
La serie TV "Gomorra - le origini", in uscita su Sky e Now nel 2026, racconta la Napoli degli anni '70 attraverso la giovinezza di Pietro Savastano, con un'attenta ricostruzione scenografica e costumi autentici che riflettono le contraddizioni sociali dell'epoca. - Unita.tv
La nuova serie tv “Gomorra – le origini” riporta lo spettatore in una Napoli immersa negli anni ’70, raccontando la giovinezza del futuro boss Pietro Savastano. Lo show, prodotto da Sky Studios e Cattleya, sarà disponibile su Sky e Now da gennaio 2026. Lungo il percorso di produzione, lo scenografo Fabrizio d’Arpino e la costumista Olivia Bellini hanno raccontato come hanno lavorato per rendere autentico quell’epoca, differenziando la serie dalla saga originale.
Ambientare la napoli degli anni ’70 tra dettagli e strade metropolitane
Portare in scena la Napoli degli anni ’70 ha richiesto un profondo lavoro di trasformazione delle location e degli elementi urbani. Fabrizio d’Arpino ha curato la scenografia creando circa 60-70 ambienti diversi, dove pavimenti, rivestimenti e negozi sono stati ricostruiti o adattati. Il quartiere scelto per rappresentare Secondigliano è in realtà San Giovanni a Teduccio, per via della conformazione architettonica che ricorda il film “C’era una volta in America”. Qui si possono ammirare le case a due piani affacciate su un largo viale, che restituiscono un’atmosfera metropolitana ormai scomparsa.
Le stradine e le piazze sono state allestite con attenzione millimetrica, anche grazie a un archivio di oltre 300 veicoli d’epoca: dai taxi gialli alle Alfa Romeo, dalle Mustang alle Maserati. Questi elementi non sono solo decorativi, ma aiutano a narrare i sogni e le aspirazioni dei giovani protagonisti. Pietro e i suoi amici si muovono tra motorini e auto, simboli di un tempo che non ritorna. L’area di lavoro è stata organizzata in un campo base a Napoli Est, tra San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, per fornire al cast e alle maestranze tutto ciò che serve per gestire una produzione complessa.
Le scelte narrative dietro la differenza rispetto alla serie originale
Gomorra – le origini si presenta come un prequel che racconta la trasformazione di Pietro Savastano da ragazzo a boss. La storia si apre nel 1977, con un Pietro cresciuto come figlio adottivo in un contesto di povertà e contrabbando. I temi principali sono la perdita dell’innocenza, le alleanze tra ragazzi e il primo grande amore. L’approccio vuole staccarsi dalla saga originale, mantenendo però un legame narrativo e tematico forte.
Marco d’Amore, figura centrale nella serie precedente, dirige i primi quattro episodi e supervisiona la scrittura. La narrazione scava nel mondo interiore dei personaggi giovani, mostrando sogni ed errori tipici dell’adolescenza. Lo sguardo è meno teso all’inizio rispetto all’originale, per poi presentare una disillusione graduale. L’intento è costruire un racconto autonomo, in cui la città e i suoi quartieri non appaiono solo come sfondo ma come protagonisti attivi della vicenda.
Il lavoro scenografico per ricreare gli spazi della narrazione
Ogni ambientazione studiata da Fabrizio d’Arpino è stata costruita su misura per restituire un’immagine precisa di Napoli tra gli anni ’70 e ’80. Particolare attenzione è stata data a luoghi iconici come il Bar America, punto nevralgico nel racconto della criminalità e delle relazioni sociali. L’edificio chiamato Casa Caputo, invece, simula un ambiente di “co-housing” popolare dove convivono generazioni diverse con la loro quotidianità.
La scelta di usare un casolare con un terreno davanti e palazzi anni ‘60 sullo sfondo sottolinea il contrasto tra vecchio e nuovo, tra mondo contadino e metropoli in trasformazione. I negozi e le strade sono stati riprodotti con mobili, insegne e oggetti d’epoca che richiamano il contrabbando di sigarette, l’attività dominante nella trama. Questo lavoro di ricostruzione ha coinvolto centinaia di persone per ottenere la giusta atmosfera e autenticità visiva.
I costumi: il linguaggio dei vestiti tra realtà e racconto
Olivia Bellini, responsabile dei costumi, ha descritto le sfide creative per vestire più di 5000 comparse e attori di diversa estrazione sociale. Il guardaroba doveva esprimere le differenze tra i mondi di ragazzi poveri, famiglie tradizionali e borghesia emergente. L’attenzione è stata rivolta a evitare un effetto di costume artificiale, puntando a far sembrare gli abiti parte della pelle dei personaggi.
I capi riflettono l’influenza americana e londinese sugli adolescenti, mentre gli adulti restano legati a toni più sobri e caldi. La costumista ha scelto toni invernali per adeguarsi alla mezza stagione ambientale, prediligendo giacche strette e pantaloni a zampa per uomini come Angelo “a Sirena”, che mostra un look più ricercato e colorato. Per i giovani come Pietro invece, l’abbigliamento rimane semplice e meno appariscente, coerente con la sua origine modesta.
Anche il lavoro sul trucco e sulle acconciature ha seguito l’idea di ricostruire con rigore uno stile ormai scomparso. Le risposte del pubblico sono state positive, con alcuni fan disposti a modificare il proprio look seguendo l’ispirazione della serie.
I personaggi al centro della storia, tra abiti e contesti sociali
La distinzione tra i personaggi si riflette nei loro costumi e ambienti. Angelo “a Sirena”, con le sue pellicce e colori forti, rappresenta l’esibizione e il potere. I ragazzi poveri indossano capi usati o troppo grandi, che riflettono le difficoltà delle loro famiglie. La famiglia Caputo veste principalmente abiti marroni o sbiaditi, mantenendo una coerenza lungo tutta la serie.
I personaggi femminili come Imma, che proviene da una famiglia borghese e studia al conservatorio, si trasformano nel modo di vestire col progredire della storia. I suoi abiti evolvono e diventano più moderni, segno di un cambiamento personale e culturale. Scianel manifesta un’energia esuberante e un look diventato iconico già allora.
Il giovane Pietro Savastano conserva un’immagine meno frivola e più sobria. Quando partecipa a un battesimo nel corso della serie, si presenta semplice nonostante la cerimonia, mostrando come il carisma non richieda abiti appariscenti. L’ambiguità tra povertà e gioia di vivere attraversa il racconto, senza rinunciare a mostrare le contraddizioni di quel tempo.