rende la storia più universale e concentra l’attenzione sulla dimensione emotiva dei personaggi piuttosto che sul luogo.

Il periodo natalizio, in cui si svolge la maggior parte della vicenda, amplifica la contrapposizione tra il calore che nella tradizione accompagna queste feste e la solitudine che attanaglia il protagonista. La fotografia di Michele D’Attanasio, con toni freddi e metallici, elimina le tonalità calde usuali associate a Napoli, inserendo il racconto in un’atmosfera distante e pungente. Le inquadrature, spesso fisse e ravvicinate sui volti, invitano lo spettatore a rimanere concentrato sulle emozioni interne, senza distrazioni esterne. Questa scelta valorizza i silenzi e i dettagli, ma a volte anticipa il finale, rendendo il pathos narrativo prevedibile.

Atmosfere e silenzi

Il buio della notte avvolge Ciro in un isolamento che sembra destinato a cancellarlo, ma nel corso del film affiora una luce tenue. È una piccola forza alla quale l’uomo si aggrappa, per accettare la tragedia e trovare, pian piano, la strada per rialzarsi. Nottefonda non si limita a raccontare un dolore senza vie d’uscita, ma lascia spazio a quel filo sottile che permette di affrontare la realtà, tornare a sentire e, nonostante tutto, arrischiare un sorriso.

Gli spettatori accompagnano Ciro attraverso un percorso segnato da ricordi e confronti emozionali, lento e crudele ma necessario. Le scene di flashback scandiscono questo viaggio nel passato e mostrano la famiglia prima del trauma, chiarendo le dinamiche che hanno preparato il terreno per la disfatta emotiva. Il film si configura così come un ritratto intimo, una discesa dentro la sofferenza che non cerca dettagli inutili ma vuole far sentire la fatica di chi non riesce a distaccarsi dal dolore.