Mélanie Laurent, attrice, regista e attivista impegnata in cause ambientali e sociali, ha scelto di partecipare a un progetto cinematografico che mette al centro una realtà difficile: quella delle famiglie che convivono con malattie genetiche rare. Il film Qui brille au combat, opera prima della regista Joséphine Japy, affronta temi delicati come l’autismo severo e le sfide emotive legate alla cura di un figlio con bisogni speciali. La pellicola è stata presentata recentemente al festival di Cannes in una séance speciale ed è stata accolta come un’opera “utile”, capace di offrire uno sguardo intenso su situazioni poco raccontate.
Il contesto del film qui brille au combat e la scelta del cast
Il film Qui brille au combat nasce dall’esperienza personale della giovane regista Joséphine Japy. Racconta la storia della sua famiglia composta da madre, padre e due figlie: Marguerite, adolescente prossima alla maturità scolastica, e Bertille affetta dalla sindrome di Phelan-McDermid. Questa malattia genetica comporta disabilità intellettiva grave, tratti autistici marcati e ritardi nello sviluppo. La narrazione si concentra soprattutto sul rapporto tra madre e figlia minore; mentre Marguerite rappresenta una vita più ordinaria per i genitori, Bertille impone nuove dinamiche familiari complesse.
La scelta di mélanie laurent nella parte della madre
Joséphine Japy ha voluto affidare il ruolo della madre a Mélanie Laurent perché riconosceva nella sua esperienza umana l’attenzione necessaria per trattare questo tema con delicatezza ma anche forza. L’attrice ha accettato subito senza esitazioni proprio perché convinta dell’importanza sociale del progetto.
Le difficoltà quotidiane descritte nel film: amore non ricambiato e sacrifici familiari
Il cuore del racconto riguarda l’amore incondizionato della madre verso Bertille nonostante il rifiuto totale della bambina nei suoi confronti dovuto ai sintomi dell’autismo severo provocato dalla sindrome rara. Il personaggio maschile – il padre – si allontana spesso dal nucleo familiare cercando rifugio nel lavoro per trovare sollievo da questa situazione emotivamente pesante.
La pellicola mostra come queste condizioni cambino radicalmente le aspettative dei genitori rispetto alla loro vita insieme; dopo la nascita della prima figlia tutto sembrava normale ma l’arrivo di Bertille impone nuove regole spesso difficili da gestire soprattutto per le madri che abbandonano o sospendono attività lavorative per dedicarsi completamente ai figli speciali.
Il film esplora inoltre quel doppio mondo in cui vivono queste famiglie: quello delle persone “normali” dove tutto funziona secondo schemi prevedibili; quello dei figli con disabilità dove servono pazienza infinita ed energie costanti senza garanzie d’affetto o riconoscimento emotivo reciproco.
Rappresentazione del coraggio materno oltre lo stereotipo
Qui brille au combat non vuole semplicemente celebrare il coraggio materno ma mostrare quanto sia complesso affrontare ogni giorno situazioni così estreme senza perdere lucidità né strategie pratiche. La protagonista deve inventarsi metodi nuovi continuamente per resistere alle difficoltà senza cedere allo sconforto totale.
Nel racconto emerge anche come talvolta venga attribuita ingiustamente alle madri qualche colpa sulla condizione dei figli malati attraverso giudizi infondati legati a pregiudizi misogini ancora presenti nella società odierna.
Mélanie Laurent sottolinea che “il coraggio serve ma non basta mai: occorre combinare forza emotiva a piani concreti d’azione giornaliera capaci di sostenere chi vive simili esperienze estreme mantenendo equilibrio tra impegno sociale personale ed esigenze familiari profonde.”
L’impegno personale di mélanie laurent tra attivismo ambientale e scelte educative
L’attrice mantiene uno stile coerente anche fuori dal set promuovendo valori ecologici attraverso documentari sull’ambiente o campagne politiche legate a Greenpeace o Blue Marine Foundation. Nel privato preferisce proteggere i suoi figli facendo vivere loro esperienze lontane dalle città rumorose avvicinandoli alla natura tramite passeggiate in campagna o al mare dove possono entrare in contatto diretto con alberi ed elementi naturali fondamentali secondo lei per costruire basi solide nella crescita umana.
Questa attenzione verso ciò che è vivo diventa anche una forma concreta attraverso cui Mélanie trasforma rabbia giovanile accumulata negli anni passati durante lotte pubbliche contro soprusi ambientali in dolcezza educativa rivolta ai propri bambini affinché sviluppino consapevolezza critica ma ancor prima sensibilità verso gli altri esseri viventi attorno a loro.
Carriera artistica divisa tra europa, america, israele
Nonostante impegni internazionali negli Stati Uniti – dove ha appena terminato Kristallnacht insieme all’attore Clive Owen – Mélanie Laurent continua ad alternare progetti europei mantenendo rapporti professionali importanti anche nel Medio Oriente grazie alla partecipazione alla serie Fauda girata in Israele.
Le sue radici artistiche affondano nelle storie narrate dalla nonna tunisina ancora oggi fonte d’ispirazione familiare grazie al suo modo vivo di tramandare racconti tradizionali ai nipoti creando continuità culturale generazionale.
Questo intreccio fra cinema impegnato, tematiche sociali, attivismo ecologico ed educazione familiare fa emergere Mélanie Laurent come figura poliedrica capace -con scelte precise- di dare voce ad argomenti poco visibili nei grandi media pur mantenendo sempre un approccio umano fatto soprattutto di concretezza emozionale.