La piattaforma streaming Netflix ha inserito nel suo catalogo Too much, l’ultima creazione di Lena Dunham. La serie racconta le vicende di Jessica, una produttrice pubblicitaria che si trasferisce da New York a Londra dopo una rottura sentimentale. Nonostante il cast e alcune idee interessanti, la narrazione fatica a catturare l’attenzione del pubblico e si perde spesso in stereotipi poco efficaci.
Analisi della trama e ambientazione della serie tv Too Much tra Brooklyn, Londra e Parigi
Too much segue Jessica , che decide di lasciare New York dopo essere stata lasciata dal fidanzato Zev . Zev ha iniziato una relazione con Wendy Jones , influencer molto seguita sui social media. Con il suo cane al seguito, Jessica approda a Londra dove entra nel mondo della pubblicità lavorando per un’agenzia guidata da Jonno Ratigan .
In questa nuova realtà incontra Felix , cantante affascinante con un passato familiare complicato. Tra colleghi con problemi personali diversi e situazioni difficili da gestire, Jessica cerca di rimettersi in piedi mentre affronta i suoi demoni interiori.
Per esprimere rabbia e frustrazione realizza video privati destinati ai social network rivolti soprattutto a Wendy. Cerca sostegno nella sua famiglia: la madre Lois , la nonna Dottie e la sorella Nora alle prese con una separazione.
La storia si sviluppa in dieci episodi durante i quali emergono dubbi irrisolti legati al passato dei protagonisti che complicano il percorso verso un nuovo equilibrio personale.
Analisi approfondita dei personaggi principali da Adèle Exarchopoulos a Andrew Scott: conflitti, evoluzioni e complessità
Jessica rappresenta il fulcro della narrazione ma risulta difficile stabilire un rapporto empatico con lei. Megan Stalter prova a dare vita a un personaggio complesso ma si scontra con uno script che spesso porta alla caricatura anziché all’approfondimento psicologico.
L’ossessione per Wendy è trattata senza sfumature; le reazioni fuori misura appesantiscono i momenti chiave rendendo difficile immedesimarsi nelle sue emozioni. La sessualità viene mostrata come elemento dominante ma raramente integrato in modo credibile nella storia o nei rapporti interpersonali.
Il personaggio di Felix è meno sviluppato rispetto alle potenzialità offerte dalla sua figura carismatica; lo script lascia molti interrogativi sul perché resti accanto a una persona così centrata su se stessa come Jessica, specie considerando le tensioni familiari già presenti nella sua vita.
Anche i riferimenti culturali sono limitati ai cliché più prevedibili come reality show o romanzi classici senza aggiungere spessore alla caratterizzazione dei protagonisti o ai loro interessi reali oltre la sfera sentimentale.
Il contributo cruciale dei personaggi secondari di Brooklyn a Parigi e Londra nelle storie di Adèle Exarchopoulos e Emily Ratajkowski
Tra gli elementi più riusciti della serie ci sono proprio alcuni comprimari che pur avendo poco spazio sullo schermo offrono spunti narrativi intriganti. I vicini di casa di Jessica appaiono più vivi rispetto al protagonista principale seppure rimangano figure secondarie appena abbozzate.
Gli ospiti speciali come Naomi Watts, Adèle Exarchopoulos e Andrew Scott lasciano intravedere possibilità narrative non sfruttate appieno dallo sviluppo generale dello show.
I flashback dedicati al padre di Jessica o alle difficoltà infantili vissute da Felix erano occasioni per approfondire tematiche legate ai traumi familiari ereditati dalle generazioni precedenti; invece questi passaggi restano superficiali impedendo alla trama maggiore coinvolgimento emotivo o realismo nei conflitti personali affrontati dai protagonisti principali.
Un aspetto curioso riguarda quanto sarebbe potuto cambiare tutto se invece del trasferimento all’estero la protagonista avesse cercato supporto terapeutico per elaborare meglio il lutto sentimentale iniziale; questo interrogativo emerge spontaneo seguendo l’evoluzione degli eventi proposti dallo sceneggiatore Lena Dunham stesso.
Esplorazione della sessualità esibita e della normalizzazione dei comportamenti nelle carriere di artisti tra Brooklyn, Londra e Parigi
Too much punta molto sull’aspetto sessuale inserendolo quasi ossessivamente nelle dinamiche tra i personaggi; questo tratto distingue nettamente lo show rispetto ad altre produzioni recenti simili per genere ed argomenti trattati.
La normalizzazione delle conversazioni esplicite sulle esperienze fisiche anche nei primi incontri formali appare forzata oltre misura. Altrettanto discutibile sembra accettare avances sessuali sul posto lavoro senza conseguenze evidenti sull’ambiente professionale circostante.
Questo tipo di rappresentazione solleva dubbi sulla coerenza narrativa soprattutto quando si osservano scene in cui sia gli atteggiamenti sia le priorità lavorative vengono messe costantemente in secondo piano dagli stati emotivi turbolenti della protagonista.
L’intento dichiarato era probabilmente quello di esplorare nuove forme d’emancipazione femminile attraverso dialoghi diretti riguardo temi tabù, tuttavia risultano poco convincenti anche perché manca chiarezza su quale messaggio trasmettere realmente agli spettatori riguardo autonomia personale ed equilibrio psicologico.
Eccellente integrazione di musica, montaggio e regia nel racconto ambientato tra Brooklyn, Londra e Parigi
Nonostante le critiche relative alla scrittura, Too much presenta alcuni pregi tecnici riconoscibili sin dall’inizio. La colonna sonora accompagna bene lo svolgersi degli eventi enfatizzandone toni ed emozioni senza mai sovrastarle.
Il ritmo degli episodi mantiene vivo l’interesse grazie anche a un montaggio fluido pensato per favorire binge watching, tipico delle produzioni Netflix moderne. Alcune puntate funzionano meglio delle altre concentrandosi su eventi singoli come notti particolari oppure visite familiari cruciali per capire meglio certi nodi di conflitto interno fra i protagonisti.
Come regista Lena Dunham mostra ancora capacità nel dirigere scene complesse mostrando attenzione particolare verso dettagli visivi capaci di sottolinearne stati d’animo contrastanti; tuttavia questa abilità tecnica non riesce sempre compensare debolezze narrative evidenti specialmente nell’affrettamento finale dove qualche sequenza suggestiva conclude però un progetto lontano dall’essere convincente sotto ogni punto vista.
Tratto da movieplayer.it.
Ultimo aggiornamento il 15 Luglio 2025 da Elisa Romano